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© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategie di comunicazione e marketing. Un metodo in 12 punti per campagne di comunicazione persuasiva”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Definizione dei budget della campagna di comunicazione

Poiché non sarà possibile disporre di un budget di comunicazione infinito, sarà necessario definire delle priorità di intervento, che si prefiggano diversi obiettivi.

Le priorità potrebbero essere le seguenti :

  1. Campagna di informazione attivazionale : fornire informazioni operative (dove andare, cosa fare, come) alle aziende che non abbiano ancora definito un piano formativo, ma siano interessate a farlo. Su queste aziende non dovrà essere “venduto il concetto” della formazione. Si tratta semplicemente di aiutarle ad attivare, a rendere concreto, un atteggiamento positivo preesistente.
  2. Campagna di rafforzamento: portare informazioni e testimonianze di successo di aziende che hanno deciso di attivare percorsi di formazione continua nell’impresa, utilizzando promoter che realizzano incontri personali con amministratori aziendale. Dissipare dubbi e fornire prospettive e dati di supporto. In questo caso lo sforzo persuasivo esiste, ma non parte da pregiudizi negativi che richiedono maggiore sforzo persuasivo.

In questo modo, il budget disponibile consente di raggiungere il massimo obiettivo possibile, se l’obiettivo è misurato come “numero di corsi attivati nel campione d’imprese”. 

Diverso discorso è quello invece di “acculturare alla formazione” le aziende arretrate e che vedono in essa una perdita di tempo o energie. Questo obiettivo, tuttavia, è del tutto diverso da quello sopra indicato (attivare il maggior numero di corsi con il budget disponibile), e chi confonde i due obiettivi commette un grave errore sia strategico che politico (se in buona fede) o un grave atto di ipocrisia (se fatto nel tentativo di nascondere l’incapacità gestionale tramite la definizione di obiettivi poco chiari, che possano essere facilmente confusi a posteriori). 

Una decisione poco manageriale, dove l’unico risultato è quello di disperdere il budget su aziende poco o per nulla interessate, sulle quali la probabilità di successo sarebbe pari a zero, salvo miracoli. Dato lo sforzo persuasivo (quantità e qualità) estremamente superiore che esse richiedono, eventuali ricavi sarebbero minimali.

Seminare sulla sabbia richiede semi particolarmente robusti e tanta acqua, e spesso l’acqua è poca e preziosa.

Metodi per la fissazione dei budget

Esistono diverse “scuole di pensiero” o metodi nella fissazione dei budget di comunicazione: 

Le opzioni disponibili sono:

(1) assegnazione del budget in base agli obiettivi da raggiungere: consiste nel determinare il costo delle diverse fasi della campagna, per poi giungere tramite una sommatoria ad una preventivazione di costo finale.

(2) definizione per budget disponibile: consiste nella realizzazione di una campagna utilizzando le risorse disponibili al momento, o fissate in un apposito capitolo di bilancio.

(3) definizione in corso d’opera o a consuntivo: la campagna viene finanziata senza limitazioni, e le risorse vengono fornite man mano che se ne presenta la necessità, praticamente senza una programmazione.

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Il primo metodo (prima gli obiettivi, poi il budget) produce indiscutibilmente i risultati più alti, in quanto al primo posto – per definizione – vengono gli obiettivi da raggiungere. 

Se le risorse non sono sufficienti, gli obiettivi non verranno raggiunti. Quando il computo di preventivazione fa emergere una spesa troppo elevata per i budget aziendali disponibili al momento, è molto più opportuno ridurre realisticamente il target, ridimensionare il numero di soggetti da raggiungere, piuttosto che realizzare azioni approssimative su un target troppo ampio. 

In altre parole, gli eventuali tagli di spesa non devono andare a discapito della qualità della comunicazione ma piuttosto della quantità (ridefinizione dei confini di campagna).

Per quanto riguarda la realizzazione dei preventivi di campagna, i programmi di project management moderni dispongono di moduli che associano ad ogni step e risorsa un costo specifico. È così possibile svolgere la preventivazione di costo già all’interno del project-management, collegando in modo esplicito e riconoscibile i costi alle diverse fasi di campagna.

