Tag

categorie di Hofstede

Browsing

Articolo estratto dal testo “Negoziazione Interculturale. Comunicazione oltre le barriere culturali“, copyright FrancoAngeli Editore e Daniele Trevisani, pubblicato con il permesso dell’autore.

__________

Come anticipato nell’articolo precedente, oggi ci concentreremo sull’analisi del metodo T2V (Trevisani 2 Variabili) cercando di superare la categorizzazione proposta da Hofstede, utile come base di partenza, ma limitante, poiché troppo chiusa e generalizzante.

In una prospettiva semiotica, l’ unità fondamentale di analisi ed il primo componente della comunicazione percepito durante l’ interazione è il segno, la più vasta categoria inclusiva di entità di significato. I segni sono ciò che emettiamo, e costituiscono il comportamento comunicativo esterno percepito da un ricevente o osservatore. Sono quindi segni i comportamenti verbali, i comportamenti non-verbali, la comunicazione scritta, i simboli, le immagini che utilizziamo per comunicare.

I segni (usati per comunicare) ed il significato della comunicazione, sono collegati da un codice di comunicazione, che a sua volta si compone di sottocodici.

Un codice di comunicazione quindi è inteso come sistema di regole impiegate per collegare le espressioni (qualsiasi segno usato per comunicare, sia verbale che non verbale) ai significati sottostanti.

La consapevolezza dei codici multipli della comunicazione è essenziale per la qualità comunicativa. Ogni comunicatore/negoziatore consapevole sa che il proprio corpo emette segnali in continuazione, e che questi segnali possono essere incongruenti o congruenti con i segnali verbali (parole o frasi dette).

Il problema dei codici comunicativi è soprattutto un problema di stile comunicativo, che richiede la scelta del tipo di linguaggio da utilizzare. Ogni negoziatore, ogni comunicatore, consapevolmente o meno, utilizza uno stile linguistico: lo stile si nota in ogni fase del discorso e della conversazione, in ogni comunicazione scritta e persino nei supporti fisici (materiali, oggetti).

La consapevolezza dei codici e degli stili utilizzati è indispensabile, poiché codici e stili possono essere antitetici o simili, funzionali o disfunzionali rispetto agli obiettivi.

Un secondo componente della cultura preso in considerazione nel modello 2V è “World-View” – la “visione del mondo”.

La visione del mondo è considerata negli studi antropologici come un insieme di credenze, valori e atteggiamenti, impiegati dagli attori sociali per interpretare e categorizzare la realtà, dando significato agli eventi, stabilire rapporti tra di essi e guidare il comportamento. Questi è un concetto talmente personale da essere difficilmente classificabile in schemi rigidi, tuttavia le esigenze (o tentativi) di fornire classificazioni hanno condotto alcuni scienziati sociali a produrre delle categorie attraverso le quali leggere le culture. Tra questi, esponiamo la classificazione di Hofstede, tra le più usate in letteratura.

Ricordiamo che queste categorie possono rappresentare un punto di partenza interessante per avviare una riflessione sulle differenze culturali. Tuttavia, il rischio che si produca una generalizzazione è elevato, e non è auspicabile usarle per fini predittivi automatici.

Più utile ci sembra ragionare su come queste ci possono aiutare a capire con chi abbiamo a che fare quando negoziamo, basandoci sui comportamenti concreti che osserviamo, e senza lasciarci annebbiare da automatismi di giudizio:

  1. Power distance: riguarda il grado con cui una cultura “mantiene le distanze” tra i diversi strati della popolazione, ma anche la rigidità delle gerarchie all’interno di una organizzazione. Secondo Hofstede, i paesi con low-power distance (come Canada, USA) sono ritenuti più egualitari nella distribuzione del potere, mentre i paesi con high power distance (Giappone, Sud Corea, Hong Kong, etc.) possiedono strutture organizzate in modo più gerarchico.
  2. Individualismo-collettivismo: le culture individualiste caratterizzano i sistemi nei quali i legami tra individui sono deboli, variano nel tempo, e ognuno deve badare sostanzialmente a se stesso, o al massimo alla propria famiglia ristretta. Le libertà individuali sono elevate, e la sicurezza sociale sostanzialmente scarsa, la possibilità di ascesa sociale e carriera elevata, così come il rischio di fallire e cadere senza reti e protezioni. Le culture collettiviste invece inglobano l’individuo nel gruppo, in modo molto coesivo, offrendogli protezione in cambio di lealtà e fedeltà, dando sicurezza ma limitando al tempo stesso la libertà di espressione e le deviazioni dalla norma. L’individuo è molto controllato.
  3. Mascolinità vs femminilità: questa dimensione ha dato luogo a molte controversie, perché considerata sessista e discriminatoria. La volontà di Hofstede era invece semplicemente di analizzare come categoria culturale un comportamento di genere, quale il “caring” (prendersi cura dei figli), derivante dalla storia biologica del genere umano femminile, vs. il ruolo maschile prototipico nelle società arcaiche legato alla difesa, agonismo, caccia e lotta.
  4. Uncertainty avoidance: l’evitazione dell’incertezza, la tolleranza dell’ambiguità. Distingue il bisogno di regole chiare, di procedure, di responsabilità lavorative ben identificate (alto grado di evitazione dell’incertezza), dalla capacità/condizione dell’agire in condizioni di regole incerte o imprecise, senza responsabilità ben identificate o in climi di caos organizzativo, o in ambienti poco strutturati (basso grado di evitazione dell’incertezza).
Metodo ALM

Accanto al metodo Hofstede, la comunicazione interculturale, vista nel metodo ALM, pone la sfida della “multiesistenzialità interna” – la nuova capacità di vivere in stati diversi della personalità assorbendo il meglio di culture diverse

Si può dire che la dimensione interculturale apre le porte a nuove frontiere dell’essere umano, che (almeno nelle società occidentali) per la prima volta nella storia può scegliere di aderire o meno ad una cultura, può modificare il proprio modo di essere e di vivere.

Visione del tempo, Long- vs. Short-Term Time Orientation

Il Time Orientation (orientamento temporale) distingue le culture in base alla propensione a ragionare e pianificare nel lungo periodo, vs. un orientamento “alla giornata”, e si correla a dimensioni quali il spiritualismo vs materialismo, la concezione religiosa della vita, il saper vivere in fasi meditative o solo in fasi attive.

Gli studi di Hofstede inoltre distinguono inoltre tra tempi monocronico e tempo multicronico.

Il tempo monocronico ha le seguenti caratteristiche

  • la tendenza a fare una cosa alla volta – una dopo l’altra, in modo lineare, un orientamento al lungo periodo, la dipendenza da agende e calendari;
  • nel tempo monocronico la precisione è generalmente premiata;
  • il tempo è spesso scarso, si è spesso in ritardo.

Il tempo multicronico invece è un tempo multi-tasking, non lineare, un orientamento al breve periodo, una vita vissuta senza agenda e calendario, la precisione è qualcosa di sospetto o al massimo irrilevante, il senso del tempo è ciclico (come nell’Induismo).

Nel metodo ALM si tende a distinguere la cultura dei tempi utilizzando in modo disgiunto la valutazione dei tempi psicologici singoli (monocronici) o la condizione del vivere in tempi psicologici multipli (multicronicità), la concentrazione sul compito (monotasking) o l’applicazione su più compiti (multitasking).

Altre dimensioni di differenza culturale

Altre dimensioni importanti da considerare nella visione del mondo per il metodo ALM sono:

  • cultura dei tempi personali e priorità temporali: inserire tra le priorità la ricerca di emozioni (goals intangibili) o di goals tangibili; il vissuto temporale e le dominanze temporali, la consapevolezza delle differenze tra cultura personale (dell’individuo), cultura organizzativa e cultura nazionale.
  • le credenze religiose
  • le ideologie politiche;
  • la concezione dell’essere umano e il motivo profondo dell’esistenza;
  • la concezione dei rapporti interpersonali
  • la concezione dei rapporti tra uomo e natura, il grado di spiritualità vs. materialismo;
  • l’orientamento all’interno (autoesplorazione, esplorazione del mondo interno e psicologico, introspezione) vs. l’orientamento all’esterno (esplorazione del mondo esterno);
  • l’orientamento all’essere vs. l’orientamento all’avere;
  • l’orientamento verso la positività o la negatività;
  • l’orientamento al passato, al presente o al futuro
  • la competitività personale e l’orientamento verso la competitività;
  • l’egocentrismo, etnocentrismo, egoismo, centratura sul self o sui propri bisogni, vs. eterocentrismo, altruismo, centratura anche sull’altro e sui bisogni altrui.
Metodo T2V

Unendo le due variabili culturali, codice comunicativo e visione del mondo, in una matrice, possiamo identificare quattro situazioni ipotetiche di comunicazione (COMSITS):

  1. COMSIT A è definita come “ stesso codice comunicativo – stessa visione del mondo”. Il processo di comunicazione è facile e senza problematiche, poiché abbiamo precisione nello scambio di informazioni e ‘accordo sugli obiettivi. Questa circostanza è, tuttavia, solo ipotetica, poiché le differenze di codice di comunicazione si presentano in vari gradi in ogni processo umano di comunicazione.
  2. COMSIT B (codice completamente differente – stessa visione del mondo) rappresenta il caso in cui l’ostacolo alla comunicazione è dato dalla mancanza di codice di comunicazione comune (linguaggio comune). Il problema è quindi unicamente linguistico, le persone non riescono a dialogare perché mancano di un sistema di comunicazione condiviso. Se un codice comune potesse essere fornito o appreso, la situazione si trasformerebbe in COMSIT ideale A.
  3. COMSIT C (stesso codice – visione completamente differente del mondo) rappresenta il caso ipotetico in cui le difficoltà di comunicazione risultano da una mancanza di condivisione nella visione del mondo. Gli elementi di diversità possono riguardare opinioni, atteggiamenti, credenze e valori. L’esito della comunicazione è quindi fallimentare, a meno che una delle due parti, o entrambe, non siano disposte a rivedere alcune posizioni.
  4. COMSIT D (codice completamente differente – visione del mondo completamente differente) è la situazione ipotetica in cui la comunicazione viene disturbata per due motivi: dal punto di vista tecnico, la mancanza di codice comune non consente lo scambio di informazioni, e se anche se un codice comune potesse essere fornito, una visione completamente differente del mondo condurrebbe alla situazione precedentemente identificata come COMSIT C, caratterizzata da una mancanza di accordo.

Riassumendo, secondo il modello T2V, il risultato della comunicazione, inteso come efficienza comunicativa nello scambio di informazioni, ed efficacia nel raggiungimento di un accordo, si correla negativamente alle differenze nel codice usato e alle differenze nella visione del mondo. Al crescere della similarità di codici comunicativi e di visione del mondo, aumentano invece le probabilità di successo.

libro "Negoziazione Interculturale" di Daniele Trevisani

Per approfondimenti vedi: