Tag

comunicazione interculturale

Browsing

Articolo estratto dal testo “Parliamoci Chiaro: il modello delle quattro distanze per una comunicazione efficace e costruttiva” copyright Gribaudo Editore e Daniele Trevisani, pubblicato con il permesso dell’autore.

__________

Conclusi gli articoli sulla prima distanza e sull’Analisi Transazionale, ci spostiamo a parlare della seconda distanza, quella dei codici comunicativi, di cui seguirà una breve introduzione.

Noi umani comunichiamo con codici linguistici, paralinguistici e non verbali, utilizzando sia una “lingua” (italiano, francese, tedesco) che uno stile o sottocodice di quella lingua (ottimista, pessimista, burocratese, ironico, ecc.) 

Un aspetto fondamentale della conversazione è la comunicazione non verbale: il linguaggio del corpo può esprimere una grande varietà di significati, che “trasudano” e irrompono nella comunicazione anche senza il controllo diretto dei soggetti. 

Altrettanto importante è il sistema paralinguistico, fatto di toni, accenti, enfasi su parole o parti del discorso, silenzi, e tutto quanto riferisce al “non verbale del parlato”. 

Per riassumere, i canali principali attraverso i quali il comunicatore può lanciare messaggi sono composti dal sistema paralinguistico, dal body language e dagli accessori personali, inclusi l’abbigliamento e il look generale. 

Parlarsi chiaro richiede un linguaggio corporeo che accompagni il testo verbale, senza dare però per scontato che le persone con cui interagiamo abbiano studiato la comunicazione non verbale. Per comprendersi infatti è necessario esprimersi apertamente, mentre per dare vita ad una comunicazione costruttiva è fondamentale creare rapporto.

L’atteggiamento percepito nell’altro dipende in larga misura dal “come” viene espresso il comportamento, piuttosto che dal contenuto linguistico, il quale rimane alla superficie del rapporto stesso. In profondità, il rapporto è determinato dagli atteggiamenti del corpo e da tutto il repertorio non verbale del comunicatore, il quale deve sempre considerare la possibilità che alcuni segnali di atteggiamento utilizzati nella propria cultura siano colti in modo anche diametralmente opposto in una cultura diversa e che il suo stile non sia capito, che sia frainteso, o che proprio non piaccia. 

Atteggiamenti non verbali e corporei sbagliati possono portare facilmente ad una escalation (salita di tensione, nervosismo e irritazione), mentre il compito del comunicatore efficace è quello di creare de-escalation: moderazione dei toni, clima rilassato, ambiente favorevole alla comunicazione.  

L’obiettivo generale della comunicazione infatti è di essere efficaci e raggiungere risultati, il che prevede generalmente un clima di cooperazione.   

Come già accennato, ogni cultura usa regole non verbali diverse, ma in assenza di precise indicazioni che provengano da conoscitori aggiornati della cultura stessa, possiamo utilizzare come base di partenza alcune regole generali di buona comunicazione per ridurre il potenziale di errore, come esposto dal Public Policy Center della University of Nebraska: 

  • tono di voce pacato, non aggressivo; 
  • sorriso, per esprimere accettazione dell’altro; 
  • espressione facciale di interesse; 
  • gesti aperti; 
  • permettere alla persona con cui si sta parlando di dettare le distanze spaziali tra di voi (le distanze spaziali variano ampiamente da cultura a cultura); 
  • annuire, dare cenni di assenso; 
  • focalizzarsi sulle persone e non sui documenti presenti sul tavolo; 
  • piegare il corpo in avanti in segno di interesse; 
  • mantenere una condizione di relax; 
  • tenere una posizione a L, disporsi non di fronte (posizione confrontazionale), ma su due lati vicini del tavolo. 

Teniamo a sottolineare che queste indicazioni di massima sono solo “possibili opzioni” e devono essere di volta in volta adattate alla cultura di riferimento. 

libro "Parliamoci Chiaro" di Daniele Trevisani

Per approfondimenti vedi:

Articolo estratto dal testo “Parliamoci Chiaro: il modello delle quattro distanze per una comunicazione efficace e costruttiva” copyright Gribaudo Editore e Daniele Trevisani, pubblicato con il permesso dell’autore.

__________

Con i prossimi articoli vorrei addentrarmi nel cuore della comunicazione costruttiva, prendendo come esempio di efficacia comunicativa il modello delle quattro distanze sviluppato dal dott. Daniele Trevisani. In primis poniamo qui di seguito le basi per capire cosa si intende per comunicazione positiva, contrapponendola ai problemi dell’incomunicabilità.

Cos’è una conversazione positiva? È una forma d’incontro dalla quale usciamo felici. E non tanto per quello che abbiamo portato a casa, ma per come ci siamo sentiti, per quello che siamo riusciti a costruire, per quel futuro positivo di cui quel brano di conversazione è diventato un tassello, e per il piacere che quel brano stesso di vita ci ha dato. 

Al contrario, una conversazione negativa è densa di fraintendimenti, di stati emotivi pessimi, di grigiore. È “entropia comunicativa” (confusione sui significati e scopi del comunicare), e produce il drenaggio delle nostre forze e delle nostre risorse più preziose: le energie personali, le emozioni, il tempo. 

