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Spiritualità

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Abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione; loro sanno che cosa volete realmente diventare. Tutto il resto è secondario“.

Steve Jobs

Utilizzare il metodo del Deep Coaching significa condurre per mano il cliente lungo ripide discese nella sensazione corporea, sino ad elevarsi alle vette della spiritualità, e in questi passaggi stare a fianco, accompagnare lungo un percorso fatto di tappe. La tendenza deve essere quella di fissare piani di incontro o affiancamenti regolari, con cadenze minime prefissate, senza dilazionare troppo. 

Proviamo a dare alcuni numeri, da prendere tuttavia con assoluta circospezione e da adattare ai propri specifici obiettivi. 

In un affiancamento di mentoring o coaching, o in un piano formativo consulenziale, una cadenza inferiore al minimo di un incontro al mese, rende qualsiasi progetto poco incisivo. Un numero d’incontri inferiore a 10 per moduli di circa 1-2 ore rende poco significativo un progetto di coaching. Nei coaching a giornata intera, il minimo significativo è di tre incontri. Un’azione di riorganizzazione che non prenda in considerazione almeno tre leve operative risulta spesso inefficace. Nel metodo registico bisogna puntare ad aumentare le dosi, a non illudere il cliente o l’organizzazione che tutto sarà facile, indolore e automatico.

Per avere successo, lavora sodo, non mollare mai e soprattutto coltiva una magnifica ossessione”.

Walt Disney

Nel metodo registico non sono possibili azioni spot o improvvisazioni di percorso, ma occorre ancorarsi ad un piano di lavoro. L’improvvisazione creativa può essere uno strumento essenziale “intra sessione” ma non è il metodo corretto nel costruire un senso generale di percorso.

Il grado di strutturazione può essere limitato e granulare nelle prime fasi, e avere momenti di verifica e ri-valutazione della situazione, ma il senso del procedere lungo un percorso e il “senso della tappa” rimane.

In un viaggio a due, si possono fare soste, si possono fare uscite non programmate, può anche succedere che a metà percorso si modifichi la scelta delle tappe intermedie, si può addirittura cambiare destinazione, ma non si può non condividere un senso di percorso. In questo caso, è meglio non partire assieme. Lo stesso vale per il viaggio del cambiamento, del coaching e della formazione.

Come abbiamo notato nella pratica, la pulsione neotropica consiste nell’aspirazione dell’individuo a “dirigersi verso il nuovo”, orizzonti nuovi, aria fresca, vite rinnovate, e raggiungere un livello superiore di esistenza e benessere, un “fuoco sacro” dell’evoluzione personale. 

“Ogni conoscenza che tu cerchi al solo fine di arricchire il tuo sapere, di accumulare tesori, ti fa deviare dalla tua strada; ogni conoscenza però, che tu cerchi per maturarti sulla via della nobilitazione dell’uomo e dell’evoluzione del mondo, ti porta avanti di un passo.”

Rudolf Steiner

Nell’organizzazione, il fuoco sacro della motivazione a lavorare bene assieme e migliorarsi è il vero ancoraggio che unisce un gruppo di persone, il “sale” dei progetti di miglioramento veramente partecipati. Questo, sia nei progetti di peer-learning(apprendimento tra pari) o nei gruppi di lavoro, o ancora nei piani di addestramento e coaching.

La pulsione neotropica deve trovare accoglienza entro un prototipo formativo, una “struttura” o “frame” di metodi di lavoro nei quali questa pulsione possa esprimersi. 

Mentre la presenza della pulsione neotropica (volontà) è condizione indispensabile per voler avviare un percorso, trovare un prototipo formativo o concordare metodi di lavoro in cui ci si trovi a proprio agio è meno automatico, rappresenta un fatto tecnico. Prevede il confronto tra modelli, il fatto di soppesarne pro e contro, e fare scelte di campo.

