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© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategie di comunicazione e marketing. Un metodo in 12 punti per campagne di comunicazione persuasiva”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Analisi dei costi / benefici intangibili di comunicazione

La activation research qualitativa strutturata nel metodo ALM, si occupa di:

valutare quanto tempo il management dedica alle attività di comunicazione (costi manageriali) e con che risultati;

  • valutare quanto tempo il management dedica a singole iniziative di comunicazione e con che risultati, per identificare dissonanze in termini di efficienza ed efficacia gestionale;
  • scoprire aree di interesse comunicativo che non ottengono sufficiente attenzione da parte del management;
  • scoprire progetti di comunicazione che assorbono tempo manageriale e costo/tempo strutturale (il tempo e le risorse dell’azienda) superiore ai ritorni pratici.

Sono numerosi i casi in cui l’intero management o manager chiave si “innamorano” di progetti aziendali che non hanno però riscontri, e finiscono per assorbire completamente il tempo manageriale, oppure ancora ne assorbono troppo rispetto ai risultati che producono. Questa analisi permette di affrontare il fenomeno con metodo e rigore scientifico.

È limitativo ed errato misurare l’efficacia della comunicazione solo in termini di vendite generate nel brevissimo periodo. Prima che accadano comportamenti di acquisto devono prodursi – nella mente del cliente – altri avvenimenti psicologici che costituiscono il presupposto del successo comunicativo. 

Dobbiamo quindi :

  1. misurare con rigore anche il raggiungimento di questi pre-obiettivi
  2. creare le condizioni affinché gli obiettivi di vendita possano essere raggiunti.

L’investimento comunicativo è efficace quando accresce il grado di conoscenza del marchio o del prodotto (risultato importante), o quando modifica l’atteggiamento verso l’impresa (altro risultato importante), senza che nel giorno stesso si debbano produrre risultati di vendita istantanei. 

coltivare

I risultati devono certo accadere, ma non dobbiamo incorrere nell’errore di misurarli nel momento sbagliato, e tralasciare altri risultati essenziali. 

Con una metafora agreste, stiamo seminando il terreno, stiamo irrigando il raccolto, stiamo togliendo le erbacce, o stiamo raccogliendo i frutti già maturi? 

La comunicazione che ricerca i frutti già maturi (i clienti pronti all’acquisto) ma non si preoccupa di creare le condizioni (dissodare il terreno, coltivarlo, irrigarlo, ripulirlo) otterrà ben poco dal mercato. 

La cultura della comunicazione aziendale deve occuparsi di tutti i diversi livelli: dal creare le condizioni per la vendita, al coltivare le condizioni di vendita tramite comunicazione relazionale, al raccogliere i risultati tramite comunicazioni orientate alla “chiusura negoziale”. 

L’approccio coltivativo richiede l’utilizzo di più canali, anche diversi (dal telemarketing sino alle forme antiche come la pubblicità postale o i volantini, per concludersi con la negoziazione B2B, e ogni altro canale opportuno, attuale e futuro), senza preclusioni di sorta. Un ingrediente importante del successo è la cura dei propri strumenti di coltivazione del cliente. 

coltivare

Quando l’agricoltore semina con cura, andrà a raccogliere con altrettanta cura, e quindi farà manutenzione alle macchine per la raccolta. Se il manager non fa manutenzione tramite formazione alle risorse umane (venditori e comunicatori front-line) che andranno a raccogliere i frutti della comunicazione, otterrà una raccolta estremamente inefficiente. E in più avrà sprecato le risorse precedenti.

Ecco quindi che aree diverse, dalla comunicazione alla formazione, si fondono per giungere al risultato aziendale di vendita che rappresenta l’obiettivo finale, con la consapevolezza che dobbiamo creare le condizioni per essere persuasivi ancora prima di essere giunti sul luogo di vendita.

Coltivazione comunicativa

Per spiegare meglio il concetto di coltivazione comunicativa, ricorriamo ad un modello estremamente basilare degli effetti comunicativi, il modello A.I.D.A. (Attenzione – Interesse – Desiderio – Azione). 

