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© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategie di comunicazione e marketing. Un metodo in 12 punti per campagne di comunicazione persuasiva”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

I confini comunicazionali della campagna

confini comunicazionali selezionano chiaramente il target, lo descrivono e lo separano da altri target o altri soggetti che – pur interessanti – non sono oggetto delle attenzioni di questa campagna.

La campagna è per definizione un’azione su un target molto specifico e localizzato.

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I confini della campagna devono essere fissati considerando la fattibilità e le risorse in campo, e un periodo di tempo preciso, che non può in genere andare oltre l’anno di tempo. Il motivo per cui non è conveniente estendere troppo la durata della campagna è che la situation analysis (su cui si basa la campagna) evolve rapidamente, e quindi i presupposti iniziali potrebbero essere molto cambiati anche solo a distanza di un semestre. Il bimestre o trimestre – i 60 o 90 giorni di tempo per fare una intera campagna (come tempo medio) – forzano l’organizzazione a stringere il campo su un target ristretto ma chiaro.

Distinguiamo quindi nettamente una campagna di comunicazione da un programma permanente di comunicazione, per evitare confusioni.

Se un obiettivo è molto ampio e il budget elevato, è molto meglio suddividerlo in più campagne specifiche, delimitate, ristrette, controllabili, anziché produrre azioni mastodontiche e dispersive.

Molti amministratori  o manager – per incapacità o in malafede – fissano volutamente obiettivi confusi e scarsamente delimitati, per sfuggire al controllo di risultato che invece una campagna focalizzata permette di praticare.

I confini dell’azione possono anche essere rifiutati da funzionari o consulenti che non desiderano rendicontare il proprio operato (scarsa Accountability). Questo atteggiamento è negativo per tutti. 

Molto più produttivi risulta invece un patto tra (1) funzionari, leader (e altri membri del team di campagna) e (2) finanziatori della campagna – finalizzato ad ottenere (ed esigere duramente, se necessario) le risorse adeguate agli obiettivi di campagna da raggiungere. 

I project leader devono assolutamente rifiutare obiettivi di campagna che non abbiano adeguata copertura di risorse. Devono quindi costruire una lista di risorse necessarie (lista della spesa) per coprire ogni azione prevista entro i confini della campagna.

Ricerca sui target primari

Il team di progetto dovrà conoscere ogni aspetto critico del target da raggiungere.

Per le campagne al consumatore diretto B2C, si include in genere il profilo sociodemografico (età, sesso, titoli di studio, residenza, gruppo etnico, professione) e i profili psicografici (stili di vita, preferenze politiche, abitudini e atteggiamenti).

Variabili di segmentazione sociodemografica nel B2C

  • Sesso
  • Età
  • Titolo di studio
  • Zona di residenza
  • Gruppo etnico di appartenenza
  • Reddito
  • Professione

Variabili di segmentazione psicografica nel B2C

  • Atteggiamenti
  • Cultura – identità
  • Valori umani e sociali
  • Stili di vita (lifestyles)
  • Comportamenti e abitudini
  • Personalità
  • Religione d’appartenenza, grado di religiosità
  • Umori, stati umorali ed emotivi
  • Appartenenza politica
  • Weltanschauung – visione del mondo
  • Propensione al rischio
  • Need-for-uniqueness (bisogno di unicità, bisogno di differenziazione)
  • Way-of-buying (comportamenti d’acquisto, modalità e culture d’acquisto)

Nelle campagne B2B è importante definire quali sono le modalità di acquisto, i ruoli di acquisto, gli influenzatori, i comportamenti passati e le motivazioni di base, le possibili leve di vendita che faranno scaturire l’intenzione comportamentale, gli ostacoli ed obiezioni che incontreremo.

Variabili oggettive per la segmentazione B2B

  • Numero di dipendenti
  • Fatturato – classe di fatturato
  • Variazioni di fatturato sugli anni precedenti
  • Zona di insediamento
  • Nazione di appartenenza
  • Settore merceologico
  • Appartenenze ad associazioni di categoria
  • Esportatore o meno, e quanto

Variabili qualitative per la segmentazione B2B

  • Tipologie di acquisto (gara tra fornitori, appalto, acquisto per amicizie, acquisto imitativo, etc)
  • Climi aziendali e organizzativi
  • Culture aziendali.

Quando la campagna di comunicazione è orientata alle vendite, dovrà essere compreso quale way-of-buying adotta il consumatore, quali obiezioni latenti esistono verso i messaggi, come saranno recepiti i messaggi, considerando la struttura mentale del target.

Dovremo inoltre capire se il target è omogeneo o disomogeneo, e quindi se sarà sufficiente un messaggio ad ampia copertura o occorra predisporre messaggi segmentati, tarati sulle singole audience.

Se affrontiamo una campagna di vendita acquisitiva, dovremo sapere presso chi si rivolge oggi il cliente, se ha già dei fornitori, come li ricerca, come decide, chi decide all’interno dell’organizzazione e chi sono gli influenzatori, e numerose altre variabili.