Le parole di oggi sono spesso “malate”, hanno perso il significato denso e forte che avevano. Abusate e forzate, si sono spente. 

Una comunicazione sana fa sì che il significato originario arrivi “pulito”, senza fraintendimenti. Una comunicazione malata invece fa sì che il messaggio originario arrivi “distorto”, persino opposto negli intenti di chi lo invia. Da qui all’arrivo dell’incomprensione e del conflitto, il passo è breve. 

Serve un modello che ci guidi attraverso i meandri di cosa accade in una conversazione e il modello delle Quattro Distanze della Comunicazione è pensato proprio per questo. 

 “Costruire” qualcosa di positivo con la comunicazione non è per nulla scontato, molto spesso basta una parola, uno sguardo, per costruire, e un altro per distruggere o fare danni.  La comunicazione infatti è una conquista. 

Un punto fondamentale da chiarire subito è che la comunicazione non è un messaggio “lanciato nello spazio” che non avrà mai risposta, ma una forma di interazione continua, una vera e propria conversazione in cui emittenti e riceventi sono sempre attivi. Tra questi avvengono centinaia e migliaia di micro-comunicazioni, ciascuna delle quali può essere chiara o invece portatrice di confusione, malintesi o stati emotivi negativi. 

Inoltre ognuno di noi ha propri interessi, propri bisogni, proprie esigenze, e queste trasudano e trapelano in ogni nostra interazione. La comunicazione umana è uno strumento, e a volte il solo strumento di cui disponiamo, per ottenere le risorse per la nostra sopravvivenza, o ottenere quello che vogliano nella vita, raggiungere obiettivi, e gioire per i risultati che la comunicazione stessa ci può portare. 

Ma come tutti sappiamo, non è sufficiente comunicare “tanto per fare”, non è sufficiente chiedere per ricevere. La probabilità che occorra invece essere chiari, o persuasivi, o comunicare in modo chiaro ed assertivo, è molto più concreta e reale, soprattutto in ambito aziendale e familiare.  

Chi “fa finta” che le differenze tra persone non esistano o non contino, sta nascondendo la realtà dei fatti.

Parlarsi chiaro è quindi anche un invito a confrontarsi con le distanze psicologiche e comunicative che possono esserci tra noi e le altre persone, per trovare quella “distanza relazionale efficace” nella quale riusciamo a comunicare bene, con rispetto di noi stessi e degli altri. Il modello delle Quattro Distanze ci aiuta proprio a capire quali possono essere le quattro grandi “trappole”, le tipologie di distanza relazionale che possiamo incontrare nella comunicazione, ma anche, e di conseguenza, i motori di una comunicazione positiva e le strategie per comunicare meglio. 

Ogni volta che interagiamo con una persona anche solo leggermente diversa da noi, siamo in presenza di un certo grado di diversity e questo ci impone la necessità di aggiustare il tiro della comunicazione. Se poi si presentano forti differenze etniche, religiose, e culturali nelle ideologie di fondo, la cosa diventa ancora più difficile.  

Più che in termini di una “comunicazione semplice”, in presenza di una dose, anche moderata, di diversità tra persone, dovremmo parlare e pensare in termini di una “comunicazione strategica”.  

In una comunicazione che diventa strategica si fa strada il concetto di “Information Operations” o “Info-Ops”, un concetto di derivazione militare, ma che rende bene un quadro della situazione: le informazioni e le comunicazioni, in condizioni di diversity, hanno un obiettivo, funzionano meglio se progettate per far sì che il messaggio possa essere accettato dai filtri culturali e ideologici di chi lo riceve, e non bloccato immediatamente. 

Per comunicare strategicamente servono modelli. Modelli che aiutino ad analizzare la comunicazione, modelli per costruire messaggi, modelli di ascolto e comprensione raffinati. 

Negare l’esistenza di differenze tra esseri umani in base ad ideologie buoniste è invece un grande atto di falsità intellettuale. 

Se non accettiamo questa realtà come dato di fatto, non includeremo mai nelle nostre analisi il vero fattore sfuggente: la diversità latente tra persone, le differenze e distanze culturali e il modo in cui queste impattano sulla comunicazione, potendola far diventare una comunicazione fluida e piacevole, che produce accordo e comprensione, oppure, all’opposto, una comunicazione sgradevole, conflittuale, difficile da digerire, con i suoi esiti: disaccordo, incomprensione, incomunicabilità, odio reciproco e conflitto. 

libro "Parliamoci Chiaro" di Daniele Trevisani

Per approfondimenti vedi:

Comunicazione interculturale e management cross-culturale

Nei mercati globali un fattore critico di successo è la comprensione della cultura altrui. La cultura determina:

  • la reazione ai prodotti
  • la reazione ai messaggi pubblicitari
  • gli stili di comunicazione interpersonale
  • le tecniche di negoziazione
  • le modalità di inserimento, accettazione e adattamento delle aziende e delle persone che vi operano