Il modello A.I.D.A. espone un fenomeno semplice: prima di ottenere azione (esempio, un acquisto), deve nascere un desiderio d’acquisto, una pulsione. 

Affinché nasca una pulsione, il cliente deve provare interesse verso il prodotto/servizio, deve percepirvi valore. Ma perché il cliente percepisca valore, è necessario che egli sia esposto ad uno o più messaggi da cui ricevere ed elaborare dati e informazioni. 

Senza questo passaggio minimo la catena di eventi non avrebbe luogo e nessun effetto si produrrebbe.

Questo modello semplice è utile per divulgare un concetto: 

  • se una campagna di comunicazione crea attenzione, questo è un primo risultato, 
  • se crea interesse è un ulteriore risultato, 
  • se si crea desiderio, questo è un risultato. 
  • Il comportamento, l’azione, non avvengono se prima non otteniamo le condizioni basilari e minime affinché esso si manifesti.
pulsione

Ogni passo in avanti nella sequenza persuasiva è un risultato importante, poiché la persuasione non accade “per magia” ma grazie ad una serie di azioni comunicative di qualità.

Ecco quindi che la activation research deve occuparsi anche di quanto una campagna di comunicazione accresce la conoscenza del marchio, quanto modifica o accresce la percezione di immagine aziendale o di un gruppo sociale, l’atteggiamento verso il prodotto, quanto incide inoltre sulla sensibilizzazione del cliente e sull’apertura di nuovi budget mentali, cioè di tutti i precursori dell’atto di acquisto.

La comunicazione come processo difficilmente ottiene tutti i risultati con un solo messaggio. Solo una continuità nella comunicazione, una “coltivazione del cliente”, permette di ottenere risultati certi.

È necessario analizzare:

  • la Frame-Activation: i risultati prodotti sa un singolo frame comunicativo, o singolo evento/iniziativa;
  • la Total-Activation: i risultati prodotti dall’intera catena di frames comunicativi.

Nel metodo ALM, l’Activation Research Coltivazionale (A.R.C.) si occupa di capire quali sequenze di eventi comunicativi ottimizzano il risultato finale.

È necessario divenire consapevoli che ogni media possiede peculiarità diverse, e ad un media o modalità di comunicazione non dobbiamo chiedere ciò che non sa fare. 

Non pretendiamo da una pubblicità postale che esso produca l’effetto finale (conclusione della trattativa) per un prodotto ad alto valore: non lo farà. Per ogni media esistono obiettivi specifici: non commettiamo l’errore di mandare un’email a negoziare per noi, a concludere una vendita difficile, non ne sarà in grado. Chiediamo ad ogni media ciò che il media può dare. 

Chi misura unicamente le azioni di breve periodo (risultati immediati) compie un grave errore, così come chi misura unicamente le variazioni psicologiche senza preoccuparsi dei risultati tangibili. 

Risultati intangibili della comunicazione si manifestano chiaramente quando essa riesce ad eliminare condizioni di scarsa credibilità che impedirebbero acquisti dai clienti. 

Poniamo il caso di una società di consulenza che non abbia un sito web. La sola assenza del sito produce un danno d’immagine, molti clienti potenziali la scarterebbero a priori. È quindi sbagliato chiedersi solo “quanti clienti nuovi ha generato un investimento sul web” senza chiedersi “quanti clienti mi ha permesso di non perdere”. Se la presenza del sito ha permesso di condurre una trattativa con maggiore sicurezza, questo effetto di comunicazione deve essere considerato tra i benefici produttivi di “condizioni positive di vendita”.

I mercati nel contesto competitivo odierno premiano solo chi si adopera con costanza, intelligenza, e impiega le proprie risorse investendo in un mix adeguato di formazione e comunicazione. 