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La ricerca sui target primari trae vantaggio dalla realizzazione di azioni di ricerca mirata, su piccoli campioni di componenti del target, per produrre un quadro descrittivo sufficientemente nitido, un quadro che permetta di evitare grossolani errori che spesso si praticano nella comunicazione aziendale quando manca un’analisi accurata del target.

Target audience secondari e opinion leaders

Come abbiamo già sottolineato, il comportamento è sempre influenzato a qualche livello dalle aspettative altrui e da gruppi di riferimento o persone vicine. 

In diverse situazioni, comunicare verso gli opinion leaders o verso gli influenzatori è indispensabile per rimuovere blocchi che impediscono l’adozione di nuovi comportamenti e atteggiamenti, o per ottenere dei “lasciapassare comportamentali” che rimuovono veti psicologici latenti.

La ricerca sui sistemi di influenza e sulle reti di influenza è quindi indispensabile per capire a chi altri comunicare, con quali messaggi e con quali media.

Le campagne di comunicazione efficaci richiedono la comprensione della mappa dei poteri e delle relazioni nella quale si inserisce il soggetto target.

Ad esempio, nel campo della promozione dello sport per anziani, è stato notato da ricerche condotte dall’autore per conto di un’associazione nazionale di promozione sportiva, come la comunicazione verso gli anziani stessi sia ampiamente insufficiente se non avvengono azioni su influenzatori quali i medici di base e i membri della famiglia. Altre importanti funzioni di rinforzo sono svolte inoltre dai gruppi associativi quali i circoli per anziani e i sindacati di anziani, il cui supporto diventa determinante per consolidare l’efficacia dei messaggi.

Dimenticare l’esistenza di questi soggetti è un grave errore strategico.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategie di comunicazione e marketing. Un metodo in 12 punti per campagne di comunicazione persuasiva”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Competenza tecnica e qualificazione dei membri interni ed esterni del Campaign Team

Di assoluta importanza e priorità è decidere quali siano i confini dei ruoli : chi deciderà la strategia del messaggio? Il creativo o lo psicologo, o il direttore commerciale? 

Se non chiariamo prima i confini del “chi fa cosa” la campagna sarà un continuo susseguirsi di rimpalli di responsabilità o lotte di potere, e in un caso o nell’altro non ne uscirà nulla di buono.

In ogni organizzazione la certezza della responsabilità nominale (un nome per ogni responsabilità) è un ingrediente fondamentale.

Nessun titolare d’azienda si affiderebbe ad un idraulico per un’operazione al cuore, e la comunicazione aziendale è materia altrettanto delicata. 

La comunicazione punta al cuore dell’azienda e al cuore del cliente.

Sbagliare la comunicazione produce danni. Gli errori costano cari. 

Per gestire una campagna di comunicazione dobbiamo quindi definire competenze scientifiche e di coordinamento forti, e delegare solo i compiti veramente amministrativi a chi ha competenze amministrative. Dobbiamo inoltre capire che molte competenze prima giudicate amministrative sono in realtà comunicazionali. 

Il fatto di considerare un operatore di telemarketing come amministrativo è un errore, in quanto il telemarketing è attività comunicazionale che richiede forti skills verbali, paralinguistiche e di ascolto, un training adeguato, e una selezione di partenza forte. Lo stesso vale per la vendita diretta.

Ancora di più vale per il Key Leader Engagement, la dove abbiamo persone fisiche che vanno ad ingaggiare leader e decisori. La preparazione deve essere massima.

Ogni campagna di comunicazione deve costruirsi sulle basi di un pool manageriale, tecnico e scientifico dalla consolidata esperienza e capacità.

I ruoli e le funzioni più importanti nell’impostazione di una campagna di comunicazione aziendale sono connessi alle sue diverse fasi. 

Mentre nelle grandi campagne di comunicazione, che dispongono di budget elevati, è opportuno che i ruoli siano assunti da diverse persone, nelle campagne di comunicazione e nelle campagne commerciali delle PMI è invece possibile accorpare diverse funzioni in più persone, considerando la realtà delle risorse disponibili.

In questo caso (accorpamento di più ruoli) dovremmo comunque distinguere quale “cappello” il soggetto stia vestendo nei diversi momenti della campagna, per evitare di confondere le responsabilità, che devono invece rimanere separate.