Il secondo metodo (prima il budget, poi gli obiettivi) presenta la limitazione di adattare il risultato atteso alle risorse disponibili. È un metodo lacunoso, ma molto utilizzato da diverse aziende. Il suo limite è di assecondare una tendenza egoistica e miope innata nell’uomo: voler raggiungere un risultato elevato senza destinare risorse adeguate (con la spesa necessaria per fare “A” voglio ottenere anche “B” e “C”, senza aumentare il budget). 

La modalità standard con cui vengono fissati i budget annuali di comunicazione (l’affordable method, o un x% del fatturato, nel migliore dei casi) riflette un orientamento alla “gestione finanziaria della comunicazione” opposto ad un orientamento di “gestione dei risultati da produrre tramite la comunicazione” [1].

Il terzo metodo (“intanto iniziamo, poi si vedrà”) è molto praticato ma estremamente approssimativo, rischioso per lo scarso controllo sui costi che presenta. Inoltre si presta poco ad attività di comunicazione che avvengono tramite communication campaign planning.

I costi della progettazione

Uno dei punti nodali da sottolineare è che tra i costi da computare in una campagna di comunicazione o campagna commerciale vi è la stesura stessa dello schema o impianto di campagna – la fase progettuale che definisce la struttura portante e strategica di tutte le attività da realizzare.

L’approccio vincente per la realizzazione del progetto richiede una competenza trasversale di marketing e management, comunicazione interpersonale e public relationsmedia-planning, tecniche di vendita e marketing relazionale, webmarketing e comunicazione in internet, skills di ricerca di marketing qualitative e quantitative, con competenze trasversali di project management in grado di sinergizzare le diverse azioni.

Questa fase, di solito condotta dal consulente in comunicazione, è un lavoro professionale impegnativo che richiede esso stesso un budget. Sbagliare questa fase farebbe saltare l’intero impianto del progetto.

cost

Così come per la realizzazione di un ponte esistono costi di progettazione, (anche molto elevati), per la realizzazione di una campagna di comunicazione di qualità devono esistere costi di progettazione. La campagna realizzata senza adeguata progettazione equivale ad un edificio su fondamenta d’argilla. 

Un progetto che non include costi di progettazione dovrebbe immediatamente indurre sospetti sulla qualità del progetto stesso. L’assenza di un budget di progettazione denota di per sé una campagna di scarsa qualità, qualcosa che è persino meglio non fare. Una comunicazione di scarsa qualità o una campagna mal progettata (di comunicazione, di formazione, o di marketing) producono effetti negativi e demotivanti sulla struttura stessa. 

I risultati che non arrivano, i costi che non trovano ritorni, messaggi ed azioni che producono effetti negativi sono da eliminare in partenza. 

Questi costi aziendali e motivazionali sono errori che un’azienda moderna non può nemmeno considerare di pagare, per risparmiare su un capitolo di spesa (la progettazione) che è il fondamento di tutto l’impianto comunicativo.

Un’interessante osservazione da Slade[2], evidenzia come la necessità di consapevolezza su come le persone distribuiscono le proprie risorse per raggiungere i goals, poiché :

“l’importanza del goal è proporzionale alle risorse che l’agente è disposto a spendere per raggiungere quel goal”. 

Questa formulazione rafforza la nostra considerazione primaria: senza risorse adeguate (culturali, manageriali, ed economiche) non è possibile realizzare azioni comunicative di qualità ed ottenere risultati.

Il training come fattore di successo

Il training deve essere svolto professionalmente, secondo lo schema collaudato che prevede:

  • Progettazione dell’intervento formativo (includente analisi e diagnosi dei bisogni)
  • Sperimentazione delle metodiche formative su iniziative pilota
  • Ri-taratura degli interventi e allargamento del training
  • Immissione a regime delle nuove competenze
training

Non possiamo lontanamente pensare che una campagna si possa svolgere senza training.

Ciascuna di queste fasi rappresenta un costo da preventivare. Gli errori nelle prime fasi sono cruciali e si ripercuotono a catena sulle fasi successive producendo danni. Ogni euro speso in diagnosi e progettazione ritorna invece a cascata sotto forma di beneficio per l’azienda e i suoi manager. 

Non è possibile saltare la fase progettuale/diagnostica e passare direttamente al training, i risultati saranno scarsi o persino controproducenti. 

Ancora una volta, sottolineiamo che ogni azienda deve porsi prima di tutto il problema di fornire alle risorse umane gli strumenti per agire, poi affidare loro compiti e obiettivi sfidanti. Non si poteva ieri, e non si può oggi, andare ad una sfida disarmati. 

I costi variabili e gli incentivi per i goals raggiunti

Quando un progetto raggiunge gli obiettivi, è necessario che i membri del team siano premiati. Bisogna assolutamente premiare chi è stato responsabile e protagonista del successo sia per l’impegno umano che per i risultati tangibili.

Esiste un’ampia letteratura manageriale sul tema dell’incentivazione e remunerazione incentivante, ma il concetto è questo. 

Diventa elemento vincente di una campagna la remunerazione incentivante e le forme di premiazione monetaria anche non monetaria, per i risultati raggiunti. 

incentivo

Il programma di remunerazione deve considerare:

  • La natura degli incentivi: un piano di incentivazione include sia incentivi monetari e tangibili (premi in denaro, beni e servizi), che riconoscimenti immateriali e gratificazioni umane (incentivi intangibili e psicologici o relazionali).
  • La progressione degli incentivi: è possibile fissare obiettivi del tipo pass/fail (conseguimento totale o fallimento), oppure scale di incentivi. In una scala di incentivi, si fissa un budget incentivi (poniamo 100 come base) e su questa base si applica una progressione: 0 al raggiungimento di meno del 60% dei goals, 80% del premio al raggiungimento del 90% dei goals, 110% al raggiungimento di oltre il 90%, o altre forme più o meno graduate e progressive.
  • L’equità degli incentivi: i membri del team devono percepire che viene tenuto conto del grado di sfida in essere. Obiettivi numericamente simili (es: acquisire 10 aziende) possono comportare sforzi enormemente diversi (pensiamo alla differenza tra acquisire 10 piccole imprese artigianali vs. 10 clienti multinazionali). Devono esistere sistemi premianti che includano un meccanismo di computazione del “peso qualitativo” per i risultati conseguiti.

[1] Affordable method: Metodo usato per definire il budget pubblicitario. Consiste nel valutare la spesa che ci si può permettere di destinare alla pubblicità, solo dopo la decisione degli obiettivi generali di spesa e profitto dell’impresa e dopo aver stanziato il denaro corrente per tutte le altre spese. Fonte: Nuovo Dizionario Illustrato della Pubblicità e della Comunicazione a cura di Fausto Lupetti e Giuliana Manfredini, Lupetti Editore.

[2] Slade, S. (1994). Goal-based Decision Making: An Interpersonal Model. Lawrence Erlbaum. Hillsdale.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategie di comunicazione e marketing. Un metodo in 12 punti per campagne di comunicazione persuasiva”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

La strategia del messaggio

La strategia del messaggio specifica quali messaggi verranno inviati e a chi, e il tipo di comunicazione che dovrà essere svolta (emotiva o informativa), ma soprattutto quali leve persuasive utilizzare.

Il messaggio chiede una sorta di “accordo temporaneo” su un’idea, non un matrimonio perenne con l’idea. Il messaggio quindi deve avere qualche elemento di seduzione.

Per ogni target/audience deve essere creato un messaggio efficace.

messaggio
io

Il messaggio deve avere obiettivi esplicitati (l’organizzazione deve conoscere quali goals si prefigge), e i messaggi devono essere pre-testati per verificare che abbiano effetti comprovabili sul destinatario.

Non solo. Ogni messaggio deve seguire uno “schema narrativo madre”, una struttura alla quale si ispirano tutti i messaggi che siano veicolati da persone, computer, mail, video, presentazioni, eventi.

Deve sempre essere chiaro che “il messaggio è quello” in ogni elemento comunicativo e che i temi hanno una visione coordinata. L’audience non deve mai “entrare in confusione mentale” sul tipo di messaggio che riceve.

Per la costruzione del messaggio persuasivo, il requisito fondamentale è la “centratura sul cliente/target/audience”. Il messaggio “centrato” è esperienziale e fa riferimenti precisi a stati soggettivi, ad aspirazioni, sogni, paure, ansie, speranze ed obiettivi della persona.

messaggio
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Il messaggio persuasivo instilla “semi di idee” affinchè questi semi lavorino nella teste delle persone che li ricevono.

Molte idee crescono meglio quando vengono trapiantate in un’altra mente piuttosto che in quella in cui spuntarono. 

Oliver Wendell Holmes (senior), Il poeta alla prima colazione, 1872

Nel metodo ALM si evidenzia un approccio fondamentale: il bilanciamento mentale nell’acquisto[1]. Sostanzialmente, un messaggio viene accettato quando i rientri psicologici percepiti sono maggiori dei costi psicologici.

Ne deriva il fatto che la comunicazione persuasiva deve generare benefici percepiti elevati, e ridurre il costo percepito psicologico, dell’azione o dell’acquisto.

Le persone comprano quando percepiscono che il vantaggio che ne deriva è superiore al valore del denaro che devono “sborsare”. Senza percezione di valore, quindi, non avremo acquisti, comportamenti, azioni.

La combinazione delle leve persuasive all’interno del messaggio

Un ulteriore modello[2] (risoluzione, omeostasi, anticipazione) evidenzia la necessità di collocare nel tempo soggettivo un messaggio persuasivo, esplicitando come la soluzione proposta in un messaggio possa categorizzarsi in:

  1. un equilibratore/risolutore: affronta e si offre come proposta affidabile per i problemi già esistenti;
  2. un manutentore: la “manutenzione” di stati soggettivi positivi, mantenere quanto vi è di già buono e non si vuole perdere;
  3. un preventore: il messaggio e prodotto/servizio puntano alla prevenzione di problemi e futuri stati negativi per la persona, o agiscono sul futuro, diventano un “enabler” (attivatore, concretizzatore): ancoraggi verso un “sogno”, avvicinatore di stati migliorativi o ideali.

L’approccio alle leve persuasive si può trarre ancorandosi alle cinque categorie di bisogno della scala di Maslow come da noi modificata:

  1. bisogni di sopravvivenza
  2. sicurezza
  3. ambientali
  4. sociali
  5. spirituali

In generale, ogni tipo di prodotto o proposta può essere analizzato, alla ricerca di motivazioni anticipatorie, omeostatiche o risolutive. E questo vale per ogni gradino della scala modificata di Maslow.

Emerge un panorama ricco di sfumature utili per costruire “strutture narrative persuasive” dalle quali partire per i nostri messaggi.

Si producono quindi per combinazione 15 classi di valore del prodotto, che possono costituire altrettante leve di vendita.

1. leva risolutiva di sopravvivenza

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Elimina i problemi di sopravvivenza. “Se vuoi vivere ti serve x”, “se non vuoi morire ti serve X” Il messaggio si concentra su bisogno di rimuovere stati critici per la sopravvivenza dell’individuo o dell’organizzazione.

Esempio : “se non vendiamo falliamo tutti e il corso di vendita è la soluzione per sopravvivere, non è un lusso”. Oppure sul piano medico “senza questo integratore le tue vene rimarranno ostruite”.

2. leva omeostatica di sopravvivenza

Mantiene condizioni di sopravvivenza. Promuove la proprietà del prodotto/servizio di conservazione delle condizioni attuali che stanno garantendo la sopravvivenza dell’individuo o dell’organizzazione.

Esempio : per una persona, una scorta di pane per l’insorgenza della fame; per un’impresa, un minimo di materia prima necessaria alla produzione, o un tasso di innovazione che consenta almeno di stare sul mercato.

3. leva anticipatoria di sopravvivenza

Anticipa i problemi di sopravvivenza. Promuove la proprietà del prodotto/servizio di prevenire l’insorgere di condizioni che possono minare l’integrità fisica dell’individuo o dell’organizzazione.