Trovarsi a proprio agio, per il cliente, non significa “starsene comodi” o non faticare, ma sentire di stare procedendo entro un metodo che si capisce e condivide.

La concordanza del prototipo formativo

Grandi cambiamenti richiedono grandi livelli di impegno, sia nel coach che nel cliente. Tuttavia, possono produrre grandi risultati. Questo accade ad esempio nei ritiri manageriali e nei ritiri di crescita personale dove si lavora concentrati per più giorni su se stessi, senza distrazioni.

Più difficile è la vittoria, più grande è la felicità nel vincere”.

Pelè

La concordanza del prototipo formativo richiede che il coach/formatore (e più in generale la struttura/sistema che fornisce il servizio) e il cliente siano in linea rispetto agli obiettivi sottostanti e ai format da utilizzare.

Troppo spesso accade che vengano usate tecniche incrementali (fare di più di quanto si faceva prima) per ottenere obiettivi dichiarati come trasformazionali (fare le cose diversamente). 

Un caso tipico è l’apprendimento delle tecniche di ascolto attivo ed empatico in un corso di negoziazione, trasmesso solo tramite slides e concetti, e non sperimentato né in aula né in “real life”. 

Non si può agire sulla propria capacità di ascolto senza cambiare il proprio atteggiamento interiore di curiosità, di empatia, e senza provarsi e sperimentarsi contro difficoltà ed ostacoli, sia attesi che inattesi, sia in aula che in reality-check (confronti con la realtà atti a testarsi o testare il comportamento proprio e altrui).

Allo stesso tempo, può accadere il contrario, che rappresenta comunque un errore: l’uso di tecniche trasformazionali in situazioni che dovrebbero essere incrementali. Il caso classico può essere un master universitario nel quale un elemento del pubblico si attenda che il docente proceda con l’illustrazione di principi e modelli, teorie e date, nomi e luoghi, mentre il docente lo coinvolge in una esercitazione esperienziale non desiderata, controvoglia, esponendosi in lati del suo carattere che non aveva assolutamente intenzione di mostrare e che il programma non prevedeva assolutamente.

Se il programma formativo è esperienziale, bisogna scriverlo e dichiararlo apertamente.

Un esercizio esperienziale che lavora sul carattere viene apprezzato sicuramente in un master di coaching esperienziale ma può essere rifiutato entro il contesto di un business master venduto come strettamente accademico. 

Entrambe le attese sono apparentemente giustificate, ma senza condividere un modello o prototipo formativo avremo sempre un contrasto di fondo.

Per ogni obiettivo esiste un’alchimia formativa, un mix di addizione e trasformazione, e questo rappresenta uno dei principali elementi del patto psicologico nella formazione, nel coaching, nel mentoring, nel personal training.

Altri problemi di format riguardano il grado di strutturazione o de-strutturazione del percorso, l’utilizzo di tecniche direttive o non direttive, la presenza di momenti di meditazione, spiritualità o riflessione opposti a sole azioni operative, e ancora la scelta se lavorare o meno sul piano corporeo e bioenergetico esperienziale, e con che intensità.

Tutte queste scelte fanno parte del prototipo, la cui condivisione o comprensione è alla base del successo di un piano formativo e di coaching neotropico. Fare scelte di campo è una caratteristica del metodo HPM e del Deep Coaching che mettono l’accento sul valore esperienziale del coaching e della formazione. Chi desidera altro, può tranquillamente frequentare l’accademia e le migliaia di video da ascoltare tranquillamente sul divano senza però fare davvero niente per cambiare in profondità.

Accettare la propria identità di Deep Coach e di formatore esperienziale è una scelta di fondo che richiede coraggio ma per chi crede in questi valori è una scelta che si fa volentieri.

Quando fai qualcosa, sappi che avrai contro quelli che volevano fare la stessa cosa, quelli che volevano fare il contrario e la stragrande maggioranza di quelli che non volevano fare niente”.

Confucio