I ruoli e le funzioni principali della campagna di comunicazione

  • Direttore commerciale, direttore marketing, o titolare/proprietà: il direttore commerciale o direttore marketing (in alcuni casi la proprietà stessa) deve esplicitare il risultato da raggiungere in termini aziendalistici e verificare tramite le sue conoscenze dirette del mercato la fattibilità di alcune fasi della campagna. È il referente verso il quale la campagna deve produrre risultati.
  • Consulente in comunicazione: il consulente deve agire da direttore scientifico, facilitatore di processo e referente tecnico, esponendo le linee guida da seguire. Tra i suoi compiti si inseriscono la fissazione dei communication goals in accordo con la direzione commerciale, la supervisione scientifica dei processi di ricerca, message planning e communication planning, pre-test e verifiche di risultato, e la definizione della channel strategy.
  • Creativo: il creativo può ricevere il compito di elaborare un messaggio che concretizzi la linea di azione comunicativa decisa strategicamente dalla direzione e dai consulenti.
  • Copywriter: il copy è responsabile della redazione dei testi, e in alcuni casi della realizzazione degli scripts (strutture di comunicazione).
  • Ricercatore/analista: ha il compito di curare progetti di ricerca e realizzare raccolte dati (primari o secondari) che facciano luce sul problema, svolgendo inoltre le necessarie ricerche sui target primari e secondari. Se dotato di skills elevate, possiede le competenze per realizzare i test sperimentali di efficacia del messaggio (pre-test), ricerche qualitative e verifiche di risultato (post-campagna). Deve compiere analisi qualitative e/o quantitative.
  • Media-planner (solo nei casi di campagne tramite mass-media): ha il compito di verificare la disponibilità dei media e acquistare gli spazi media, considerando i  tempi e momenti di esposizione esatti nei quali il messaggio deve uscire, e i canali/media sui quali si intende comparire.
  • Key Leader Engagement Specialist (KLE): ha il compito di ingaggiare, contattare le persone chiave, i decision makers, gli influenzatori, e quando vi sono più Engager, gestire le operazioni di KLE e coordinarle
  • Project manager: ha il compito di coordinare le diverse risorse umane, i tempi e le risorse di progetto.
  • Finanziatore: reperisce le risorse per le diverse fasi. Può essere il titolare o un manager che gestisce un budget. Il più grave errore che può compiere è ricercare risultati elevati stirando un budget risicato su molteplici obiettivi, senza raggiungerne alcuno.

Partner potenziali e loro ruolo nella campagna di comunicazione

Molti progetti richiedono la presenza di partner qualificati. I partner possono essere sia strutture pubbliche e private, enti o aziende, consulenti o associazioni, fornitori o clienti, e altre entità cointeressate alla realizzazione degli obiettivi di progetto. 

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I partner devono avere ritorni forti e responsabilità accettate in modo altrettanto forte e chiaro.

E’ facile ignorare la responsabilità quando si è soltanto un anello intermedio in una catena di azioni.

Stanley Milgram

La costruzione di un network di progetto funge da facilitatore ed aumenta il peso politico dello stesso. Per un’azienda produttrice di utensili, riuscire a realizzare una campagna commerciale con il supporto o senza il supporto dei sui principali fornitori produce effetti decisamente diversi. Quando si riesce a creare una “cordata” di enti, aziende, persone, interessate agli esiti del progetto, il progetto ha più motori e più propulsori.

Per un club sportivo intenzionato a promuovere una nuova disciplina, il supporto di una federazione nazionale (che faccia sentire il proprio peso politico, e organizzi una dimostrazione pratica con atleti di alto livello) può fare la differenza.

Per un produttore di software, poter disporre di testimonianze dei principali clienti sui benefici ottenuti grazie alle soluzioni progettate, farli partecipare di persona come testimonial di un evento informativo, rappresenta un fattore critico di successo. In tutti questi casi, la sinergia tra attori di mercato aumenta il risultato finale dell’operazione.

Nel caso precedentemente riportato (l’azienda Secure) la campagna commerciale per la sicurezza degli stabilimenti chimici aveva negli Assessori all’ambiente e Sindaci dei comuni del territorio un cardine fondamentale, sia per il potere di boicottaggio che essi potevano assumere verso gli “inadempienti” alla fase di verifica della sicurezza in azienda, che per il potere di facilitazione del progetto o di co-finanziamento.

Deve essere tuttavia evitata la frammentazione decisionale: uno specifico ente o azienda – uno solo – deve assumere la leadership di progetto e i partner devono accettare le regole decise dal Project Leader.

Nella definizione delle partnership il problema principale dell’azienda è quello della motivazione dei partner stessi. Il leader deve porsi il problema di collocare – sul piatto della bilancia – ritorni importanti, inclusa l’immagine del far parte del progetto ma anche la visibilità, opzioni di incremento delle vendite, e altri ritorni, che siano in grado di motivare e incoraggiare un’effettiva partecipazione dei partner. 

La partecipazione dei partner può essere ripagata tramite ritorni d’immagine chiari (presenza del logo su ogni comunicazione) e/o anche tramite aumenti di vendite verificabili, e altre forme di ritorno per cui i partner non stiano solo “facendo un favore” (“nessuno fa niente per niente”, è un detto decisamente applicabile nel campo del business), ma ricavino concreti benefici dal partecipare alla campagna.

In un certo senso, la vendita del progetto ai partner è un sotto-piano di comunicazione innestato nella campagna. Se questo fallisce l’azienda si troverà a gestire la campagna da sola, contando su risorse e apporti esterni che non perverranno mai.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online