Esempio : per l’impresa, un tasso di innovazione in grado di anticipare i problemi futuri. “Se non applichiamo un E-commerce serio chiudiamo, e non è uno scherzo”

4. leva risolutiva di sicurezza

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Elimina i problemi di sicurezza. È costituita da prodotti/servizi/prestazioni in grado di rimuovere o attenuare problemi attualmente esistenti per la sicurezza dell’individuo o dell’organizzazione

Esempio : sostituire una porta a vetri con una porta blindata, in seguito ad un furto in appartamento.

5. leva omeostatica di sicurezza

Preserva condizioni ottimali di sicurezza. È costituita da prodotti/servizi/prestazioni finalizzate al mantenimento delle condizioni attuali di sicurezza dell’individuo o dell’organizzazione.

Esempio : una protezione contro i sovraccarichi di tensione che potrebbero far saltare i macchinari. “Ok ora sei a posto ma vuoi rimanere a posto?”

6. leva anticipatoria di sicurezza

Anticipa problemi di sicurezza. È costituita da prodotti/servizi/prestazioni che impediscono l’insorgere di condizioni negative, in grado di minare la sicurezza dell’individuo o dell’organizzazione, o ne riducono fortemente la probabilità di accadimento.

Esempio : un estintore in auto in caso accada un incendio. Oppure ancora, per quanto riguarda l’impresa: un piano di anticipazione dei rischi di scenario che possono colpire l’azienda; un progetto di benchmarking[3] in grado di evidenziare quali sono le performance dell’azienda da migliorare, prima che esse degenerino in cadute di fatturato. “Con il radar e sensore di distanza da adesso in avanti sarà impossibile che tu faccia un tamponamento o investa dei pedoni. Impossibile. Sai quanti soldi e problemi ti stai per risparmiare? Sai quanta salute e tranquillità stai comprando per poche migliaia di euro?”

7. leva risolutiva ambientale

ambientale

Elimina il degrado ambientale (fisico o sociale). È costituita da prodotti/servizi/prestazioni finalizzati alla cancellazione di situazioni che rendono sgradevole, inadatto, l’ambiente fisico e sociale in cui il soggetto si trova.

Esempio : una nuova casa per vivere in un quartiere migliore; eliminare fonti di rumore negli uffici (stampanti, copiatrici) e schermare i rumori stradali fastidiosi. Per l’impresa: un piano di miglioramento dei climi organizzativi e l’introduzione della direzione per obiettivi come metodo per “vivere meglio” in azienda.

8. leva omeostatica ambientale

Mantiene un ambiente positivo (fisicamente o relazionalmente). È costituita da prodotti/servizi/prestazioni che forniscono elementi utili alla permanenza di condizioni di piacevolezza e gradevolezza degli ambienti fisici e sociali.

Esempio : un atto di dono necessario per mantenere una buona relazione.

9. leva anticipatoria ambientale

Previene l’insorgenza di elementi di degrado ambientale (fisico e sociale). È costituita da prodotti/servizi/prestazioni che impediscono l’insorgere di minacce alla qualità degli ambienti (fisici e sociali). Si basa soprattutto sulla  creazione di meccanismi di protezione del sistema dall’ingresso di elementi nocivi.

Esempio : una legge che proibisca l’insediamento di industrie ambientalmente nocive in un territorio; una nuova procedura di selezione del personale che impedisca l’ingresso in azienda in futuro di personale tossico e leader tossici, demotivati, disturbatori, inefficienti, prevenendo la creazione di climi interni non produttivi e le cadute di competitività. “La persona giusta al posto giusto, e dare l’esempio per primi, se vogliamo che le persone non smettano mai di credere nella nostra azienda”.

10. leva risolutiva sociale

sociale

È finalizzata alla crescita dell’immagine individuale o aziendale, agendo sulla rimozione di fattori negativi e sull’instaurazione di fattori positivi. È costituita da prodotti/servizi/prestazioni che forniscono elementi utili all’eliminazione di stati di disagio sociale provenienti da un’immagine esterna esistente non gradita o insufficiente.

