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© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategie di comunicazione e marketing. Un metodo in 12 punti per campagne di comunicazione persuasiva”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

I fattori primari dell’impatto comunicativo : reach, frequency, continuity e message quality

I fattori minimi sui quali incentrare la strategia di progetto ed il budget di comunicazione nel Communication Planning, sono dati dai seguenti parametri : 

  • reach (quanti soggetti vogliamo raggiungere nella campagna di comunicazione o nel progetto) 
  • frequency (con che frequenza li vogliamo contattare) 
  • continuity (arco di tempo complessivo della campagna di comunicazione). 

I parametri di budget variano inoltre in funzione della qualità del contenuto e delle forme del messaggio :

  • message quality.

In termini di planning della comunicazione e altri interventi di formazione e marketing, essere incisivi richiede la capacità di focalizzare gli sforzi su meno prospects ma con azioni efficaci e professionali che privilegiano la Message Quality. 

Ogni messaggio richiede un canale specifico, in quanto i canali di comunicazione possiedono, ciascuno, caratteristiche diverse.

Per ciascun canale occorre considerare la sua diversa capacità di raggiungere un numero basso o elevato di riceventi.

Esiste anche un altro tema, decisamente nuovo: il fatto che il canale sia o meno “di moda”, e la credibilità che vi si associa.

Ulteriore tema, la capacità monosensoriale o multisensoriale del canale, la sua possibilità di convogliare diversi livelli di comunicazione: solo scritta (una lettera), solo verbale (il telefono), multimediale (comunicazione tramite video, videoconferenza o web) o multisensoriale (comunicazione interpersonale); 

I canali hanno anche gradi di credibilità diversi. Un canale può influenzare la percezione della credibilità del messaggio (es, un paper scientifico sulla rivista Science ha maggiore credibilità di un post scritto da un blogger qualsiasi sul tema scientifico), ma la credibilità è target-specifica: ogni target ha un proprio set di canali a cui crede o persone e testimonial a cui crede, per cui saperli coinvolgere in un endorsement del messaggio è estremamente positivo.

Saper creare osmosi d’immagine tra fonti autorevoli e il nostro messaggio è un fattore persuasivo forte.

Per l’aspetto delle economie comunicative, anche il budget conta.

La strategia dei canali evidenzia una priorità: evitare di diluire un budget su tempi troppo lunghi o su troppi soggetti ottenendo scarsi risultati da tutti. 

target

La comunicazione centrata sul cliente richiede la focalizzazione sulla qualità del messaggio prima di ogni altro fattore.

In particolare, esponiamo il seguente principio-guida :

La centratura e la copertura dei canali comunicativi

I principi che devono guidare la strategia dei canali comunicativi consistono in:

  • capacità di produrre messaggi che centrano il target (comunicazione in target) curando la centratura dei media rispetto ai soggetti da raggiungere (principio di centratura);
  • riduzione della quota di messaggi che centrano target inutili – comunicazione fuori target – (principio di riduzione degli sprechi comunicativi);
  • riduzione della quota di target non coperti dalla campagna di comunicazione (target scoperti), massimizzando il grado di copertura del target totale (principio di copertura ad ampio raggio del target).

Tempo e momento di elaborazione del messaggio, una questione di “finestre temporali”

Ogni campagna richiede attenzione al momento in cui il destinatario leggerà o vedrà o comunque sarà esposto al messaggio. 

E in quei pochi secondi, se la persona trova elementi che colpiscono il suo spirito, succederanno cose. In caso contrario, niente.

Un messaggio deve possedere “spirito”, non deve essere necessariamente bello, ma deve penetrare l’indifferenza.

“Nel mondo ci sono soltanto due forze, la spada e lo spirito. Alla lunga, la spada viene sempre vinta dallo spirito.”

Napoleone Bonaparte

Troppe campagne di comunicazione si basano su messaggi che funzionano solo come “ragionamenti” ma non nello “spirito”, possono essere anche belli visti sui monitor dei progettisti ma non colpiscono.

Molti contesti di ricezione del messaggio richiedono un tempo di attenzione ed elaborazione che supera la portata del media.

Ad esempio:

un cartellone autostradale offre realmente pochi secondi di tempo attentivo di elaborazione, da parte del conducente che viaggia a 130 km orari, una condizione non certo sufficiente a veicolare un messaggio scritto complesso. Molta pubblicità tramite affissione stradale – se analizzata alla luce del tempo cognitivo di attenzione disponibile – è ampiamente sbagliata: in alcuni casi i messaggi visivi emergono chiaramente, ma la componente attivazionale del messaggio (dove andare, cosa fare, dove rivolgersi per acquistare) è leggibile solo da un pedone, e non da un automobilista. 

Ogni media deve essere utilizzato per il contributo che può fornire, nella situazione d’uso reale. Non è pensabile creare un messaggio fruibile solo se visto sul monitor del grafico progettista, ma illeggibile dal cliente-target in condizione reale di fruizione.

Per messaggi elaborati e complessi, quindi, è necessario ricorrere ai veicoli comunicativi che possono trasmettere una quantità di informazione adeguata e utilizzare situazioni comunicative in cui il soggetto possa mettere a disposizione l’attenzione necessaria. Tra queste, la condizione della vendita personale è certamente quella che consente una maggiore quantità e qualità di flusso informativo e feedback, rispetto ad ogni altra forma comunicativa.

Un’ulteriore variabile da esaminare nel planning comunicativo è la condizione soggettiva in cui si trova il cliente. I clienti si trovano durante la giornata, il mese, l’anno, in condizioni diverse e a volte antitetiche: disponibili un momento, indisponibili l’attimo successivo, per i motivi più svariati. 

finestre temporali

Dobbiamo quindi capire quando si aprono le “finestre temporali” di bisogno e apertura mentale del cliente, poiché in quei momenti lo sforzo persuasivo necessario sarà molto minore.

La condizione di “chiusura al messaggio” è provocata da fattori esterni (forte rumore di fondo, presenza di persone che distraggono) o interni (malessere, gioia ed eccitazione, dolore fisico o psicologico) e queste condizioni richiedono al comunicatore la capacità di capire quando si aprono le finestre temporali in cui comunicare, e quando queste finestre temporali sono chiuse. Un proverbio recita “non vi è peggior sordo di chi non vuol sentire”, ma, altrettanto: “non vi è peggior comunicatore di colui che continua a parlare a qualcuno che non lo sta ascoltando”.

Caratteristiche tecniche ed emozionali dei canali comunicativi

Ogni canale comunicativo si qualifica sia in termine di portata fisica (quante informazioni può trasmettere) che in termini di “valenza emotiva”, di significati che esso può trasferire sul piano affettivo. 

Una caratteristica primaria dei canali comunicativi è la “portata informativa”, o capacità del canale, la quale produce una maggiore o minore adeguatezza del canale al messaggio. La portata informativa è un concetto fisico, e si riferisce alla quantità e qualità di informazioni che un canale può veicolare, per unità di tempo.

In termini di portata, i canali di comunicazione interpersonali sono estremamente più capienti in quanto utilizzano sistemi comunicativi molteplici: visivo, olfattivo, uditivo, tattile. Posture, sguardi, movimenti, commenti paralinguistici, si addizionano alla componente verbale e la arricchiscono. 

Rispetto ad un semplice testo scritto, inoltre, il canale interpersonale si presta ad un feedback immediato. Al contrario, altri media (quali una lettera o uno spot) si prestano a trasmettere minori quantità di informazione, e non consentono feedback e retro-feedback immediati.

La scelta del canale diventa delicata quando valutiamo non solo la sua portata e capienza fisica, ma la sua adeguatezza relazionale verso il messaggio che vogliamo trasmettere. Offrire una rosa comunica emozioni più di mille parole. Le azioni personali comunicano emozioni molto più dei testi o dei video.

Questo metaforicamente vale anche per la comunicazione aziendale: i canali sono diversi tra loro anche dal punto di vista della adeguatezza relazionale.

sensitivity

La channel sensitivity rappresenta la capacità di capire quale sia il canale giusto per il messaggio partendo dalla situazione relazionale che vogliamo creare: se pretendiamo che una e-mail conduca una negoziazione abbiamo compiuto un errore di channel sensitivity: la negoziazione richiede presenza umana e ascolto attivo, non capirlo significa compiere un errore di insensibilità alle caratteristiche del canale.

Allo stesso tempo, è inutile convocare una riunione puramente informativa per trasmettere informazioni che possono essere più efficacemente veicolate da un testo scritto. 

Tutto cambia invece se si tratta di una riunione decisionale o di ascolto, in cui la componente di interazione tra i presenti assume peso rilevante.

Il canale quindi ha una propria sensibilità e adeguatezza rispetto ai contenuti, non è un puro “veicolo” adatto a qualsiasi messaggio.

In particolare, esponiamo il seguente principio-guida :

Il Timing comunicativo e l’adeguatezza del canale

L’efficacia della comunicazione aziendale si correla:

  • alla scelta dei momenti adeguati in cui emettere i messaggi (timing della comunicazione, finestre temporali) considerando le variazioni dello stato del ricevente (emotivo, fisico, psicologico, variazioni dei bisogni, ciclicità e occorrenze particolari) durante la giornata, la settimana, le stagioni, l’anno e periodi superiori;
  • alla scelta dei canali adeguati in funzione del tipo di messaggio (principio di portata e adeguatezza del canale). 
  • Deve essere considerata la natura del messaggio, il tipo di messaggio (relazionale, emozionale, o informativo), il tempo di attenzione e cognizione necessario, le caratteristiche del ricevente e la condizione del ricevente nel momento di ricezione, la maggiore o minore permeabilità psicologica, la necessità di feedback ed interazione comunicativa.

Le relazione tra la strategia del messaggio e la strategia dei canali

La strategia del messaggio (message strategy), deve assolutamente precedere strategicamente la scelta dei canali (channel strategy e media strategy). 

La scelta di canale deve adattarsi agli obiettivi e non viceversa. 

channel

Se per un dato messaggio di campagna (campaign message) il canale giusto era una combinazione di telemarketing e vendita personale (communication mix della campagna), sarebbe stato giusto partire dalla domanda “quale media utilizziamo?”, per poi adattare ad esso il  messaggio. NO.

L’approccio communication planning prevede quindi una totale elasticità verso i canali comunicativi. Ogni possibile canale è incluso a priori nel consideration-set di partenza, senza preferenze politiche o affezioni ideologiche, o ancor peggio, preferenze di comodo. Purtroppo riscontriamo troppi casi in cui vengono utilizzati solo i canali (1) dai quali l’agenzia o il consulente ricava reddito, o (2) vengono proposti solo i canali disponibili, facendoli passare come i migliori (come il negoziante che consigli un modello essendogli in realtà rimasto in magazzino da troppo tempo e non avendo altro da proporre).

L’approccio corretto richiede il focusing sul risultato, non sul media (il media è solo uno strumento) e la successiva ricerca dei fornitori per il mix di comunicazione da produrre. 

La competitività aziendale dipende anche dalla costruzione attiva di una strategia dei fornitori di servizi di comunicazione e formazione.

L’azienda deve disporre (1) di un parco-fornitori ampio e specializzato, dal quale poter attingere per ogni possibile occorrenza, e (2) di consulenti di processo aziendale, esperti esterni in comunicazione che possano imparzialmente e professionalmente saper accompagnare le scelte strategiche dell’azienda senza indossare paraocchi.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategie di comunicazione e marketing. Un metodo in 12 punti per campagne di comunicazione persuasiva”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

I confini comunicazionali della campagna

confini comunicazionali selezionano chiaramente il target, lo descrivono e lo separano da altri target o altri soggetti che – pur interessanti – non sono oggetto delle attenzioni di questa campagna.

La campagna è per definizione un’azione su un target molto specifico e localizzato.

target

I confini della campagna devono essere fissati considerando la fattibilità e le risorse in campo, e un periodo di tempo preciso, che non può in genere andare oltre l’anno di tempo. Il motivo per cui non è conveniente estendere troppo la durata della campagna è che la situation analysis (su cui si basa la campagna) evolve rapidamente, e quindi i presupposti iniziali potrebbero essere molto cambiati anche solo a distanza di un semestre. Il bimestre o trimestre – i 60 o 90 giorni di tempo per fare una intera campagna (come tempo medio) – forzano l’organizzazione a stringere il campo su un target ristretto ma chiaro.

Distinguiamo quindi nettamente una campagna di comunicazione da un programma permanente di comunicazione, per evitare confusioni.

Se un obiettivo è molto ampio e il budget elevato, è molto meglio suddividerlo in più campagne specifiche, delimitate, ristrette, controllabili, anziché produrre azioni mastodontiche e dispersive.

Molti amministratori  o manager – per incapacità o in malafede – fissano volutamente obiettivi confusi e scarsamente delimitati, per sfuggire al controllo di risultato che invece una campagna focalizzata permette di praticare.

I confini dell’azione possono anche essere rifiutati da funzionari o consulenti che non desiderano rendicontare il proprio operato (scarsa Accountability). Questo atteggiamento è negativo per tutti. 

Molto più produttivi risulta invece un patto tra (1) funzionari, leader (e altri membri del team di campagna) e (2) finanziatori della campagna – finalizzato ad ottenere (ed esigere duramente, se necessario) le risorse adeguate agli obiettivi di campagna da raggiungere. 

I project leader devono assolutamente rifiutare obiettivi di campagna che non abbiano adeguata copertura di risorse. Devono quindi costruire una lista di risorse necessarie (lista della spesa) per coprire ogni azione prevista entro i confini della campagna.

Ricerca sui target primari

Il team di progetto dovrà conoscere ogni aspetto critico del target da raggiungere.

Per le campagne al consumatore diretto B2C, si include in genere il profilo sociodemografico (età, sesso, titoli di studio, residenza, gruppo etnico, professione) e i profili psicografici (stili di vita, preferenze politiche, abitudini e atteggiamenti).

Variabili di segmentazione sociodemografica nel B2C

  • Sesso
  • Età
  • Titolo di studio
  • Zona di residenza
  • Gruppo etnico di appartenenza
  • Reddito
  • Professione

Variabili di segmentazione psicografica nel B2C

  • Atteggiamenti
  • Cultura – identità
  • Valori umani e sociali
  • Stili di vita (lifestyles)
  • Comportamenti e abitudini
  • Personalità
  • Religione d’appartenenza, grado di religiosità
  • Umori, stati umorali ed emotivi
  • Appartenenza politica
  • Weltanschauung – visione del mondo
  • Propensione al rischio
  • Need-for-uniqueness (bisogno di unicità, bisogno di differenziazione)
  • Way-of-buying (comportamenti d’acquisto, modalità e culture d’acquisto)

Nelle campagne B2B è importante definire quali sono le modalità di acquisto, i ruoli di acquisto, gli influenzatori, i comportamenti passati e le motivazioni di base, le possibili leve di vendita che faranno scaturire l’intenzione comportamentale, gli ostacoli ed obiezioni che incontreremo.

Variabili oggettive per la segmentazione B2B

  • Numero di dipendenti
  • Fatturato – classe di fatturato
  • Variazioni di fatturato sugli anni precedenti
  • Zona di insediamento
  • Nazione di appartenenza
  • Settore merceologico
  • Appartenenze ad associazioni di categoria
  • Esportatore o meno, e quanto

Variabili qualitative per la segmentazione B2B

  • Tipologie di acquisto (gara tra fornitori, appalto, acquisto per amicizie, acquisto imitativo, etc)
  • Climi aziendali e organizzativi
  • Culture aziendali.

Quando la campagna di comunicazione è orientata alle vendite, dovrà essere compreso quale way-of-buying adotta il consumatore, quali obiezioni latenti esistono verso i messaggi, come saranno recepiti i messaggi, considerando la struttura mentale del target.

Dovremo inoltre capire se il target è omogeneo o disomogeneo, e quindi se sarà sufficiente un messaggio ad ampia copertura o occorra predisporre messaggi segmentati, tarati sulle singole audience.

Se affrontiamo una campagna di vendita acquisitiva, dovremo sapere presso chi si rivolge oggi il cliente, se ha già dei fornitori, come li ricerca, come decide, chi decide all’interno dell’organizzazione e chi sono gli influenzatori, e numerose altre variabili.

target

La ricerca sui target primari trae vantaggio dalla realizzazione di azioni di ricerca mirata, su piccoli campioni di componenti del target, per produrre un quadro descrittivo sufficientemente nitido, un quadro che permetta di evitare grossolani errori che spesso si praticano nella comunicazione aziendale quando manca un’analisi accurata del target.

Target audience secondari e opinion leaders

Come abbiamo già sottolineato, il comportamento è sempre influenzato a qualche livello dalle aspettative altrui e da gruppi di riferimento o persone vicine. 

In diverse situazioni, comunicare verso gli opinion leaders o verso gli influenzatori è indispensabile per rimuovere blocchi che impediscono l’adozione di nuovi comportamenti e atteggiamenti, o per ottenere dei “lasciapassare comportamentali” che rimuovono veti psicologici latenti.

La ricerca sui sistemi di influenza e sulle reti di influenza è quindi indispensabile per capire a chi altri comunicare, con quali messaggi e con quali media.

Le campagne di comunicazione efficaci richiedono la comprensione della mappa dei poteri e delle relazioni nella quale si inserisce il soggetto target.

Ad esempio, nel campo della promozione dello sport per anziani, è stato notato da ricerche condotte dall’autore per conto di un’associazione nazionale di promozione sportiva, come la comunicazione verso gli anziani stessi sia ampiamente insufficiente se non avvengono azioni su influenzatori quali i medici di base e i membri della famiglia. Altre importanti funzioni di rinforzo sono svolte inoltre dai gruppi associativi quali i circoli per anziani e i sindacati di anziani, il cui supporto diventa determinante per consolidare l’efficacia dei messaggi.

Dimenticare l’esistenza di questi soggetti è un grave errore strategico.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategie di comunicazione e marketing. Un metodo in 12 punti per campagne di comunicazione persuasiva”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Competenza tecnica e qualificazione dei membri interni ed esterni del Campaign Team

Di assoluta importanza e priorità è decidere quali siano i confini dei ruoli : chi deciderà la strategia del messaggio? Il creativo o lo psicologo, o il direttore commerciale? 

Se non chiariamo prima i confini del “chi fa cosa” la campagna sarà un continuo susseguirsi di rimpalli di responsabilità o lotte di potere, e in un caso o nell’altro non ne uscirà nulla di buono.

In ogni organizzazione la certezza della responsabilità nominale (un nome per ogni responsabilità) è un ingrediente fondamentale.

Nessun titolare d’azienda si affiderebbe ad un idraulico per un’operazione al cuore, e la comunicazione aziendale è materia altrettanto delicata. 

La comunicazione punta al cuore dell’azienda e al cuore del cliente.

Sbagliare la comunicazione produce danni. Gli errori costano cari. 

Per gestire una campagna di comunicazione dobbiamo quindi definire competenze scientifiche e di coordinamento forti, e delegare solo i compiti veramente amministrativi a chi ha competenze amministrative. Dobbiamo inoltre capire che molte competenze prima giudicate amministrative sono in realtà comunicazionali. 

Il fatto di considerare un operatore di telemarketing come amministrativo è un errore, in quanto il telemarketing è attività comunicazionale che richiede forti skills verbali, paralinguistiche e di ascolto, un training adeguato, e una selezione di partenza forte. Lo stesso vale per la vendita diretta.

Ancora di più vale per il Key Leader Engagement, la dove abbiamo persone fisiche che vanno ad ingaggiare leader e decisori. La preparazione deve essere massima.

Ogni campagna di comunicazione deve costruirsi sulle basi di un pool manageriale, tecnico e scientifico dalla consolidata esperienza e capacità.

I ruoli e le funzioni più importanti nell’impostazione di una campagna di comunicazione aziendale sono connessi alle sue diverse fasi. 

Mentre nelle grandi campagne di comunicazione, che dispongono di budget elevati, è opportuno che i ruoli siano assunti da diverse persone, nelle campagne di comunicazione e nelle campagne commerciali delle PMI è invece possibile accorpare diverse funzioni in più persone, considerando la realtà delle risorse disponibili.

In questo caso (accorpamento di più ruoli) dovremmo comunque distinguere quale “cappello” il soggetto stia vestendo nei diversi momenti della campagna, per evitare di confondere le responsabilità, che devono invece rimanere separate.

I ruoli e le funzioni principali della campagna di comunicazione

  • Direttore commerciale, direttore marketing, o titolare/proprietà: il direttore commerciale o direttore marketing (in alcuni casi la proprietà stessa) deve esplicitare il risultato da raggiungere in termini aziendalistici e verificare tramite le sue conoscenze dirette del mercato la fattibilità di alcune fasi della campagna. È il referente verso il quale la campagna deve produrre risultati.
  • Consulente in comunicazione: il consulente deve agire da direttore scientifico, facilitatore di processo e referente tecnico, esponendo le linee guida da seguire. Tra i suoi compiti si inseriscono la fissazione dei communication goals in accordo con la direzione commerciale, la supervisione scientifica dei processi di ricerca, message planning e communication planning, pre-test e verifiche di risultato, e la definizione della channel strategy.
  • Creativo: il creativo può ricevere il compito di elaborare un messaggio che concretizzi la linea di azione comunicativa decisa strategicamente dalla direzione e dai consulenti.
  • Copywriter: il copy è responsabile della redazione dei testi, e in alcuni casi della realizzazione degli scripts (strutture di comunicazione).
  • Ricercatore/analista: ha il compito di curare progetti di ricerca e realizzare raccolte dati (primari o secondari) che facciano luce sul problema, svolgendo inoltre le necessarie ricerche sui target primari e secondari. Se dotato di skills elevate, possiede le competenze per realizzare i test sperimentali di efficacia del messaggio (pre-test), ricerche qualitative e verifiche di risultato (post-campagna). Deve compiere analisi qualitative e/o quantitative.
  • Media-planner (solo nei casi di campagne tramite mass-media): ha il compito di verificare la disponibilità dei media e acquistare gli spazi media, considerando i  tempi e momenti di esposizione esatti nei quali il messaggio deve uscire, e i canali/media sui quali si intende comparire.
  • Key Leader Engagement Specialist (KLE): ha il compito di ingaggiare, contattare le persone chiave, i decision makers, gli influenzatori, e quando vi sono più Engager, gestire le operazioni di KLE e coordinarle
  • Project manager: ha il compito di coordinare le diverse risorse umane, i tempi e le risorse di progetto.
  • Finanziatore: reperisce le risorse per le diverse fasi. Può essere il titolare o un manager che gestisce un budget. Il più grave errore che può compiere è ricercare risultati elevati stirando un budget risicato su molteplici obiettivi, senza raggiungerne alcuno.

Partner potenziali e loro ruolo nella campagna di comunicazione

Molti progetti richiedono la presenza di partner qualificati. I partner possono essere sia strutture pubbliche e private, enti o aziende, consulenti o associazioni, fornitori o clienti, e altre entità cointeressate alla realizzazione degli obiettivi di progetto. 

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I partner devono avere ritorni forti e responsabilità accettate in modo altrettanto forte e chiaro.

E’ facile ignorare la responsabilità quando si è soltanto un anello intermedio in una catena di azioni.

Stanley Milgram

La costruzione di un network di progetto funge da facilitatore ed aumenta il peso politico dello stesso. Per un’azienda produttrice di utensili, riuscire a realizzare una campagna commerciale con il supporto o senza il supporto dei sui principali fornitori produce effetti decisamente diversi. Quando si riesce a creare una “cordata” di enti, aziende, persone, interessate agli esiti del progetto, il progetto ha più motori e più propulsori.

Per un club sportivo intenzionato a promuovere una nuova disciplina, il supporto di una federazione nazionale (che faccia sentire il proprio peso politico, e organizzi una dimostrazione pratica con atleti di alto livello) può fare la differenza.

Per un produttore di software, poter disporre di testimonianze dei principali clienti sui benefici ottenuti grazie alle soluzioni progettate, farli partecipare di persona come testimonial di un evento informativo, rappresenta un fattore critico di successo. In tutti questi casi, la sinergia tra attori di mercato aumenta il risultato finale dell’operazione.

Nel caso precedentemente riportato (l’azienda Secure) la campagna commerciale per la sicurezza degli stabilimenti chimici aveva negli Assessori all’ambiente e Sindaci dei comuni del territorio un cardine fondamentale, sia per il potere di boicottaggio che essi potevano assumere verso gli “inadempienti” alla fase di verifica della sicurezza in azienda, che per il potere di facilitazione del progetto o di co-finanziamento.

Deve essere tuttavia evitata la frammentazione decisionale: uno specifico ente o azienda – uno solo – deve assumere la leadership di progetto e i partner devono accettare le regole decise dal Project Leader.

Nella definizione delle partnership il problema principale dell’azienda è quello della motivazione dei partner stessi. Il leader deve porsi il problema di collocare – sul piatto della bilancia – ritorni importanti, inclusa l’immagine del far parte del progetto ma anche la visibilità, opzioni di incremento delle vendite, e altri ritorni, che siano in grado di motivare e incoraggiare un’effettiva partecipazione dei partner. 

La partecipazione dei partner può essere ripagata tramite ritorni d’immagine chiari (presenza del logo su ogni comunicazione) e/o anche tramite aumenti di vendite verificabili, e altre forme di ritorno per cui i partner non stiano solo “facendo un favore” (“nessuno fa niente per niente”, è un detto decisamente applicabile nel campo del business), ma ricavino concreti benefici dal partecipare alla campagna.

In un certo senso, la vendita del progetto ai partner è un sotto-piano di comunicazione innestato nella campagna. Se questo fallisce l’azienda si troverà a gestire la campagna da sola, contando su risorse e apporti esterni che non perverranno mai.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

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I punti chiave che determinano il successo di una campagna

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Le persone non comprano prodotti e servizi, ma relazioni, storie e magia
Seth Godin

Esponiamo di seguito la struttura di una campagna di comunicazione utilizzabile per un approccio organizzato al Communication Planning.

  1. Titolo: una buona campagna deve avere un titolo, una sigla o acronimo che permetta di identificarla. Dare un titolo significativo è uno dei primi e più trascurati problemi di management comunicativo
  2. Problem Setting,  Situation Analysis – Mission e Obiettivi (P.S.M.): Ogni campagna deve agire su problemi o obiettivi, è quindi necessario passare da definizioni vaghe o imprecise ad una esatta definizione del problema che genera il bisogno di fare una campagna o attività
  3. Team di progetto: Definire il Project Leader, i membri del team, i loro confini di ruolo, il loro motivo di inclusione nella campagna e le attese nei loro riguardi
  4. Partners: quali enti o associazioni o aziende coinvolgere, chi può collaborare e portare contributi? Come incoraggiare e motivare i partners? 
  5. Target Audience Primarie: quali sono i destinatari principali? Se si tratta di una campagna di comunicazione, a chi vogliamo comunicare, per ottenere o cambiare cosa?
  6. Target Audience Secondarie: a chi altri è necessario comunicare per rinforzare il risultato o renderlo possibile. Esistono influenzatori e opinion leaders che dovremmo “toccare”?
  7. Communication Goals: passare da un generico obiettivo ad un goal misurabile permette di fissare le azioni sul campo e valutare la qualità delle strategie. La fissazione dei goals richiede la produzione di variabili-target (su cosa voglio vedere effetti) e proposizioni dettagliate di risultato. Es, numero di click, cambiamenti nella percezione, numero di vendite attivate nel periodo di campagna… qualsiasi obiettivo può essere fissato purché misurabile o inquadrabile.
  8. Message Strategy, “Narrative Strategy”, “Storytelling” (“Battle for the Narratives”): La strategia del messaggio si pone il problema di quale sia la stimolazione adeguata, quali messaggi inviare e perché. Quale “storia” si sta veicolando? Contro quale storia alternativa stiamo combattendo? Es., la “storia” che ci vuole azienda locale che deve limitarsi ai piccoli clienti locali vs. la storia di un’azienda artigiana di lusso in grado di servire ogni cliente nel mondo? La storia che siamo una multinazionale cattiva che fa del male al mondo o la storia che siamo un’azienda che studia prodotti che possono cambiarlo questo mondo? Esistono poi le auto-storie, le auto-rappresentazioni: come ti vedi, come vedi te stesso, e come questo incide su quanto racconti, su come comunichi? E come cambiare in meglio? Ogni comunicazione ha dietro di se una storia ed è sempre in corso una “battaglia” per quale storia avrà il sopravvento. Di questa storia, di questo messaggio, chi ne sono i protagonisti? Problemi concreti diventano: quale stile di comunicazione utilizzare (es: ironico, poetico, manageriale, informativo, emotivo…), quali argomentazioni, quali informazioni inserire, come organizzare le parti del messaggio, il timeline della comunicazione, e quindi il tipo e struttura del messaggio. Far uscire la “storia” giusta significa fare una buona pianificazione della psicologia del messaggio, base di ogni risultato.
  9. Channel Strategy – per far sì che il messaggio arrivi è necessario ricorrere a canali comunicativi, siano essi persone, mass media o canali social, direct marketing, mailing, fiere, eventi, convegni, incontri fisici, o elettronici e online, videoconferenze e ogni altro media che emergerà in futuro, senza mai dimenticare il media più antico, l’incontro umano (tecnicamente chiamato Key Leader Engagement quando applicato alla comunicazione persuasiva). È necessario quindi fissare i canali comunicativi da utilizzare, media primari e secondari, e il media-mix. La strategia dei media deve essere “command driven” (seguire una linea strategica impostata), e utilizzare una “matrice di sincronizzazione” (Synchronization Matrix) in cui tutti i mezzi di comunicazione, di informazione, di delivery (consegna di messaggi), e di contatto umano, vengano compresi e sincronizzati. Sincronizzare le attività comunicative e tutti i media elettronici e umani è di assoluta necessità, perché ogni azione ha bisogno delle azioni di supporto che la accompagnano in un esatto, preciso momento del tempo. Ogni campagna ha bisogno di sostegno, e come in un cantiere, quando manca sostegno, o non c’è sincronizzazione tra le azioni degli operai in azione, l’impalcatura cade.
  10. Sistema di valutazione. Per capire se la campagna ha funzionato è necessario poter misurare, far riferimento ai goals prima definiti. Ricavare feedback permette anche di tarare in corso d’opera, per quanto possibile, i temi e messaggi, i canali e i veicoli comunicativi. La difficoltà nel valutare la comunicazione consiste soprattutto nel misurare sia i risultati tangibili che quelli intangibili ma comunque accaduti. La Activation Research misura quanti clienti o altri soggetti sono stati “attivati” e da quale canale. Questo permette di valutare l’efficacia dei vari canali e iniziative utilizzate e ottimizzare le campagne per il futuro.
  11. Project Management. Una campagna mette sul campo una serie di risorse, uomini e mezzi, investimenti, impegni, che devono essere coordinati dall’alto e seguiti. Il project management definisce fasi, tempi e responsabilità, all’interno di una matrice di coordinazione (Coordination Matrix).
  12. Budgeting – per una campagna servono risorse, e quindi è necessario avere una stima adeguata dei costi di tutte le operazioni e delle risorse per le diverse fasi, capire quali saranno le fonti di finanziamento e assicurarsi che la campagna non si interrompa sprecando tutte le azioni precedenti.
idea

Il valore di un’idea sta nel metterla in pratica.

Thomas A. Edison

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La strategia di comunicazione

Una strategia di comunicazione efficace richiede attenzione a diversi elementi.

Esponiamo alcuni dei passaggi e nodi critici:

  1. Identificazione del target – pubblico obiettivo (target di marketing e target di comunicazione). Da chi voglio ottenere qualcosa?
  2. Determinazione degli obiettivi di comunicazione: è necessario identificare con precisione la risposta che si vuole ottenere dal pubblico. Cosa vogliamo ottenere? Dobbiamo chiarire cosa intendiamo produrre.
  3. Definizione del messaggio e del tema narrativo, attraverso la risoluzione di quattro problemi: 
    1. che cosa dire – contenuto: quale “storia” vogliamo raccontare?;
    1. come esprimerlo in modo logico, comprensibile e persuasivo – struttura dei messaggi;
    1. come comunicare a livello simbolico – formato simbolico ed emotivo, stile comunicativo adatto (es, poetico, ingegneristico, umanista, pragmatico, e altri); quali temi e simboli possono rappresentare la campagna?
    1. chi dovrà emetterlo – fonte.
  4. Scelta dei canali di comunicazione, definizione del mix adeguato tra:
    1. canali personali, vendita, esperti o opinion leader, canali umani;
    1. canali non personali, pubblicità, propaganda, pubbliche relazioni, web, social media, e altri.
  5. Gestione e coordinamento del personale e risorse attive nel processo di comunicazione (people management, project management).
  6. Definizione dello stanziamento totale, in base a: budget disponibile o residuale, percentuale sulle vendite; obiettivo da raggiungere.
  7. Misurazione dei risultati: occorre procedere ad accurate verifiche per analizzare se il messaggio sia stato colto e ricordato, come viene valutato, quali modificazioni conoscitive e/o comportamentali si sono verificate nell’atteggiamento verso il prodotto o l’impresa (o altro goal di campagna, qualsiasi essi siano).
la strategia di comunicazione

Communication Planning: programmare campagne marketing “centrate sul cliente”

Uno degli errori più gravi della comunicazione aziendale consiste nell’emettere messaggi incessantemente, realizzando flussi comunicativi disorganizzati, che perdono un senso dell’insieme e del risultato finale da ottenere. 

La quantità e il volume di fuoco prendono il posto dell’obiettivo da raggiungere. I “cannoni comunicativi” sparano a raffica, ma nel vuoto.

La comunicazione che procede senza l’utilizzo di campagne comunicative o di marketing è poco “centrata sul cliente”.

Il messaggio non incontra per niente il vissuto personale, i bisogni del cliente e la sfera di interessi dell’individuo.

Il tipico modo di dire “non mi tocca” è molto esplicito e chiaro per descrivere un messaggio che non incontra per niente il vissuto personale del cliente e la sfera di interessi dell’individuo : uno dei fattori più rilevanti è il grado di centratura della comunicazione sui bisogni del cliente

Al contrario, la campagna consente una focalizzazione maggiore sia sul messaggio che sul processo, un planning che si traduce in risultati superiori.

Il passaggio più significativo verso la qualità della comunicazione consiste nel trasformare una massa indistinta di messaggi (poniamo, quelli emessi durante un anno lavorativo) in una sequenza “campagne di comunicazione” orientate a risultati circoscritti, limitati, focalizzati. 

Il termine “campagna” nella sua accezione generale significa infatti “una serie di operazioni costruite attorno ad un particolare risultato”.

Una campagna di comunicazione o di pubbliche relazioni è uno sforzo organizzato per costruire relazioni e ottenere goals (basati sulla ricerca) attraverso l’applicazione di strategie comunicative e la misurazione dei risultati ottenuti[2].

Se non riesci a colpire il bersaglio non è mai colpa del bersaglio.

Anonimo

Una campagna di comunicazione o campagna commerciale ha il pregio di avere obiettivi e goals misurabili, scadenze e responsabilità precise, e, finalmente, “confini” delimitati.

strategia di comunicazione

Un’ulteriore caratteristica fondamentale del Communication Campaign Planning proviene dal basare la comunicazione sulla ricerca e non sull’improvvisazione.

Questa cultura comunicativa costringe l’organizzazione a dare alla comunicazione un approccio strutturato indispensabile per l’efficienza e per i risultati. Essa forza l’azienda ad adottare un metodo manageriale per comunicare, sostituendosi all’approccio approssimativo che caratterizza la comunicazione in molte culture organizzative.

Dal punto di vista aziendale, quindi, la gestione della comunicazione tramite campagne costituisce (oltre al risultato che produce sulle vendite) una vera e propria cura organizzativa.

Facendo alcuni esempi specifici:

Per un’impresa di servizi formativi (un centro di formazione manageriale, o un centro di formazione professionale), produrre una campagna di acquisizione clienti denominata “Progetto Engagement Direttori Risorse Umane Nord-Est” nel primo semestre, mentre per il secondo semestre un “Progetto Formazione Responsabili Qualità Aziende Chimiche” (proseguendo “per campagne” in funzione delle risorse presenti).

Per un’azienda di allestimenti fieristici: disaggregare il proprio operato commerciale in “Campagna acquisitiva aziende tessili Veneto” per il funzionario commerciale A, e “Campagna fidelizzativa clienti direzionali settore meccanico” per il funzionario B.

Per lo sviluppo del mercato, l’approccio Communication Campaign Planning richiede il passaggio da un’indistinta “Attività di comunicazione per l’anno xxx”, ad una serie di specifiche campagne settoriali, in cui identifichiamo chiari target e precisi obiettivi, limitati nel tempo e nello spazio, focalizzati, ed estremamente precisi e misurabili. E sopratttto, con responsabili chiari ed “empowered” ad agire con ogni mezzo, e a decidere.

La campagna non è un  metodo democratico, ma strategico.

Dove sono troppi a comandare, nasce la confusione. 

(Luigi Einaudi)

Il fatto che le attività coincidano con l’anno solare non ha alcuna importanza, anzi, non conta.

Il budget per la comunicazione trae un beneficio enorme di efficienza, soprattutto nelle PMI, nel passaggio da una comunicazione indistinta a campagne di comunicazione mirata. 

A parità di risorse i risultati ottenuti tramite Campaign Planning sono stati notati incrementi sino al doppio di risultato, in buona parte grazie allo sforzo di focalizzazione (focusing e ”narrowing down”) che il pensiero strategico di campagna richiede al management, per poi trasmettersi ai funzionari e professionisti impegnati sui progetti.

focus

L’approccio Communication Campaign Planning richiede un netto cambiamento di mentalità, e diventa anche un grande training manageriale sulla comunicazione: passare dalla concezione di comunicazione come attività destrutturata e secondaria, a quello della comunicazione come leva primaria dello sviluppo aziendale, che come tale richiede organizzazione, impegno, focalizzazione e volontà.

[1] Trevisani, Daniele (2003), Comportamento d’acquisto e comunicazione strategica, Franco Angeli editore, Milano.

[2] Vedi per un esame approfondito degli strumenti di “campagna” il trattato di Kendall, R. (1992). Public Relations Campaign Strategies: Planning for Implementation. Harper Collins Publisher, New York.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

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