Marketing cross-culturale e management
Coaching e training per l’inserimento di manager nei paesi esteri
Il training utilizza come base scientifica il modello proprietario Miami (USA) 4v, per introdurre successive implementazioni basate sulle scienze della comunicazione. Prevede lo sviluppo di analizzare comparativamente le differenze tra i diversi modi di essere, tra cui:

  • lettura delle differenze fisico-biologiche tra individui e ambienti (emersione delle differenze e integrazione ambientale)
  • analisi delle differenze comunicazionali (stili della comunicazione verbale, stili e comunicazioni non verbali)
  • analisi delle differenze valoriali (ideologie, valori dominanti, antropologie culturali, lifestyles)
  • analisi dei referenti sociali strategici (vissuto esperienziale personale e dei propri interlocutori)

Sviluppo applicativo per la comunicazione contestualizzata – livello interpersonale
Il training si occupa di applicazioni specifiche per diversi contesti professionali che il manager deve affrontare:

  • la gestione dei collaboratori e dei gruppi di lavoro
  • le riunioni decisionali
  • le riunioni informative (comunicazione top-down)
  • le riunioni di ascolto (comunicazione bottom-up)
  • le negoziazioni interne in azienda (comunicazioni intra-aziendali)
  • le comunicazioni di vendita al cliente
  • la negoziazione di gruppo e la gestione del conflitto
  • la negoziazione di acquisto
  • il public speaking e le presentazioni verso gruppi di lavoro interni
  • il public speaking e le presentazioni verso audience esterne

Sviluppo applicativo per la comunicazione contestualizzata – livello media

  • videoregistrazioni e riprese video
  • la gestione di rapporti con i media (comunicati stampa, dichiarazioni)
  • comunicazione pubblicitaria e planning pubblicitario locale
  • stili di comunicazione scritta

Management cross-culturale
Emersione delle differenze e analisi relative a:

  • diversa concezione del tempo fisico e psicologico
  • diversa concezione dello spazio e delle distanze
  • diversa concezione delle relazioni di ruolo e dei contesti- culture high-context e low-context, culture
  • individualistiche e collettivistiche
  • diversità nelle modalità di socializzazione e strategie di socializzazione
  • diverse modalità di approccio ai problemi, pianificazione e problem-solving
  • diverse modalità di rapportarsi all’interno delle aziende
  • diverse percezioni dell’identità e divergenze tra identità culturali

Antropologia manageriale e integrazione
Analisi delle implicazioni connesse al contesto interculturale:

  • diversa cultura aziendale e diversa interpretazione della mission
  • approcci alle culturi aziendali e subculture aziendali (similarità e differenze interculturali)
  • ingroup/outgroup: come le diverse culture considerano i manager stranieri
  • i livelli di interculturalità: alta, media, bassa interculturalità – in funzione dei ruoli ricoperti e delle persone con le quali si viene a contatto

Socializzazione interculturale
Nella comprensione della Comunicazione Interculturale, è importante avere una conoscenza delle regole e delle norme che governano le interazioni sociali ricorrenti, quotidiane, o episodi sociali. Una delle caratteristiche più ovvie, e spesso ignorate, della vita sociale quotidiana, è che essa consiste ampiamente in attività e incontri ricorrenti basati su routines o modelli. Questi modelli costituiscono unità naturali nel comportamento, delle quali i membri di una cultura hanno una rappresentazione cognitiva implicita e condivisa. Comprendere il legame tra la cultura in cui si è inseriti e la percezione degli episodi sociali significa analizzare fenomeni quasi impercettibili della comunicazione che sommati determinano invece la possibilità di comunicare efficacemente nelle culture diverse, tra cui:

  • regole di apertura e chiusura del discorso e delle conversazioni
  • turni conversazionali
  • regole di deferenza e di contegno
  • posture e atti non verbali, contatto fisico, visivo, distanze interpersonali
  • stereotipi e atteggiamenti latenti che il manager possiede nei riguardi della cultura ospitante
  • stereotipi e atteggiamenti latenti che la cultura ospitante possiede verso la cultura di appartenenza del manager cross-culturale

Per avere successo, il manager interculturale deve acquisire consapevolezza e sensibilità alle diverse regole di comunicazione che governano le culture ospitanti. Tra le aree di intervento del coaching interculturale manageriale si affrontano quindi le problematiche connesse a i temi seguenti:

  • consapevolezza della propria modalità di comunicazione e delle differenze esistenti nelle culture ospitanti
  • empatia come capacità di percepire il mondo attraverso gli occhi della cultura ospitante
  • entrare a far parte di una comunità locale e network condivisi: percorsi di socializzazione e integrazione extra-lavorativa
  • sviluppare reti di conoscenze, luoghi e contesti per la socializzazione del manager nei contesti interculturali
© Testi e materiali esposti in questa pagina sono copyright Studio Trevisani. I materiali testuali derivano dal volume “Comportamento d’Acquisto e Comunicazione Strategica: Dall’analisi del Consumer Behavior alla progettazione comunicativa”. Franco Angeli editore, Milano. Copyright, vietata la riproduzione non autorizzata per iscritto.