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Articolo a cura della dott.ssa Ginevra Bighini, www.negoziazioneinterculturale.wordpress.com; mentoring a cura del dott. Daniele Trevisani, www.studiotrevisani.it

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Ci sono moltissime aree della comunicazione interculturale che spesso vengono date per scontate: una di queste è la musica. La musica infatti viene riconosciuta come linguaggio universale, eppure come mai certi brani si diffondono in tutto il mondo, mentre altri rimangono fermi alla cultura di origine che li ha prodotti? Cerchiamo di scoprirlo attraverso l’esempio attuale del K-POP.

Innanzitutto dobbiamo definire il termine K-POP o Korean Pop, che in italiano si traduce semplicemente con Pop Coreano. Questa parola fa riferimento in maniera più ampia alla musica popolare coreana, anche se negli ultimi anni, per i paesi occidentali, l’immagine mentale che si ricollega al K-POP è quello delle Idol bands, che hanno una nascita e uno sviluppo proprio rispetto al resto della musica popolare coreana.

Sono proprio queste boy bands e girl groups formate da Idols, adolescenti di bell’aspetto che vengono assunti da grandi agenzie di entertainment per formare gruppi musicali con l’obiettivo di raggiungere enorme popolarità, ad avere la meglio nel mercato musicale occidentale.

Prima di capire a cosa sia dovuto questo successo dobbiamo però ripercorrere brevemente alcuni eventi chiave della musica coreana:

  1. 1880 – 1900: alcuni brani occidentali arrivano in Corea e vengono riscritti in lingua coreana
  2. 1910 – 1945: l’occupazione giapponese permise la diffusione della musica popolare nipponica in Corea e la condizionò.
  3. 1945 – 1990: Nel ’45 termina la Guerra di Corea e, a causa delle numerose truppe americane stanziate in Corea e del sentimento anti giapponese, la musica pop americana si sostituisce a quella nipponica. Successivamente, dagli anni 60 in avanti, la produzione canora coreana trae spunto dal movimento hippy e si diffondono generi come trot e ballads.
  4. 1990 – 2000: all’inizio degli anni ’90 il K-POP come lo conosciamo noi oggi inizia a svilupparsi grazie alle nuove sperimentazioni musicali della band Seo Taiji and Boys, che fonde generi diversi provenienti dall’occidente, come il rap, l’hip-pop, rock, ecc… creando un mix giovane ed internazionale. Oltre alla fusione dei generi, il gruppo sfrutta coreografie di stampo hip-hop americano e testi di profonda criticità sociale indirizzati prevalentemente alle nuove generazioni. Nella seconda metà del decennio il presidente Lee Soo-man (MS Entertainment) trasformò il K-POP in un vero e proprio prodotto consumistico, che vide il successo degli H.O.T.. Seguendo la scia dell’ agenzia americana Motown Records, che aveva dato vita a gruppi come i Jackson Five, Lee Soo-man iniziò a raggruppare giovani coreani di bell’aspetto e a fornirgli un’educazione comunicativa e musicale (canto, ballo, ecc…) trasformandole in veri e propri prodotti commerciali.
  5. 2000 – oggi: nei primi anni del 2000 la Corea visse una periodo di recessione durante il quale le band sviluppatesi in precedenza si spensero. La crisi aveva permesso al governo di comprendere l’importanza della cultura coreana come possibile prodotto da esportare a livello globale e iniziò ad incentivare largamente diverse agenzie di intrattenimento. Nacquero così nuove band di Idols che con l’aiuto dei nuovi social media si espansero nel vicino mercato asiatico. Il boom del K-POP in Europa e negli USA arriva però nel 2012 con PSY e la sua “Gangnam Style”, che raggiunse 1 miliardo di visualizzazioni su YouTube, e successivamente nel 2017 con i BTS, prima band coreana a vincere il Billboard Music Award. Nel 2019 il mercato musicale coreano è stato indicato come sesto più grande al mondo dalla International Federation of the Phonographic Industry. (1)

Ma quali sono le caratteristiche che rendono questi brani così attraenti e fruibili al pubblico occidentale? Partiamo dal punto di vista visivo.

I bei ragazzi e le belle ragazze, le coreografie di stampo occidentale, i costumi ricercati e i video musicali complessi e curati alla perfezione che sfruttano colori sgargianti sono sicuramente un mix in grado di attirare l’occhio e, come sappiamo tutti, anche l’occhio vuole la sua parte.

Se da un lato c’è sicuramente un’attenzione specifica per l’immagine, dall’altra non è da sottovalutare lo stile comunicativo sfruttato nelle canzoni.

Come abbiamo già accennato in precedenza, il K-POP fa uso di un mix di generi diversi, normalmente tutti già molto popolari in occidente. Oltre a ciò sfrutta parole inglesi, soprattutto nei ritornelli, che rende i brani catchy: cantabili, orecchiabili e impossibili da dimenticare.

Gli stessi testi, nonostante parlino prettamente di problematiche sociali giovanili legate a contesti culturali coreani, vengono scritti spesso da compositori o produttori europei e americani, che sviluppano queste canzoni come dei veri e propri prodotti commerciali indirizzati al mercato globale e non più solo a quello coreano.

Da ciò possiamo concludere che il successo del K-POP sta proprio nella grande capacità comunicativa interculturale di questo genere musicale, in grado di trattare tematiche vicine agli adolescenti coreani, attraverso però uno stile musicale e visivo legato alla cultura occidentale.

Riuscire ad ascoltare la cultura altrui, ad assorbirne le qualità, mantenendo però la propria identità culturale intatta, è il segreto per vincere le barriere culturali dell’incomunicabilità.

i BTS

(1) https://it.wikipedia.org/wiki/K-pop

Articolo a cura della dott.ssa Ginevra Bighini, www.negoziazioneinterculturale.wordpress.com; mentoring a cura del dott. Daniele Trevisani, www.studiotrevisani.it