Esempio : un piano di immagine coordinata per la ricostruzione di un’immagine aziendale debole o minata da eventi negativi, oppure insufficiente rispetto a nuovi target elevati da raggiungere.

11. leva omeostatica sociale

Mantiene un’immagine positiva. È costituita da prodotti, servizi e prestazioni finalizzati al mantenimento di quei fattori che attualmente stanno “funzionando” dal punto di vista dell’immagine esterna.

Esempio : un piano di pubbliche relazioni per mantenere buoni rapporti esistenti con la comunità. O ancora, un piano di fidelizzazione sul cliente attuale già soddisfatto. Questa leva, come ogni leva omeostatica, contiene anche componenti anticipatorie.

12. leva anticipatoria sociale

Previene il peggioramento o la caduta dell’immagine. È costituita da prodotti/servizi/prestazioni che impediscono l’insorgere di condizioni di grave minaccia per l’immagine esterna dell’individuo o dell’organizzazione.

Es: per un’impresa, un piano di crisis communication (comunicazione in stato di crisi) per l’impostazione e la predisposizione di procedure rapide ed efficaci, qualora si determinassero evenienze particolarmente negative  sul piano dell’immagine (incendi, esplosioni nella fabbrica, inquinamenti, scandali, boicottaggi di prodotto, gravi danni derivanti dal prodotto, inquisizione di dirigenti, scioperi e tumulti). Ed ancora: un piano di comunicazione interna in caso di sciopero improvviso o evento atmosferico imprevisto in un grande aeroporto (gelata della pista), che contenga forti elementi di comunicazione e servizio e prevenga il disagio del cliente; un piano di comunicazione che permetta, nel più breve tempo possibile, di arrestare il flusso di auto verso un’autostrada in cui sia avvenuto un incidente, evitando imbottigliamenti e ulteriori incidenti; un piano di soluzioni comunicative pronte in caso di caduta dei titoli azionali, tarato sulle diverse cause probabili, da inviare istantaneamente ai maggiori azionisti, prima che i “rumors” distruggano il titolo.

13. leva risolutiva del self

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Elimina i fattori che impediscono alla persona di autorealizzarsi o avere stima di sé. È costituita da prodotti/servizi/prestazioni che hanno la proprietà di rimuovere le condizioni o barriere negative che ostacolano il raggiungimento del Sé ideale e l’autorealizzazione.

Esempi: eliminare un grave difetto di personalità che sbarra il passo alla capacità di apprezzare il gusto della vita; imparare a comunicare pienamente; lavorare sulle inibizioni e freni che rallentano il raggiungimento del proprio potenziale; smettere di frequentare una persona o una compagnia che limita le proprie capacità autorealizzative. Per un manager, lavorare attivamente sulle proprie capacità comunicative, di ascolto attivo, e identificazione degli obiettivi, tramite formazione specialistica, per sentirsi maggiormente autorealizzati nel proprio ruolo professionale. Oppure ancora, se analizziamo il caso di un imprenditore insoddisfatto della propria azienda, un piano di vision building può assumere la funzione di risolvere il senso di impotenza, ridare fiducia e speranza nel futuro. 

Altri esempi possono riguardare, a livello personale – l’acquisto di una vacanza o di un libro da cui trarre ispirazione interiore e crescita culturale –  in un momento di caduta di ideali o di scarsa motivazione.

14. leva omeostatica del self

Mantiene elevato il livello di senso di autorealizzazione e stima di sé, agisce sul mantenimento degli elementi positivi che la persona ritiene di possedere già. È costituita da prodotti/servizi/prestazioni che forniscono elementi utili alla salvaguardia delle condizioni attuali di vicinanza al Sé ideale dell’individuo o dell’organizzazione.

Es: una vacanza aziendale nella quale vengano mantenuti saldi i legami e la coesione del gruppo; un programma di consolidamento dell’identità aziendale (Corporate Identity Program); Anche in quest’ultimo caso è evidente la compresenza di una leva anticipatoria.

15. leva anticipatoria del self

Previene la caduta o peggioramento della stima di sé e del senso di autorealizzazione. È costituita da prodotti/servizi/prestazioni che impediscono l’insorgere di condizioni in grado di allontanare l’immagine dell’individuo o organizzazione dal Sé ideale. 

Esempi: evitare l’incontro con persone che sviliscono i risultati ottenuti e generano una caduta del morale; una vacanza per prevenire cadute di automotivazione; prodotti e servizi anti-invecchiamento (prodotti medici, sportivi, farmaceutici, alimentari, estetici, ecc.., che fanno leva sulla paura di invecchiare); diagnosi dei climi organizzativi aziendali per identificare scostamenti motivazionali, diagnosi delle competenze professionali del personale, finalizzata ad anticipare i bisogni di futuri, prevenendo cadute di autostima.


[1] Vedi, cap. 1 di Trevisani, D. (2001). Psicologia di Marketing e Comunicazione. MilanoFrancoAngeli.

[2] Vedi cap. 2, in Trevisani (2001), op. cit.

[3] Valutazione comparativa di prestazioni con particolare attenzione alle prestazioni dei più diretti concorrenti e delle aziende leader.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

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© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategie di comunicazione e marketing. Un metodo in 12 punti per campagne di comunicazione persuasiva”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Mission, obiettivi e goals

La mission definisce il motivo di esistere di un’organizzazione. 

La mission deve avere qualcosa di nobile, qualcosa per cui valga la pena battersi e ogni sforzo speso per trovare questo senso si ripaga esponenzialmente.

Quando crediamo in quello che facciamo, diventiamo inarrestabili.

Partendo da questo assunto di base, possiamo considerare che un campaign team – il gruppo di professionisti, collaboratori e strutture che cooperano al team di campagna – sia un’organizzazione temporanea di persone accomunate da una mission, che deve essere chiaramente esplicitata. 

Per cosa si riuniscono queste persone? Non dobbiamo confondere la mission con i macro-obiettivi e gli obiettivi con i goals. I goals sono descrizioni specifiche che contengono proposizioni di risultato misurabili, mentre gli obiettivi di campagna devono essere più ampi e “rendere il senso” di ciò che stiamo facendo.

La mission deve invece possedere, alla sua base una forte componente di coraggio, di sfida, di “relazione d’aiuto”.

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La sua formulazione (nel metodo ALM, ma anche in altre formulazioni) richiama sempre un “risolvere i bisogni di…”, trovare soluzioni per…” e altre formule di ispirazione ai bisogni di miglioramento sociale o di realizzazione di propositi di crescita, positività e sviluppo. 

Nessun esercito può resistere alla forza di un’idea il cui momento è arrivato.

Victor Hugo

La mission deve essere centrata sullo sviluppo sociale o economico e non solo sugli obiettivi economici o aziendali. 

La confusione tra mission (contribuire a…) e obiettivi economici aziendali è uno dei più frequenti errori di management, una miopia gravissima.

Ad esempio, un caso seguito dall’autore riguarda la creazione di una campagna commerciale per un nuovo prodotto dell’azienda Secure[1], destinato alla sicurezza dei sistemi informativi aziendali (information security), in un territorio ad alta concentrazione industriale. Il timore di sabotaggi e attentati, unito alla sostanziale arretratezza dei sistemi informativi presenti nelle aziende, rendeva urgente occuparsi di questo tema.

La declinazione di obiettivi può essere così descritta e articolata:

esempio di mission “diffondere nelle aziende a rischio ambientale una grande cultura della sicurezza, potenziare i sistemi di difesa e prevenzione, ridurre drasticamente le possibilità di incidenti derivanti da attacco informatico interno o esterno, finalizzato al sabotaggio agli impianti, da cui possano derivare morte e rischi per le comunità locali”. 

Da questa formulazione orientata a produrre benefici (evitare incidenti chimici derivanti da sabotaggi informatici), derivano obiettivi più connessi alla necessità aziendale di produrre. Tuttavia, i secondi non possono essere anteposti ai primi, pena una grave perdita di visione e il concreto rischio di veder svanire tutta la competitività del progetto stesso. Per cui, data la mission, si passerà a definire:

obiettivi (più puntuali), come “testare la qualità e vulnerabilità dei sistemi informativi delle aziende chimiche e a rischio industriale nel territorio del Nord-Est”, “verificare la tenuta delle procedure informatiche interne in casi di crisis management, per ogni processo”, e altri.

specifici goals misurabili. Es: “portare 3 stabilimenti chimici di grandi dimensioni del nord-est, ad un livello di sicurezza 100/100 sulla nostra scala di rating”, “diffondere la brand-awareness dei prodotti Secure tra le PMI delle province di Venezia, Ferrara e Ravenna, realizzando almeno 10 dimostrazioni complete del sistema Secure ai direttori di stabilimento e della sicurezza entro 4 mesi dal lancio della nuova gamma di prodotto”, e altri goals.

Dobbiamo chiarire al mondo, a noi stessi e ai nostri collaboratori e partner cosa stiamo facendo. Questo è lo spirito della mission. Senza chiarire fino in fondo la mission, essa rimarrebbe una coltre di etica nebbiosa, una “mano di bianco” manageriale su un muro traballante pronto a cadere. 

Bisogna far emergere definitivamente e una volta per tutte se il risultato che vogliamo produrre è utile e per chi. A chi serviamo? A cosa vogliamo dare un contributo con la comunicazione, con il prodotto o servizio? 

Spiegarsi, condividere con qualcuno il senso è lo scopo è fondamentale per raffinare la strategia.

clear

Il miglior modo per chiarirsi le idee è quello di spiegarle a un’altra persona.

Arthur Conan Doyle

Nell’esempio sopra riportato, sarebbe particolarmente facile confondere la mission con gli obiettivi economici. Perché la Secure dovrebbe preoccuparsi della sicurezza degli abitanti, prima che di vendere? Perché la dimostrazione va fatta ai direttori di stabilimento e responsabili della sicurezza, e non ad esempio ai direttori commerciali? Domande stupida? Molti direttori commerciali, presi dall’ansia di vendere, smettono di curarsi di “cosa stiano facendo e per chi”, “a cosa stiamo dando un contributo vero”. Ma questo è un errore gravissimo, il primo anello della catena del fallimento.

Sempre nello stesso caso, se la mission fosse “proteggere i dati aziendali dal furto, evitando perdite economiche derivanti da fuoriuscite di informazioni commerciali riservate”, l’interlocutore da ingaggiare (Key Leader Engagement) diventerebbe immediatamente il direttore commerciale, e non più il direttore tecnico. 

Cambierebbe immediatamente la rete dei partner della campagna. Gli assessori all’ambiente – partner della prima mission, e sicuramente interessati a contribuire, se ben motivati, alla campagna inerente la sicurezza per i cittadini del proprio comune – non sarebbero più nemmeno da pensare come possibili partner per la campagna sulla sicurezza dei dati commerciali. Quindi, non dovrebbero più essere oggetto di Key Leader Engagement. Ingaggiarli, andare a parlare con loro per ottenere un supporto dall’Ente, diventerebbe solo uno spreco di tempo. Dovremmo invece cercare ingaggi più coerenti e utili.

Cambierebbero tutti i riferimenti, tutti i goals, tutte le strategie di comunicazione, di canale, e di motivazione. In pratica, si tratterebbe di un’altra campagna. Il risultato finale può essere comunque lo stesso (es:, vendere 10 sistemi di sicurezza entro 5 mesi), ma l’impianto strategico che sottostà la campagna di comunicazione cambia completamente, e se non lo capiamo non si venderanno né i primi 5 né gli ulteriori “pacchetti di servizi”, a nessuno.

Il risultato comunicazionale avviene solo quando la mission della campagna è ben studiata e formulata.

È questo uno dei punti che più distingue i “comunicatori professionali” dagli “improvvisatori professionali” e dai “manager da pollaio” (le persone cui non dovrebbe essere dato nemmeno il compito di gestire più di tre galline, pena l’accadere di gravi disastri, e che purtroppo invece occupano spesso posizioni che non dovrebbero).


[1] Per motivi di riservatezza, i dati (nomi, territori, etc.) sono alterati al fine di salvaguardare l’identità del cliente, pur mantenendo intatta la “filosofia” del progetto.

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