Sono finiti i tempi in cui bastava lanciare un prodotto per ottenere vendite e profitti. Chi semina oggi un campo non arato, non irrigato, non concimato, sta sprecando semi. L’approccio alla coltivazione del cliente rende attuale un antico modo di essere: essere seri, essere affidabili, essere credibili. E farlo con applicazione, impegno, costanza, rigore, volontà, e soprattutto continuità.

Servono obiettivi chiari per misurare le cose giuste. Focusing e Consulenza di Processo aiutano a definirli

La activation research può misurare gli effetti dell’investimento in comunicazione, formazione e marketing, i suoi ritorni, i suoi costi, i suoi benefici pratici così come quelli intangibili. Tuttavia, poniamoci una domanda: se non abbiamo chiarito esattamente gli obiettivi a priori, cosa misuriamo?

La sindrome del misurare per misurare è alta e potente.

Ogni azienda dovrebbe invece fare almeno 2 “ritiri” all’anno di Focusing, focalizzazione degli obiettivi, e dopo, solo dopo, iniziare a misurare.

Quasi sempre, dopo un ritiro di focusing, gli obiettivi che misuriamo cambiano, le variabili che ci interessano cambiano.

cambiamento

Ad esempio, al di la delle letture di una pagina web (impressions), potrebbe interessarti di più chi si iscrive ad un tuo notiziario personalizzato.

Una scarsa precisione dell’obiettivo di comunicazione produce sempre campagne e sforzi improduttivi. 

Il primo compito del consulente di comunicazione è quello di aiutare il cliente a focalizzare l’obiettivo, adottando un approccio di consulenza di processo[1].

Il compito del cliente è quello di partecipare attivamente alla definizione di obiettivi misurabili, assumendosi una quota di responsabilità e di impegno. 

Il manager o amministratore può delegare l’esecuzione di un obiettivo, ma è indispensabile che egli partecipare alla sua definizione.

Partecipare alla comunicazione, formazione e marketing significa realizzare un primo e importantissimo step di consulenza per chiarificare: 

  • cosa stiamo cercando
  • quali sono le variabili sulle quali vogliamo intervenire tramite la comunicazione, la formazione o il marketing
  • in quali tempi intervenire
  • in quali luoghi intervenire
  • su quali clienti o soggetti intervenire
  • con quale gamma di metodologie intervenire – mix di metodologie
  • come misureremo il risultato.

Una definizione così precisa degli obiettivi richiede tempo manageriale elevato e competenze specialistiche in marketing e comunicazione. 

L’importanza del ruolo consulenziale è qui determinante. Qualora il cliente dei servizi di comunicazione sia in grado di strutturare gli obiettivi chiaramente, i progetti sono in buona parte avviati verso la soluzione. Tuttavia, senza confronto raramente si giunge alla chiarificazione precisa del quadro.

In molti casi è opportuno ricorrere ad una apposita consulenza di processo atta ad identificare i goals (focusing e goal setting) e il mix di strumenti di intervento da attivare. 

Eliminare questo passaggio cardine è improduttivo sia per il cliente che per il fornitore di servizi comunicazionali, formativi e di marketing.

Chi pratica comunicazione deve sapere su quali variabili sta lavorando. Comunicare per creare immagine professionale nel lungo periodo è qualcosa di molto diverso dal realizzare una promozione speciale in un periodo di calo di vendita. 

Una promozione di prezzo (sconti e abbuoni) può aumentare le vendite del momento e deprimerle per un lungo periodo successivo, e questo non è un risultato positivo di marketing.

Nel caso di interventi formativi, dobbiamo chiarire quale mix di tecniche formative utilizzare: è più produttivo utilizzare sessioni seminariali, coaching, role-playing, affiancamenti sul campo, o un mix di diversi metodi? Dobbiamo lavorare solo sul “sapere”, o anche sul “saper essere” e sul “saper fare”? Sulla parte cognitiva o anche sul corpo? 

Che tipo di cambiamento vogliamo produrre?

Il budget di comunicazione (o budget di progetto, per interventi di formazione e marketing) va quindi concentrato su obiettivi chiari e produttivi.

Se il cliente disperde un budget ristretto su troppi target e troppi prospects (clienti potenziali, o fruitori di progetto) egli rischierà di ottenere solo i primi risultati (attenzione, o al massimo un vago interesse), ma di non arrivare mai al punto (vendite, cambiamento, risultati tangibili).


[1] Schein, E. H. (1999). La consulenza di processo: come costruire le relazioni d’aiuto e promuovere lo sviluppo organizzativo. Milano, Cortina. Tit. orig. Process Consultation Revisited: Building the Helping Relationship, 1999, Addison Wesley.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

Copyright. Articolo estratto dal libro “Direzione Vendite e Leadership. Coordinare e formare i propri venditori per creare un team efficace” di Daniele Trevisani, Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Sbagliare sin dalla fase di selezione

Non aver paura di fare degli errori, perché non c’è altro modo per imparare come si vive.

(Alfred Adler)

La selezione di personale adatto alla Vendita Consulenziale è particolarmente difficile, in quanto si tratta di trovare persone che siano disposte all’ascolto, così come all’azione di squadra.

Persone che sappiano dare valore al proprio prodotto/servizio e trasformarlo in una soluzione adatta ai bisogni del cliente.

Tutte le persone conoscono il prezzo delle cose ma soltanto alcune ne conoscono il vero valore.
(Oscar Wilde)

Gli errori principali possono avviarsi già in fase di selezione, in particolare:

  • quando manca una buona profilazione del candidato ideale.
  • quando non si realizza un forte patto psicologico con il venditore.

Evitare di porsi domande fondamentali

Ad esempio:

  • Quanto tempo intende rimanere il venditore presso questa organizzazione?
  • Considera questo posto di lavoro o posizione come definitiva, o sta inviando curriculum in giro?
  • È completamente fedele o usa i propri contatti anche per altri scopi (concorrenza, vendita di informazioni, contoterzismo, secondi lavori)?
  • È interessato al tipo di prodotto o lo trova stupido o banale o poco interessante da trattare?

Esistono molte modalità, più o meno legali, per verificare quanto sopra. Si va dal fatto che il venditore si impegni con costanza ad alimentare il CRM aziendale, o non lo faccia per niente, sino alla possibilità di installare “keylogger” sul pc aziendale del venditore per scoprire con chi e cosa comunica.

Al di là del metodo, l’essenziale è sapere o meno di poter contare su quella determinata persona.

Non difendere la squadra e i suoi membri da attacchi esterni e interni

Non difendere la squadra e i suoi membri da attacchi esterni e interni

Il leader del team di vendita deve saper difendere sia il team che i suoi membri da attacchi esterni al team, sia provenienti dall’interno dell’azienda che dall’esterno.

  • Esempio di attacco interno: l’area produzione boicotta un tempo di consegna o non consente di rispettare una promessa di vendita.
  • Esempio di attacco esterno: un cliente che si dichiara insoddisfatto mentre in realtà è un soggetto problematico in sé (dall’essere demanding oltre una soglia ragionevole, sino all’essere psicopatico), o sta cercando di ottenere merce di scambio.

Non valorizzare le autonomie

“La cosa più importante che i genitori possono insegnare ai loro figli è come andare avanti senza di loro.”

Frank A. Clark

Ogni venditore ha bisogno di una direzione che li supporti e li aiuti ad individuare strategie e obiettivi. Tuttavia, è bene pensare che la Direzione possa davvero occuparsi sempre più di strategia e sempre meno di seguire ogni singolo passo del venditore. Procedere verso l’autonomia è un grande risultato da perseguire.

Per ogni direzione che usa il metodo consulenziale, l’obiettivo (o sogno da perseguire) deve essere quello di avere una organizzazione e dei professionisti di valore, cui conferire :

  • più delega possibile
  • applicare meno controllo possibile.

Per fare questo, devono sempre essere svolte attività di sviluppo dell’autonomia che amplifichino la delega sino ai suoi massimi livelli. In questo modo la direzione potrà veramente occuparsi di mission, vision, innovazione e strategia, anziché doversi occupare di controllo costante dei dettagli.

Fissare budget di vendita non in base ai potenziali reali

Le previsioni sono estremamente difficili. Specialmente sul futuro.

(Niels Bohr)

Le vendite-target, o obiettivi di vendita, devono essere fissati sulla base dei potenziali dei territori e dei mercati, e non utilizzando come criterio semplici aumenti indiscriminati sulla base dell’anno precedente (es: +10% per tutti).

Per valutare i potenziali dei mercati, è necessario svolgere operazioni di misurazione, spesso intuitive, ma erronee, e correttamente complesse quando si voglia invece ricorrere a formule di calcolo (algoritmi). Questi calcoli puntano a calcolare la quota di mercato attuale e quella invece conseguibile come la concorrenza o competitività dei mercati di riferimento, i costi di ingresso e di uscita, le difficoltà logistiche ed operative.

Mancanza di backup dei dati, delle informazioni di vendita e intrasferibilità delle relazionali interpersonali

Mancanza di backup dei dati, delle informazioni di vendita e intrasferibilità delle relazionali interpersonali

Se l’unico soggetto in possesso delle informazioni è il venditore, i rapporti di forza si sbilanciano e la direzione vendite è ostaggio del venditore stesso.

Devono esistere: 

  • sistemi di backup dei dati (fisicamente) tali da poterne svolgere il recupero da più sedi. Esempio: un backup settimanale dei dati completi dal PC o “client” del venditore verso il sistema centrale, un backup giornaliero dei dati critici (es: sincronizzazione contatti e cartelle clienti);
  • sistemi di backup di funzione e di ruolo, tali da poter dare continuità ad un processo di vendita anche in assenza di chi lo ha iniziato o lo sta seguendo. Esempio: sapere i nominativi dei decisori e con chi parla il nostro venditore entro l’azienda cliente.

Nella vendita consulenziale – che fa perno sul valore della consulenza data dalla persona (venditore) alla persona (cliente) – si assiste al fenomeno della intrasferibilità delle relazioni interpersonali (mi fido di te, conosco te di persona), mentre nella vendita distributiva (es, in una Grande Distribuzione) la fidelizzazione umana è decisamente più blanda o in alcuni casi (in un discount) quasi assente.

L’obiettivo del backup relazionale è molto più difficile da perseguire (ma comunque importante) nelle aziende che adottano la tecnica della vendita consulenziale, dove molto affidamento viene dato ai rapporti umani personali, ai valori relazionali che non si possono “backuppare” come se si trattasse di bits. 

Per questo motivo, la quota relazionale totale (il totale dei contatti di relazione umana con i clienti), va esplosa su più livelli:

  1. il contatto del venditore (prevalente);
  2. il contatto della direzione in affiancamento con il venditore (portandolo ad un grado almeno annuale, o sino a semestrale o trimestrale nei clienti top);
  3. il contatto umano delle segreterie organizzative, che devono essere portate a conoscenza del metodo consulenziale e devono esse stesse adottare stili comunicativi di alta qualità e attenzioni individuali;
  4. la possibilità di avere un quadro completo informatizzato del sistema cliente, tale che ad ogni contatto e ad ogni telefonata possiamo sempre avere sott’occhio le informazione determinanti di quel cliente e non essere sprovveduti.

Fuoriuscita di informazioni riservate

La Direzione di un team di vendita deve prevedere possibilità anche molto negative, e porre attenzione a:

  • Furti esterni di dati e lavoro, causati da falsi acquirenti (spesso concorrenti) che intendono ottenere solo informazioni o progettualità gratuita.
  • Furti interni di dati, soprattutto prima di licenziamenti o dopo aver subodorato intenzioni di licenziamento (del venditore o da parte della direzione).

Consentire deviazioni dal modello di chiarezza di quale sia la situazione e risultato atteso dal cliente (modello X Y)

Per me la più grande bellezza sta sempre nella massima chiarezza.

(Gotthold Ephraim Lessing)

Il principio base del Solutions Selling è che si vendono soluzioni per aiutare un cliente e risolvere/anticipare i suoi problemi attuali e/o futuri. Quali sono quindi questi problemi? Questo deve essere chiaro.

Il leader della direzione vendite non deve accettare trattative in cui non sia chiaro cosa vuole veramente il cliente e da quale situazione si parte (vedi modello XY di customer satisfaction). 

Senza avere compreso la situazione del cliente e quali problemi dobbiamo risolvere (o obiettivi da conseguire) non può aver luogo alcun processo di vendita realmente consulenziale

Mancanza di doppio focus: sugli anelli forti (Strong Points) e sugli anelli deboli (Weak Points) della catena di vendita

Ogni catena di vendita – intesa come sequenza di attività/operazioni finalizzate alla vendita, ha una propria sequenza logica, realizzata da persone e svolta tramite procedure.

All’interno di questa sequenza nessuna organizzazione è perfetta, ed è positivo tendere all’ottimizzazione con una particolare attenzione a due punti:

  • non perdere i vantaggi conseguiti grazie agli anelli forti: tenere particolarmente conto delle persone e delle procedure/modalità contributive e vincenti, fare di tutto per mantenerle, coltivarle, estenderle, amplificarle;
  • non vedere o far finta di non vedere gli anelli deboli della catena (persone o procedure); questi vanno invece osservati e trattati con metodi di coaching, counseling o formazione, per farli crescere.

Le domande chiave da porsi rispetto all’organigramma di vendita :

  • Su quali aree potremmo lavorare per migliorare?
  • Dove sono i nostri punti di forza?
  • Dove sono i nostri punti di debolezza?
  • Di chi mi posso fidare e per cosa, in relazione alle sfide da sostenere?
  • Chi mi dà energie?
  • Chi mi toglie energie?

Comunicazione, motivazione e incentivazione della rete di vendita

Sii sempre come il mare che infrangendosi contro gli scogli, trova sempre la forza di riprovarci.
(Jim Morrison)

Il problema della motivazione va separato nettamente dal tema della fattibilità di una pratica motivante legata alle legislazioni nazionali sul campo del lavoro. La motivazione ha basi psicologiche e su queste è per noi opportuno concentrarsi, per poi eliminare dal campo o ridisegnare le soluzioni giuridicamente sostenibili. 

Comunicazione, motivazione e incentivazione della rete di vendita

Vediamo quindi quali sono alcuni dei presupposti della motivazione e incentivazione delle reti di vendita:

  1. Il fattore grounding organizzativo: l’incentivazione dipende dalla qualità organizzativa e dal senso di solidità aziendale: è più facile incentivare quando si ha la percezione di un buon supporto organizzativo;
  2. Il fattore grounding nel ruolo: la motivazione dipende dal grado di role-fitting (benessere nel ruolo, centratura tra ruolo e personalità/self);
  3. il fattore della prospettiva temporale (sua lunghezza e densità): un orizzonte vuoto spaventa, così come un orizzonte incerto;
  4. il fattore della correlazione sforzo-risultato: deve esistere un sistema premiante che crei un meccanismo di feedback positivo, rafforzando la convinzione che lo sforzo premia, e la struttura nella quale si sta lavorando è una “macchina da feedback positivo”;
  5. il fattore della qualità dei climi organizzativi: così come esistono ambienti fisicamente inquinati, possono esistere ambienti psicologici inquinati e demotivanti. È ruolo della leadership capire chi inquina, cosa inquina, e rimuovere i fattori inquinanti dal sistema;
  6. il fattore delle comunicazioni in ingresso, la qualità comunicativa, day-by-day, che colpisce il soggetto, la sua frequenza, natura e tipologia, un fattore di tale importanza da far emergere il bisogno di un vero e proprio piano di comunicazione interna per il team di vendita.

Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni.
(Eleanor Roosevelt)

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online