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© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategie di comunicazione e marketing. Un metodo in 12 punti per campagne di comunicazione persuasiva”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Il project management : fasi, tempi e responsabilità.

Il tema centrale di un programma di comunicazione strategica è il project management. Saper gestire progetti complessi (ma anche semplici) richiede tecnica, e questo vale anche per i progetti di comunicazione. 

project

Il project management competitivo, richiede una Information Superiority, una superiorità informativa rispetto al semplice buon senso e alla mediocrità, e persino superiorità rispetto ai competitor.

La gestione di una campagna non presenta sostanziali diversità rispetto ad ogni altra attività di project management. Con la differenza che a spostarsi non sono travi o bulloni, ma idee e tracce mentali.

Il project management, pertanto, si prefigge di :

  • dare struttura ai progetti
  • assegnare responsabilità
  • evidenziare i passaggi critici
  • tenere sotto controllo le scadenze
  • evidenziare le azioni di monitoraggio e dare ad esse una collocazione e responsabilità precisa nel progetto.
project

Al centro del PM si trovano alcune esigenze di base:

  1. disaggregare le fasi di un progetto in sotto-fasi (project breakdown), per identificare i task (compiti) e poterli assegnare a chi è più preparato ed in grado di svolgerli con successo;
  2. evidenziare i collegamenti tra task, per far si che le attività siano integrate e non scollegate;
  3. fissare date di inizio e date di conclusione per i diversi task, in caso contrario le attività si protrarranno all’infinito e senza concludere alcunché;
  4. identificare responsabili di fasi e sottofasi, con una chiarezza nominale, il che significa avere specifici nominativi di responsabili;
  5. definire chi funge da controllore di processo, da verificatore di scadenze e di stati di attuazione, da coordinatore tra task diversi. Senza quest’ultima condizione, ogni piano di project management è destinato a fallire:
  6. verificare i risultati in progress e a conclusione del progetto, per poter correggere gli errori di impostazione e accrescere continuamente la cultura manageriale di project management, facendola diventare un modo di essere dell’organizzazione.
diagrammi

La pianificazione della campagna utilizza metodi grafici e tabellari (diagrammi di Gantt), nei quali si specifica chi, fa cosa, quando e come, togliendo ogni spazio all’improvvisazione e alla ricusazione di responsabilità personali.

Il follow-up della campagna di comunicazione

Ogni campagna di comunicazione, se ben condotta, produce risultati. Anche piccoli, anche ritardati, anche inferiori, a volte superiori.

La fase di “ricaduta dei risultati” va esaminata attentamente

Include azioni di follow-up – azioni – orientate alla “raccolta di risultati” che si producono per effetto della campagna stessa.

Il problema del follow-up si presenta quando i risultati accadono in tempi esterni alla campagna stessa, o su target non programmati.

coltivare

Le azioni di comunicazione “coltivano” i risultati ma i frutti possono emergere in tempi remoti rispetto alla campagna stessa. 

Una delle indicazioni importanti da seguire è quella di includere una fase di follow-up come elemento della campagna stessa.

Ad esempio:

un team impegnato nel gestire una campagna di vendita, non potrà considerare la campagna “conclusa” dopo le fasi di contatto preliminare e le visite aziendali, ma sarà necessario includere un tempo (una settimana, due settimane) per la conclusione dei contatti avviati.

L’errore più grave è invece quello di lanciarsi in una campagna nuova, successiva, senza avere concluso la precedente.

In sintesi è necessario:

  • includere la fase di follow-up nella progettazione stessa della campagna (e quindi nella Gantizzazione): deve esistere un tempo preciso e delimitato (“tempo finito”) per le azioni di follow-up;
  • per le campagne di marketing: comunicare chiaramente al cliente che la campagna ha dei tempi, delle scadenze, e i benefici (es: promozioni particolari) sono ottenibili solo all’interno di questi tempi e non oltre (limiti motivanti ad agire entro un tempo predefinito).

Una riflessione conclusiva. Siamo tutti comunicatori, siamo nati per esserlo, siamo nati con strumenti di ogni tipo per comunicare. Basta solo scoprirlo, e lavorarci sopra. Abbiamo il destino e l’orgoglio. Lasciamoli fluire assieme.

tatoo

«In realtà, il processo d’individuazione è quel processo biologico…attraverso il quale ogni essere vivente diventa quello che è destinato a diventare fin dal principio». [3]

Talvolta, quando si è etichettati, quando si è marchiati, il nostro marchio diventa la nostra vocazione. (pag. 72)“– John Irving


Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

©Copyright. Estratto dal testo di Daniele Trevisani “Psicologia della libertà. Liberare le potenzialità delle persone”. Roma, Mediterranee. Articolo estratto dal testo e pubblicato con il permesso dell’autore.

Tre libertà mentali: scegliere le fonti informative, rielaborare l’informazione e trarre conclusioni, comunicare e trasmettere idee

Se qualcuno ti dice di “leggere solo quel giornale” o “guardare solo quel sito” e ti oscura tutto il resto, sta riducendo la tua libertà.

Se qualcuno ti impedisce di arrivare a qualche tua conclusione rielaborando le informazioni che stai raccogliendo, ti toglie libertà. Se qualcuno ti impedisce in modo palese o sotterraneo, di dire cosa pensi, ti sta togliendo la libertà di vivere.

Da questa semplice osservazione naturalistica, persino biologica, fisica, tangibile, derivano tre specifiche libertà mentali:

  1. libertà di scegliere le proprie fonti, libertà di accesso alle fonti informative, sia materiali che immateriali, strutturate o esperienziali. Chi può e vuole ampliare le proprie fonti informative, e i canali cui accedere, ha maggiore libertà di confrontare informazioni tra loro, di accedere a dati che altri vogliono tenerti nascosto o che non vorrebbero tu conoscessi, che si tratti della storia, della scienza, della condizione umana, del lavoro e di come si lavora, o di cosa valga nella vita;
  2. libertà di rielaborare l’informazione, cercare dissonanze e incongruenze, costruirsi un proprio quadro di verità e di coerenze rispetto alle informazioni che si possiedono. Libertà di cambiare idea e quadro mentale al variare delle informazioni in possesso, ai dati in ingresso e al repertorio di conoscenze che abbiamo. Questa libertà contiene anche un altro importantissimo “grado di libertà”: ripulirsi da idealizzazioni tossiche e identificazioni tossiche. In noi vivono modelli nobilitati o “idealizzazioni” – archetipi su cosa è giusto, che ci sono stati trasmessi come tali dall’educazione, dai media, o dall’esempio (es, l’imprenditore di successo che lavora sempre, non ha emozioni, e non sbaglia mai) ma a noi possono far male o non piacere. Oppure l’imprenditore tutto Champagne e Yacht. O l’imprenditore vittima del lavoro che non può e non deve staccare mai, perché suo padre e suo nonno prima di lui, lavoravano sempre. Connessa a questa, esiste la libertà di ispirarsi a nuovi archetipi, modelli di vita diversi, alternativi, più densi dei valori che vogliamo assimilare in noi e che vogliamo interpretare nella nostra unica vita. Questa libertà comprende sia valori intangibili, “idee” e pensieri, sino alla libertà materiale, nel modo di vestirsi, negli accessori da indossare, negli sport da praticare o di quali pratiche fare nella propria vita, e persino di dove abitare e che stile di vita praticare, e cosa fare delle proprie risorse limitate (soldi, tempo, attenzione).
  3. libertà di comunicare e trasmettere idee. La libertà sul cosa dire, sul come dirlo, sui canali da utilizzare, e soprattutto sul perché comunicare, decidere ad esempio di non aderire alla forma di comunicazione del “gossip” o al “dialogo attorno al nulla” del “consumatore medio”, ma di voler contribuire al progresso delle conoscenze, dal singolo individuo all’intera razza umana. 

In ognuna di queste libertà esiste una meta-libertà, una libertà che va oltre il livello dell’individuo e cerca il rispetto e il diritto della libertà altrui. 

Nei rapporti personali, la libertà di comunicare in modo sincero è in se buona, ma richiede intelligenza. Può diventare comunicazione inutilmente violenta se non si usano opportune formule di cortesia e si fraintende assertività con aggressività. 

Quando si confonde il “dire la verità” con il “faccio quello che mi pare di te e me ne frego dell’effetto che avrà su di te” siamo nell’ambito di una “libertà unilaterale” che non è corretta.

Ogni libertà in più richiede anche un’attenzione in più sull’uso di questa libertà nei riguardi degli altri.

Ma dovendo scegliere tra libertà di espressione e silenzio, meglio l’espressione. Il rischio di finire nella Spirale del Silenzio, è troppo alto.

Dittature e regimi si qualificano soprattutto per libertà unilaterale che pongono dal vertice verso i “vigilati”. La vigilanza su ciò che sai: filtrare le informazioni che tu devi sapere, impedirti l’accesso alle verità o fonti alternative, renderti impossibile o punire ogni tua deviazione dall’opinione del regime, impedirti di comunicare e dire ciò che pensi.

L’ignoranza produce caos, la conoscenza produce libertà

Daniele Trevisani

Una riflessione conclusiva. Siamo tutti nati liberi, siamo nati per esserlo, siamo nati con strumenti di ogni tipo per comunicare e affermarci. Bisogna scoprirlo, e lavorarci sopra. Abbiamo il destino e l’orgoglio. Lasciamoli fluire assieme.

«In realtà, il processo d’individuazione è quel processo biologico… attraverso il quale ogni essere vivente diventa quello che è destinato a diventare fin dal principio». [1]

Talvolta, quando si è etichettati, quando si è marchiati, il nostro marchio diventa la nostra vocazione. (pag. 72)“– John Irving


[1] (C.G.Jung, Opere, Vol. 11, p.294)

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