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© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategic selling. Psicologia e comunicazione per la vendita consulenziale e le negoziazioni complesse”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

La capacità comunicativa e l’attività della negoziazione

Comunicazione e negoziazione sono un territorio delicatissimo dell’esistenza umana.

Dalle abilità comunicative dipendono successi e fallimenti, vittorie e cadute, e la possibilità di concretizzare sogni e ideali.

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I desideri, le nostre aspirazioni umane e professionali – le idee che vorremmo concretizzare – i nostri stessi progetti di vita, sono collegati a questa capacità di comunicazione, spesso inespressa, una capacità latente, un fiore da far sbocciare. Una capacità che raramente coltiviamo e studiamo.

Essa rappresenta una delle facoltà più preziose della natura umana: poter esprimere e condividere sentimenti, idee, pensieri, visioni, sogni, progetti. 

L’importanza delle capacità di comunicazione può alterare (in meglio o in peggio) anche le traiettorie della propria vita sentimentale; può farci avvicinare alle persone che amiamo, o allontanarci, può generare comprensione o incomprensione, passione o tristezza, gioia o dolore. 

Una buona comunicazione può dare vita ad amicizie e rapporti che durano una vita, una cattiva comunicazione determina invece il malfunzionamento o la rottura irreparabile di relazioni umane e professionali.

Per ogni essere umano, la capacità di comunicare le proprie emozioni ad altri, aprirsi, non lasciare che esse rimangano soffocate in una ruminazione mentale solo interna, è un fattore primario di salute fisica e mentale.

Le capacità comunicative arrivano persino a determinare la vita e morte di persone, come nelle negoziazioni militari o per la liberazione di ostaggi.

In questo ambito, anche i dettagli contano, ad esempio:

  • capire chi sono i decisori veri con cui trattare può cambiare la vita di un’azienda; può farle vincere o meno una gara, un appalto, o conquistare un cliente determinante per molti anni a venire; 
  • un errore di battitura in un punto cruciale dell’offerta può generare senso di pressapochismo e far alzare le barriere valutative, rendendo la vendita più “in salita”; ma ancora…
  • una distrazione in fase di ascolto che ci faccia perdere un “segnale” importante lanciato dall’interlocutore;
  • cogliere o non cogliere un’occhiata o una smorfia di approvazione o disapprovazione che si lanciano due persone nel team con cui trattiamo.
comunicazione
inazione

È un risultato eccezionale, dal punto di vista della negoziazione e della relazione umana, capirsi tra le parti, rompere le barriere di incomunicabilità, trovare modi per avere successo cooperativo, e crescere assieme. 

Di fatto, comunicatori, negoziatori professionisti, venditori, rappresentano una parte attiva della società e “muovono le cose”. Senza di loro, le aziende non potrebbero vivere. 

Un’azienda senza persone in grado di vendere è un’azienda sull’orlo del baratro. Tutti gli stipendi vengono da un’unica fonte: le vendite.

Dobbiamo quindi prepararci, così come un soldato si prepara per una battaglia, un atleta per una gara, un attore per la scena.

La chiave è far crescere le nostre competenze comunicative, supportare la crescita degli altri

Le capacità comunicative devono diventare sempre più un vero e proprio asset (risorsa strategica) e non (quando mancano) un punto di debolezza da coprire a suon di sconti, ribassi, umiliazioni, concessioni e perdite.

Per questo bisogna agire con spirito guerriero e strategico, con una mente pronta e risoluta – una mente da analista – e “gambe” pronte ad incontrare persone in ogni luogo. 

Una frase antica, espressa da un Samurai giapponese, ci offre una bella rappresentazione, che spiega con poche parole questo atteggiamento:

Kenshin disse:  «Il fato è in paradiso, l’armatura è sul torace, il risultato è nei piedi »

Adachi Masahiro, Samurai (scritto risalente al periodo 1780-1800)

In: Cleary, Thomas. La Mente del Samurai[1]

La suggestione del Samurai Masahiro ci aiuta a capire che esistono molte aree della vita che non possiamo dominare, e altre per le quali dobbiamo e possiamo agire, sia in prima persona che in squadra.

Il “paradiso” di Kenshin sono gli scenari globali, le scelte dei competitors, la nostra armatura è la nostra preparazione, i nostri piedi sono le azioni che adottiamo.

Dobbiamo quindi distinguere le aree per le quali non vale nemmeno la pena preoccuparsi troppo, da quelle per le quali possiamo “prepararci” e fare strategia, sia che si tratti di proteggere i nostri interessi vitali (armatura) che di muoversi con scientificità tattica (i “piedi” dello Strategic Selling). 

Nessun altro può farlo per noi. 

Ma, per concretizzare, dobbiamo assimilare lo spirito guerriero proposto da Masahiro e adattarlo ai nostri scopi e alla nostra professione.

È indubbio che operare nella vendita oggi significhi avere coraggio. 

Il coraggio di chi esce con una valigia e va a conquistare un cliente. 

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coraggio

Il coraggio di chi affronta il mondo, di chi entra in culture diverse, in aziende nuove e sconosciute, di chi lotta contro competitors più forti, più finanziati o potenti, il coraggio di chi si muove in prima linea. 

Ed ancora maggiore coraggio serve per dirigere le persone, stare a fianco degli uomini e delle donne che si muovono in prima linea, stargli vicino anche sul campo, nei momenti di difficoltà e di maggiore bisogno.

Questa è leadership. Questa è una modalità di vita.

È la scelta di chi stabilisce di non stare nelle retrovie ma di stare sul fronte, immergersi nelle tante battaglie umane e sacrifici che la vendita strategica impone a chi decide di giocare questo gioco. E di gioire per i successi.

La negoziazione è certamente un gioco difficile, ma non un gioco d’azzardo. La negoziazione seria non si prefigge mai di produrre danni gratuiti alla controparte, ma – ovunque possibile – porta avanti il principio delle “relazioni d’aiuto” (essere di aiuto agli altri) e costruire relazioni che creano valore per tutti.

Relazioni vincenti che creano benefici ad entrambe le parti.

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Questo vale anche in un matrimonio, quando due persone riescono a fissare i propri spazi di libertà per i propri interessi personali (sport, cultura, giardinaggio, viaggi, etc.) senza che il matrimonio stesso divenga una gabbia, ma piuttosto una piattaforma che dia forza ad entrambi.

Vale anche tra due aziende, quando da una buona negoziazione emerge un progetto che nessuna, da sola, sarebbe riuscita a fare.Nessun risultato, tuttavia, avviene per magia. Negoziamo da quando siamo nati, e lo faremo per tutta la vita.

Serve un’attività di negoziazione e lavoro certosino sulla chiarezza dei ruoli, e dei confini dei ruoli.

Le relazioni vanno coltivate, se vogliamo vederne i frutti.

curare

La comunicazione parte da un bisogno primario, il bisogno di entrare in relazione, in contatto con qualcuno o con qualcosa e per coloro che operano professionalmente con la negoziazione, prepararsi da professionisti è il minimo che si possa fare. 

Questi bisogni richiedono un lavoro di formazione adeguato.

Prepararsi da professionisti

Esiste una grande confusione in campo aziendale su cosa sia la formazione. Alcuni pretendono di preparare negoziatori e venditori tramite un paio di ore di lezioni teoriche in cui vengono propinate teorie e concetti astratti, affidandosi a professori universitari che non hanno mai venduto niente in vita loro.

Più che una formazione classica, serve una forte “sensibilizzazione”, qualcosa che vada oltre le regole stereotipate. Ad esempio, imparare a vedere come noi reagiamo alle comunicazioni altrui, come funziona il nostro dialogo interno[2]capire come esaminare una conversazione e cogliere le sue mosse strategiche, preparasi ad essere analisti.

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La formazione seria è una forma di apprendimento molto forte, parte da un’autoanalisi che nessun PowerPoint può sostituire, e ci chiede di fare i conti con chi siamo veramente. 

