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Articolo estratto dal testo “Negoziazione Interculturale. Comunicazione oltre le barriere culturali“, copyright FrancoAngeli Editore e Daniele Trevisani, pubblicato con il permesso dell’autore.

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In questa seconda parte continuiamo a parlare di leadership conversazionale spostando l’obbiettivo sulla gestione degli stati conversazionali e sulle prioritization skills dei negoziatori interculturali.

Possiamo riconoscere il tipo di comunicazione in corso all’interno di un gruppo, attraverso un’attenta lettura dei segnali. Con un adeguato addestramento ed elevata sensibilità naturale, è possibile cogliere in poche battute quali siano gli “stati conversazionali” che predominano una comunicazione.

Per “stati conversazionali” intendiamo qui una sequenza di mosse comunicative riconducibile a dei prototipi, ad esempio:

  1. la confessione,
  2. la seduzione,
  3. le stilettate reciproche (conflitto strisciante),
  4. la “conversazione da spogliatoio”,
  5. l’autocelebrazione,
  6. la ricerca di aiuto,
  7. ecc…

Le conversazioni si spostano continuamente da uno stato all’altro, e possiamo avere conversazioni che partono in termini di “confessione” per poi spostarsi in seduzione, e scivolare in autocelebrazione, poi ancora in accusa.

Durante una negoziazione interculturale, il negoziatore deve essere consapevole del fatto che certi formati conversazionali – quali il gioco e lo scherzo – sono difficilmente traducibili tra culture diverse, per cui è facilissimo fare gaffes, essere umoristici o “simpatici” forzatamente. Altri formati conversazionali, quali l’analisi scientifica di un problema, o il “parlare tra simili” (es: confrontarsi tra “padri di famiglia”) possono far emergere differenze culturali ma con meno margini di errore.

Ogni conversazione (negoziale e non) procede comunque lungo un format finché un altro e diverso format non prende piede.

Il ruolo della leadership conversazionale è esattamente quello di spostare i format e dirigerli ove sia più produttivo.

L’economia cognitiva si occupa invece dell’utilizzo efficiente delle risorse mentali. Una riunione interculturale pone problemi elevati di utilizzo delle risorse, poiché esse vanno divise e “assorbite” sia dal dibattito sui contenuti, che dalla difficoltà comunicativa generata dalla differenza linguistica e culturale.

Possiamo quindi indicare che l’utilizzo del tempo e delle risorse diventa una meta-competenza del negoziatore interculturale.

Le prioritization skills interculturali prevedono che il negoziatore si impegni attivamente per definire quali priorità trattare, agendo quindi anche sul formato della negoziazione, così come per impostare i termini di base da trattare. Definire quali priorità trattare significa anche fare scelte molto concrete: di cosa parlare prima, di cosa parlare dopo. Come parlarne, con quale approccio, con quale atteggiamento.

Altre priorità riguardano la fissazione di un clima conversazionale positivo: senza il clima adeguato ogni discussione sui contenuti diviene più difficile.

Il tema dell’economia della comunicazione richiede quindi:

  1. capacità di riconoscere le risorse limitate disponibili per la negoziazione (consapevolezza delle risorse);
  2. capacità di capire i confini di tempo disponibili (consapevolezza dei tempi);
  3. capacità di muoversi entro tali confini decidendo i contenuti più appropriati e riconoscendo quelli dispersivi (consapevolezza dei contenuti strategici);
  4. capacità di gestire le fasi e tempi degli incontri (consapevolezza delle sequenze di interazione)
  5. capacità di agire sugli stili comunicativi adeguati alle diverse fasi, e sugli atteggiamenti sottostanti gli stili di relazione (consapevolezza contestuale degli stili comunicativi).
libro "Negoziazione Interculturale" di Daniele Trevisani

Per approfondimenti vedi: