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© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategie di comunicazione e marketing. Un metodo in 12 punti per campagne di comunicazione persuasiva”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

I punti chiave che determinano il successo di una campagna

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Le persone non comprano prodotti e servizi, ma relazioni, storie e magia
Seth Godin

Esponiamo di seguito la struttura di una campagna di comunicazione utilizzabile per un approccio organizzato al Communication Planning.

  1. Titolo: una buona campagna deve avere un titolo, una sigla o acronimo che permetta di identificarla. Dare un titolo significativo è uno dei primi e più trascurati problemi di management comunicativo
  2. Problem Setting,  Situation Analysis – Mission e Obiettivi (P.S.M.): Ogni campagna deve agire su problemi o obiettivi, è quindi necessario passare da definizioni vaghe o imprecise ad una esatta definizione del problema che genera il bisogno di fare una campagna o attività
  3. Team di progetto: Definire il Project Leader, i membri del team, i loro confini di ruolo, il loro motivo di inclusione nella campagna e le attese nei loro riguardi
  4. Partners: quali enti o associazioni o aziende coinvolgere, chi può collaborare e portare contributi? Come incoraggiare e motivare i partners? 
  5. Target Audience Primarie: quali sono i destinatari principali? Se si tratta di una campagna di comunicazione, a chi vogliamo comunicare, per ottenere o cambiare cosa?
  6. Target Audience Secondarie: a chi altri è necessario comunicare per rinforzare il risultato o renderlo possibile. Esistono influenzatori e opinion leaders che dovremmo “toccare”?
  7. Communication Goals: passare da un generico obiettivo ad un goal misurabile permette di fissare le azioni sul campo e valutare la qualità delle strategie. La fissazione dei goals richiede la produzione di variabili-target (su cosa voglio vedere effetti) e proposizioni dettagliate di risultato. Es, numero di click, cambiamenti nella percezione, numero di vendite attivate nel periodo di campagna… qualsiasi obiettivo può essere fissato purché misurabile o inquadrabile.
  8. Message Strategy, “Narrative Strategy”, “Storytelling” (“Battle for the Narratives”): La strategia del messaggio si pone il problema di quale sia la stimolazione adeguata, quali messaggi inviare e perché. Quale “storia” si sta veicolando? Contro quale storia alternativa stiamo combattendo? Es., la “storia” che ci vuole azienda locale che deve limitarsi ai piccoli clienti locali vs. la storia di un’azienda artigiana di lusso in grado di servire ogni cliente nel mondo? La storia che siamo una multinazionale cattiva che fa del male al mondo o la storia che siamo un’azienda che studia prodotti che possono cambiarlo questo mondo? Esistono poi le auto-storie, le auto-rappresentazioni: come ti vedi, come vedi te stesso, e come questo incide su quanto racconti, su come comunichi? E come cambiare in meglio? Ogni comunicazione ha dietro di se una storia ed è sempre in corso una “battaglia” per quale storia avrà il sopravvento. Di questa storia, di questo messaggio, chi ne sono i protagonisti? Problemi concreti diventano: quale stile di comunicazione utilizzare (es: ironico, poetico, manageriale, informativo, emotivo…), quali argomentazioni, quali informazioni inserire, come organizzare le parti del messaggio, il timeline della comunicazione, e quindi il tipo e struttura del messaggio. Far uscire la “storia” giusta significa fare una buona pianificazione della psicologia del messaggio, base di ogni risultato.
  9. Channel Strategy – per far sì che il messaggio arrivi è necessario ricorrere a canali comunicativi, siano essi persone, mass media o canali social, direct marketing, mailing, fiere, eventi, convegni, incontri fisici, o elettronici e online, videoconferenze e ogni altro media che emergerà in futuro, senza mai dimenticare il media più antico, l’incontro umano (tecnicamente chiamato Key Leader Engagement quando applicato alla comunicazione persuasiva). È necessario quindi fissare i canali comunicativi da utilizzare, media primari e secondari, e il media-mix. La strategia dei media deve essere “command driven” (seguire una linea strategica impostata), e utilizzare una “matrice di sincronizzazione” (Synchronization Matrix) in cui tutti i mezzi di comunicazione, di informazione, di delivery (consegna di messaggi), e di contatto umano, vengano compresi e sincronizzati. Sincronizzare le attività comunicative e tutti i media elettronici e umani è di assoluta necessità, perché ogni azione ha bisogno delle azioni di supporto che la accompagnano in un esatto, preciso momento del tempo. Ogni campagna ha bisogno di sostegno, e come in un cantiere, quando manca sostegno, o non c’è sincronizzazione tra le azioni degli operai in azione, l’impalcatura cade.
  10. Sistema di valutazione. Per capire se la campagna ha funzionato è necessario poter misurare, far riferimento ai goals prima definiti. Ricavare feedback permette anche di tarare in corso d’opera, per quanto possibile, i temi e messaggi, i canali e i veicoli comunicativi. La difficoltà nel valutare la comunicazione consiste soprattutto nel misurare sia i risultati tangibili che quelli intangibili ma comunque accaduti. La Activation Research misura quanti clienti o altri soggetti sono stati “attivati” e da quale canale. Questo permette di valutare l’efficacia dei vari canali e iniziative utilizzate e ottimizzare le campagne per il futuro.
  11. Project Management. Una campagna mette sul campo una serie di risorse, uomini e mezzi, investimenti, impegni, che devono essere coordinati dall’alto e seguiti. Il project management definisce fasi, tempi e responsabilità, all’interno di una matrice di coordinazione (Coordination Matrix).
  12. Budgeting – per una campagna servono risorse, e quindi è necessario avere una stima adeguata dei costi di tutte le operazioni e delle risorse per le diverse fasi, capire quali saranno le fonti di finanziamento e assicurarsi che la campagna non si interrompa sprecando tutte le azioni precedenti.
idea

Il valore di un’idea sta nel metterla in pratica.

Thomas A. Edison

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

Copyright. Articolo estratto dal libro “Direzione Vendite e Leadership. Coordinare e formare i propri venditori per creare un team efficace” di Daniele Trevisani, Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

La formazione e il coaching per dare tono ed energie al team di vendita

I risultati dipendono da una sommatoria di energie e abilità canalizzate in obiettivi. Questo è – in sintesi – il pensiero sottostante il metodo HPM per lo sviluppo della performance. 

Incentivare la rete di vendita significa porre attenzione ad iniziative diversificate.  

Nel modello HPM sono fondamentale:

  • le energie biologiche (Bio-En),
  • le energie psicologiche e motivazionali (Psic-En)
  • le Micro Competenze (Micro-Skills)
  • le Macro Competenze (Macro Skills)
  • i Goal e progettualità (G)
  • la Vision includente i valori e le aspirazioni (V)

Cosa si può fare concretamente?

  • Sul fronte energetico: Marathon training e “ritiri di formazione” della squadra di vendita;
  • Coaching al venditore, soprattutto un Coaching Umanistico e Coaching Comunicazionale, cioè centrato sulle sue potenzialità e come svilupparle con la comunicazione. Un ciclo di incontri di coaching deve essere tra le 6 e le 10 giornate.
  • Sul fronte micro: training e role-playing, in azienda, almeno settimanalmente, per prepararsi agli incontri in arrivo.
  • Affiancamenti di vendita con feedback in uscita.
  • Sul fronte macro: training plan annuale e pluriennale, personalizzato.
  • Sul fronte Goal: sessioni di goal-setting congiunte.
  • Sul fronte Vision: analisi dei mercati, degli spazi, dei trend, nella zona o area di pertinenza del venditore.

La visione d’insieme deve tenere un doppio focus:

  • sugli individui: colloqui in profondità e valutazioni periodiche;
  • sulle procedure e sulle campagne per il futuro: analisi strategiche di quali campagne di vendita implementare;
  • valutazioni di feedback sulle campagne già svolte.

La costruzione attiva del parco clienti da condividere con il venditore

Per agire all’interno di un processo di vendita consulenziale, il venditore deve condividere alcuni principi base:

  • Il parco clienti non si subisce, si costruisce. Un parco clienti bilanciato può contenere pubblico e privato, tradizionale e innovativo, locale e internazionale, ma, comunque, deve essere il risultato di una logica e di una scelta.
  • Il parco clienti si costruisce tramite:
    • Eliminazione di clienti inutili (De-marketing)
    • Addizione di clienti di valore (Pro-Marketing)
  • Questo presuppone darsi una Strategia Commerciale, l’impostazione di una quota di fatturato da generare per tipologia di cliente. In seguito, si sviluppa un piano commerciale e di promozione per ciascuna tipologia, attivando campagne di vendita tematiche.
  • Ogni strategia di vendita e costruzione attiva del parco clienti va fissata con apposite riunioni, concise, brevi e che fissino unicamente i passaggi concreti da fare.

“Coloro che non sanno imparare dalle riunioni precedenti saranno condannati a ripeterle.”

Massima di McKernan

  • Il venditore è un fattore chiave della strategia commerciale, è un protagonista, non una comparsa.
  • I suoi risultati permettono a tutta l’azienda di procedere, l’azienda deve sempre dimostrare che ha bene in mente questo dato di fatto.

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