Al contrario dei seminari tenuti dai “corsifici”, un buon coaching in profondità (coaching personale o team coaching) può aiutare la persona e il team a prestare attenzione a ciò che prima gli sfuggiva, e questo non ha niente a che fare con la formazione classica.

Bisogna aiutare le persone a muoversi da professionisti, a “pensare” come professionisti. La ricerca del Potenziale Umano che si nasconde in ogni persona non è né facile né immediata, lo sappiamo tutti benissimo. Ma, a volte, cerchiamo scorciatoie che non esistono. 

Le situazioni in cui la comunicazione cambia le cose sono tante. 

Possiamo avere un colloquio di lavoro nel quale si decide una svolta nella vita, nel quale far emergere chi siamo e cosa valiamo.

Gli effetti di ogni parola e di ogni gesto saranno sommatori e decisivi.

Lo stesso bisogno di essere comunicatori efficaci tocca il problema di trovare un finanziatore per progetto, o un sogno da concretizzare.

Tante situazioni, un denominatore comune: il risultato delle attività di comunicazione e negoziazione cambia la vita. Affrontare questo mondo intrigante richiede l’esame di molte variabili.

Una prima consapevolezza di fondo è il bisogno di una grande serietà in chi opera nel mondo della comunicazione e della negoziazione complessa: essere coscienti del fatto che dagli esiti di una trattativa strategica dipendono svolte di tipo professionale, effetti che cambiano la vita, propria o altrui. 

Se condotte bene, gettano le basi per un futuro migliore. Se condotte male, producono danni enormi.

Una seconda certezza: per comunicare bene serve formazione specifica, l’abito mentale di chi si prepara alla negoziazione, dedica ad essa risorse mentali, la gestisce come un’attività professionale e strategica (approccio mentale del Get-Ready Mind Set), e non trascura i dettagli[3].

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Una terza certezza è il bisogno di curare la “macchina” del venditore, negoziatore o comunicatore, ancora prima di preoccuparci delle sue prestazioni esterne. Una persona che sta bene, piena di energie fisiche e mentali, avrà ottime chance di esprimere anche il suo potenziale comunicativo. Al contrario, una persona fisicamente debilitata o esaurita, e psicologicamente stanca o che si sente fuori ruolo, non farà altro che errori continui.

Come sottolinea un collega e amico, importante psicologo e counselor italiano, allenatore della nazionale italiana di Apnea e di campioni del mondo di apnea, quando ci si “immerge” nelle relazioni e nelle negoziazioni si va incontro, come fa un apneista, anche a se stessi e al proprio inconscio

Possono emergere paure o incongruenze, ansie e timori ragionevoli o irragionevoli, coscienti o subcoscienti. 

Se questi ci bloccano, ci rallentano, ne subiremo gli effetti negativi.

Al contrario una persona che abbia fatto un lavoro profondo su di sé può “immergersi” tranquillamente sia in acqua che nella più difficile trattativa, senza perdere in consapevolezza emotiva e rimanendo sostanzialmente sereno nonostante l’ambiente difficile che lo circonda[4].


[1]

Cleary, Thomas (2008) (a cura di), La Mente del Samurai: Il Codice del Bushido, Mondadori. Scritto di Adachi Masahiro, Samurai (scritto risalente al periodo 1780-1800).

[2] Per il dialogo interiore nelle situazioni di consumo e scelta di acquisto, vedi Bahl, S. e Milne G. R. (2010), Talking to Ourselves: A Dialogical Exploration of Consumption Experiences, in Journal of Consumer Research, Vol. 37, June 2010.

[3] La preparazione mentale a compiti successivi, e l’utilizzo delle risorse mentali, nella Consumer Research, è stata affrontata in un articolo specifico. Vedi Bosmans Anick, Pieters Rik e Baumgartner Hans (2010), The Get Ready Mind-Set: How Gearing Up for Later Impacts Effort Allocation Now, in Journal of Consumer Research, Vol. 37, June 2010.

[4] Manfredini, Lorenzo (2010), Appunti di counseling, materiale didattico riservato, Associazione Olos e Istituto di Dinamica Mentale, Ferrara.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategie di comunicazione e marketing. Un metodo in 12 punti per campagne di comunicazione persuasiva”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Target audience

Quando vuoi comunicare la tua azienda o il tuo prodotto, prima di tutto devi chiederti “a chi”. E “cosa vuoi generare in loro”.

L’approccio pragmatico richiede alla campagna di comunicazione una sola cosa: risultati concreti, misurabili, tangibili.

Lo schema Who do you Want to do What (chi vuoi che faccia cosa) esprime chiaramente l’orientamento pratico della campagna.

La comunicazione deve cambiare comportamenti o deve introdurre comportamenti, deve cambiare o introdurre atteggiamenti, deve far accadere situazioni o creare condizioni favorevoli affinché accadano.

E ancora una volta, ricordiamo che il semplice “informare” non equivale a persuadere. Siamo persuasivi solo quando cambiamo uno stato di cose pre-esistente.

Ragionare e convincere, com’è difficile, complicato e laborioso! Suggestionare? com’è facile, veloce ed economico!

(Santiago Ramón y Cajal)

Anche le campagne di comunicazione puramente istituzionali e legate all’immagine devono connettersi a specifici comportamenti da introdurre o modificare. L’imperativo è quindi “comunicare per cambiare”, “comunicare per far accadere”, e non comunicare per se stessi. 

In una tribù, i corteggiamenti hanno successo quando arriva l’accoppiamento, e chi possiede già l’attenzione del “cliente” è ostile e ultra-aggressivo verso chi prova ad avvicinarsi. Difende il territorio. Perciò i messaggi devono riuscire a passare questi innumerevoli “firewall tribali” se vogliono avere successo. 

Questo accade anche nelle aziende, dove i decisori, i VP e CEO sono circondati da appositi branchi di scimmie pagate per tenere lontani nuovi intrusi, di cui hanno paura, soprattutto paura che prendano il loro posto. 

Quindi, la conquista dell’attenzione dei decisori diventa un fattore persino più importante del messaggio.

message in the bottle

Il messaggio arriva dopo.

Dire che sei bravo, che sei “leader” (di cosa… se lo dicono tutti), che hai “qualità” equivale a dire niente. Prova a dire che problemi risolvi, che sogni aiuti a concretizzare, che benefici psicologici e materiali hanno le tue soluzioni. Crea una “storia” che parli al cuore di chi la riceve, non limitarti a seminare slogan.

La definizione delle target audience richiede la delimitazione dei confini comunicazionali.

Identificazione corretta del pubblico obiettivo, del target di marketing e target di comunicazione

Nella campagna di comunicazione risulta indispensabile distinguere tra target di marketing e target di comunicazione

Il Target di Marketing (TM) é costituito dal gruppo di persone, pubblici obiettivo, consumatori o rappresentanti di organizzazioni, dai quali si intende ottenere un effettivo comportamento d’acquisto (esempio, la firma di un contratto, il recarsi presso un punto di vendita e effettuare un acquisto).

Il Target di Comunicazione (TC) é invece dato dalle persone, gruppi o aziende sulle quali viene esercitata una forma di comunicazione, necessaria affinché si produca il risultato di marketing (vendita).

Analizziamo caso per caso le diverse situazioni :

  • TM=TC : target di marketing e target di comunicazione coincidono quando le azioni comunicative sono esercitate esclusivamente ed esattamente sui potenziali clienti.
  • TM è maggiore del TC : la strategia di comunicazione prevede azioni comunicative rivolte ad un numero di soggetti minore rispetto agli acquirenti previsti.

Il principio su cui si basa questa modalità è l’effetto di diffusione, il passaparola, secondo modelli di Two-Step Flow o Multi-Step Flow, spesso basati sul ruolo degli Opinion Leaders. 

In questa situazione comunicativa, il messaggio si rivolge a pochi soggetti per ottenere un effetto su molti.

  • TM minore del TC : quando il TC (Target di Comunicazione) è più ampio del TM (Target di Marketing), siamo di fronte al caso in cui cerchiamo di creare consenso, lavoriamo sul clima esterno al cliente potenziale, affinché si creino delle azioni di push che portino il cliente all’azione. 
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Un caso esemplificativo è la pubblicità di scarpe che si illuminano camminando, destinata come target comunicativo ai bambini, affinché i genitori vengano stimolati ad acquistarle.

Ma anche, nel Business to Business, le azioni di KLE (Key Leader Engagement) in cui si “lavorano ai fianchi” gli influenzatori affinché siano loro a rivolgersi ai decisori e stimolarli a compiere un’azione o un acquisto.

Molte culture aziendali e addirittura nazionali sono fondate su un forte network di relazioni personali. In questo caso, conquistare la fiducia dei decisori, degli influenzatori, portarli ad agire a nostro favore, è larga parte del vero sforzo di una campagna e richiede ottimi specialisti di KLE.

Siamo in un mondo tribale, anche nel business

Il mondo è molto più tribale di quanto sembri, le persone si fidano di più del suggerimento di una persona che conoscono rispetto a mille spot o brochure, per cui il successo spesso richiede un ritorno a forme di contatto umano personale, face to face.

I canali interpersonali di tipo telefonico, o videoconferenza, possono essere un sostituto ma solo in parte. Sempre e comunque quanto più il rapporto diventa veramente face to face, in vera presenza fisica, quanto più la probabilità di successo aumenta. Questo, paradossalmente, quanto più il mondo si digitalizza, il contatto umano fa la differenza perché diventa più “raro”, e quindi più “prezioso”, come ogni merce.

Durante il contatto umano, accadono più cose, anche perché in presenza fisica è più facile svolgere “lie detection” (scoprire bugie comunicazionali e atteggiamenti sottili) rispetto ad una mail o una telefonata, per non parlare dell’ignoranza vera e da ammettere senza colpe, rispetto al sapere quanto accade veramente nella mente di una persona che vede uno spot o una brochure, un banner, un video, una nostra pagina web, in nostra assenza, e cosa pensa veramente.

Molte aziende non comprerebbero da te nemmeno acqua pura mentre stanno morendo di sete, se non gli piaci a pelle, e questo va contro ogni ragionamento logico, eppure è reale. Vale anche per te quando entri in un ristorante. Se c’è un’atmosfera che non ti piace, magari grigia e facce che non ti piacciono, te ne andrai ancora prima di sapere cosa c’è nel menù. 

Ogni azienda compra tramite “cordate tribale di consenso” e ciascuno cerca di far entrare i propri “fornitori amici” e far fuori gli amici dei propri nemici.

Siamo in un mondo tribale, anche nel business, e nella comunicazione dobbiamo tenerne conto. Nessuno fa niente per niente.

Il dettaglio fondamentale del libero mercato è che nessuno scambio ha luogo senza ch’entrambe le parti ne traggan beneficio. Milton Friedman

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

Copyright. Articolo estratto dal libro “Direzione Vendite e Leadership. Coordinare e formare i propri venditori per creare un team efficace” di Daniele Trevisani, Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

La cultura del variables-reasoning

Appurato che vi sia un fondamento organizzativo di base:

  • prodotti competitivi e vendibili
  • supporti di vendita adeguati (auto, uffici, telefoni, PC, altri supporti di vendita),

dobbiamo considerare che ampia parte del successo dipenda dalle risorse umane, comprendenti sia le segreterie organizzative che i venditori e i leader.

Il primo e più importante contributo delle discipline scientifiche è il variables reasoning, un’impostazione di fondo del ragionamento scientifico ed un insegnamento prezioso per l’impresa: trattare i problemi in termini di variabili e loro relazioni.

Un problema quale “calano le vendite negli USA” andrà quindi studiato in termini di “cosa determina il calo delle vendite” e “cosa determina un successo di vendita in quel paese”. Dovremo quindi costruire un vasto raggio di ipotesi e spiegazioni possibili.

Ad esempio:

ipotesi 1 – “le vendite calano perché il paese è in fase di recessione “;

ipotesi 2 – “le vendite calano perché sono entrati nuovi concorrenti”,

ipotesi 3 – “le vendite calano perché la nostra rete commerciale si è indebolita”, ecc… 

Queste ipotesi andranno verificate empiricamente (partendo da dati reali), sino ad identificare la causa vera o l’insieme di cause su cui agire.

Ragionare per ipotesi, sviluppare alternative e sottoporle a verifica significa adottare un metodo scientifico. Molte aziende invece operano su problemi di tale natura con azioni impulsive tipo “cambiamo il direttore commerciale”, “raddoppiamo la pubblicità” o “cambiamo fornitore” magari operando proprio sulle leve sbagliate

Essere competitivi significa quindi – innanzitutto – saper analizzare i fattori critici del successo prima di agire. Significa costruire una base di conoscenza aziendale sui rapporti di causa-effetto in cui l’impresa è coinvolta, prima solo abbozzata, poi migliorata e verificata in parte, poi sempre più completa ed esaustiva, fino a possedere il quadro esatto della situazione. Tanto più ampia la base di conoscenza aziendale, tanto meglio l’impresa saprà quali leve toccare e che risultato ne emergerà.

Il tentativo di ragionare per variabili e loro relazioni costituisce innanzi tutto uno strumento pratico. Con un effetto ulteriore: in seguito al suo utilizzo ripetuto esso si trasforma in una impostazione culturale, filosofia guida positiva di una cultura aziendale analitica e basata sul core-problem solving.

La cultura del variables-reasoning vale come linea guida per ogni analisi dei problemi aziendali, in ogni settore e reparto.

Studio del problema
Capire quali sono le variabili critiche
Impostare il problema in termini di relazioni tra variabili: sviluppo di ipotesi sui fattori generativi
Test di ipotesi
Sviluppo di modelli
Revisione dei modelli
Utilizzo dei modelli per l’azione

Il diagramma di relazioni per l’analisi dei fattori di successo nella vendita

Ragionare per variabili all’interno di una analisi del successo di vendita è possibile.

Nell’approccio variables-reasoning si applica un procedimento (prima di tutto mentale, poi eventualmente supportato da supporti scritti o software) in cui il problema o il goal viene analizzato in termini di variabili che lo possono generare, di rapporti causa-effetto e fattori generativi. Si costruisce quindi un quadro di ipotesi da cui partire, visualizzabile tramite un diagramma. Le singole ipotesi devono essere verificate e costituiscono la base per lo sviluppo di strategie.

Ad esempio, per capire come raggiungere elevati obiettivi di vendita è necessario chiedersi quali sono i fattori generativi del successo di vendita, tra cui il personale, il prodotto, la promozione, l’assistenza e le garanzie, l’analisi accurata dei destinatari. Questi costituiscono i macro-fattori del Diagramma di Causa-Effetto. Per ciascun fattore andranno quindi approfondite le principali sotto-cause. Alcuni fattori particolarmente rilevanti possono essere zoommati più in profondità realizzando quindi diagrammi di approfondimento.

Il livello di profondità dell’analisi dipende dal tempo a disposizione, dall’esperienza e dalle conoscenze del settore.

I metodi per costruire il DCE sono stati divisi nel metodo ALM in “negativi”, “positivi” e “a livelli”.

  • I DCE negativi sono applicati a problemi e utilizzano formulazioni verbali negative, es: “Demotivazione, impreparazione e obiettivi confusi determinano calo di vendita”. 
  • I DCE positivi si applicano a goal e utilizzano formulazioni positive, es: “La qualità della formazione dipende dalla capacità di realizzare un’analisi efficace dei fabbisogni formativi, predisporre moduli veramente professionalizzanti, utilizzare docenti e metodi didattici coinvolgenti”. 
  • I DCE “a livelli” presentano le relazioni in termini di variabili pure, es: “Il livello qualitativo del prodotto dipende dal livello di manutenzione dei macchinari e dal grado di purezza delle materie prime”. 

Applicazioni ai problemi di vendita 

E’ possibile, secondo il Metodo ALM, costruire un DCE positivo che analizza i fattori del successo di vendita, e un DCE negativo applicato ai problemi di un calo di vendita.

Un DCE positivo sostiene ad esempio che il successo di vendita sia collegato alle capacità personali (competenze, comunicazione, affidabilità, proiezione di un’immagine professionale), ad un accurato studio dei destinatari (segmentazione strategica per individuare il target, segmentazione operativa per individuare i prospects e i decisori, analisi dei bisogni dei destinatari finalizzata a capire come creare valore), alla qualità del prodotto e suo rapporto qualità/prezzo, alla qualità dell’assistenza e garanzie, e alla capacità di promozione. Ciascuno di questi fattori a sua volta dipende da altre cause. Ad esempio, la qualità della promozione dipende dalla qualità del supporto media, dalle capacità di vendita personale e dai supporti cartacei alla vendita diretta o sul punto di vendita (display, cataloghi, listini, company profile, ecc).

Ciascuno di questi elementi dipende a sua volta da altri. Ad esempio, 

  • la conoscenza del prodotto è correlata al settore di provenienza (difficilmente un meccanico potrà occuparsi di alta moda femminile) e all’impegno nello studio del prodotto (che invece chiunque può mettere in atto); 
  • la qualità formativa dipende dall’attivazione di specifici percorsi sulla tecnica di vendita, dall’utilizzo di metodi formativi efficaci quali role-playing e project-works, e dall’affiancamento con persone esperte e tutor; 
  • la motivazione ed impegno dipendono dai benefit e dalla remunerazione (materiale e immateriale: denaro e gratificazioni, possibilità di crescita), e dalla cultura aziendale che deve produrre obiettivi chiari e sistemi di controllo efficaci. 

In ultimo, i supporti logistici, la cui qualità dipende dai supporti materiali (auto, PC, agende, telefoni) e dalla organizzazione ottimale dei tempi e percorsi di visita (time management di vendita).

Come si può notare, al crescere del livello di dettaglio emergono sempre più da vicino le leve strategiche da toccare, i passi concreti e operativi che l’azienda competitiva può attivare.

In altre parole, il variables reasoning permette di arrivare alla radice di cosa determina i risultati, e costruire il cruscotto aziendale, la sala controllo dell’impresa, il quadro comandi della competitività.

Dopo aver costruito il proprio diagramma di relazioni sull’obiettivo, l’impresa saprà dove destinare le risorse, e come impostare un sistema competitivo permanente (il vero risultato ricercato dal metodo ALM).

Lo stesso procedimento, applicato allo studio di un problema (es: il calo di vendite) produce ulteriore ricchezza di analisi, evidenziando gli errori da evitare.

Prima di agire su un calo di vendita, dovremmo infatti essere ben sicuri se il calo sia da attribuire a noi (alla nostra organizzazione e capacità interna) o all’andamento del mercato (domanda globale in calo o recessione) o ad entrambi. In un caso, ricercheremo rimedi interni, nell’altro caso dovremo aprire un’altra serie di domande: il calo è momentaneo o permanente, riguarda noi o tutti, quanto durerà, quali ne sono i motivi, ci conviene rimanere in questo settore, che alternative pensare.

Agire su un problema quale un calo di vendita avendone identificato i fattori causali, produce un risultato non immediato, ma duraturo (ad esempio, agendo sulla qualificazione della rete di vendita e sulle modalità motivazionali profonde). 

Un rimedio immediato può essere raggiunto tramite interventi superficiali (es: promozioni sui prezzi), con l’effetto di non agire sulle cause profonde, e soprattutto di abituare il cliente ad un prezzo inferiore, il che rende difficile poi ritornare ai livelli di prezzo normali. Gli interventi non-causali, quindi, realizzano spesso più un danno che un risultato (al di là delle apparenze del momento).

Altri materiali su Comunicazione, Ascolto, Empatia, Potenziale Umano e Crescita Personale disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online