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metodo T2V

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Articolo estratto dal testo “Negoziazione Interculturale. Comunicazione oltre le barriere culturali“, copyright FrancoAngeli Editore e Daniele Trevisani, pubblicato con il permesso dell’autore.

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Sempre ricollegandoci al metodo T2V, nelle prossime righe osserveremo come la variabilità nel tempo e nello spazio delle differenze e delle similarità tra codici e visioni del mondo nella comunicazione interculturale, impedisca l’irrigidimento in quattro quadranti dei COMSITS e apra le porte ad una visione più fluida rappresentata da una nuova scala di misurazione.

L’esattezza dello scambio dell’informazione può essere migliorata riducendo la distanza lungo la dimensione “codice”, il che equivale alla riduzione della distanza linguistica.

L’ accordo invece può essere migliorato con la diminuzione del grado differenza fra comunicatori nei valori, miti, credenze, atteggiamenti e ideologie – differenze che possono avere conseguenze negative nel processo di comunicazione.

Il modello 2V può essere uno strumento utile per analizzare i tipi ipotetici di comunicazioni. Tuttavia, il codice e le dimensioni di visione del mondo dovrebbero essere considerati non sempre completamente differenti o completamente uguali, in quanto variando lungo un continuum di differenze/similarità.

In questa scala delle differenze nella comunicazione, riteniamo che le estremità dei due continuum (i COMSITS presentati) rappresentino soltanto i punti ipotetici e che nessun evento reale di comunicazione può essere situato in uno dei  quattro COMSITS “puri”.

In modo visivo, questo concetto di “gradualità” nelle differenze può essere rappresentato cancellando le separazioni fra i 4 quadranti ed inserendo piuttosto una scala di misurazione (rating scale):

Vediamo quindi i 4 assiomi da cui dipende l’ipotesi sottostante:

  • COMCOND 1) impossibilità di avere un codice di comunicazione completamente uguale tra due individui;
  • COMCOND 2) impossibilità di avere una  visione del mondo completamente uguale tra due individui;
  • COMCOND 3) impossibilità di avere un codice di comunicazione completamente differente tra due individui;
  • COMCOND 4) impossibilità di avere una visione del mondo completamente differente tra due individui.

Alcune prospettive di ricerca sulla comunicazione sostengono l’ipotesi che i codici genetici che regolano i fondamenti biologici della comunicazione non verbale e paralinguistica sono simili per ogni essere umano.

Gli esseri umani, come primati, condividono sempre un determinato grado di somiglianza e sono in grado di codificare e decodificare segni e segnali in alcune circostanze (es: un’aggressione fisica) senza differenze tra culture.

In generale, la capacità di interpretazione del comportamento umano aumenta in situazioni nelle quali i codici culturali sono meno rilevanti e i codici biologici prendono il sopravvento, come quelle situazioni che riguardano la sopravvivenza (aggressione) e altri comportamenti più istintivi (come cibarsi o nel sesso).

In altre parole persone di differente cultura o creature appartenenti a differenti specie hanno l’abilità di percepire il comportamento aggressivo o amicale non verbale di un membro di un’altra cultura o specie, mentre comportamenti più culturali saranno meno interpretabili.

I vincoli biologici egualmente hanno un’influenza sull’impossibilità di avere una completa differenza nella visione del mondo (COMCOND 4).

Ogni essere umano condivide a livello basilare ed istintuale la tendenza a riprodurre la specie, il tentativo di non morire di fame o di freddo, la protezione dei figli, ed in genere i comportamenti degli esseri viventi biologicamente evoluti.

Quello che abbiamo in comune biologicamente come essere umani quindi è largamente superiore a quello che ci divide culturalmente.

Le tecniche di empatia (apprendere a capire la visione del mondo altrui) e una maggiore attenzione all’ottimizzazione dei codici di comunicazione possono dare un’enorme contributo allo sviluppo della comunicazione interculturale.

Il miglioramento della comunicazione interculturale, a sua volta, genera un impulso enorme alla realizzazione di progetti di sviluppo comuni tra stati, culture e paesi.

Il comportamento umano è determinato da due tipi di forze: dal condizionamento culturale (ontogenetico, appreso durante la crescita) e dal condizionamento biologico ereditario (filogenetico, ricevuto dal DNA), e gli apprendimenti ontogenetici (culturali) si innestano sempre su una base filogenetica, che costituisce il nostro patrimonio comune, e nessuna cultura potrà mai scalfire, ma tuttalpiù potrà coprire, far dimenticare.

Allo stesso tempo, l’impossibilità di codice completamente uguale deriva dalla grande profondità e varietà semantica dei segni (il campo semantico é l’estensione e la gamma dei possibili significati di un segno).

Il significato attribuito ai segni non è un elemento stabile o “dato”, ma è frutto di un accordo simbolico tra individui, è il prodotto cioè della socializzazione e di accordi interpersonali e intergruppo, ma la socializzazione varia in continuazione nel tempo, nello spazio, e tra individuo e individuo, gruppo e gruppo, e quindi variano continuamente anche i significati dei segni.

Ciò avviene, e spesso inconsciamente, all’interno delle aziende. L’errore si determina quanto viene dato per scontato che l’interlocutore dell’azienda controparte possieda un codice condiviso. Questo problema richiede un grande lavoro di metacomunicazione, quella attività comunicativa che serve per spiegare il significato attribuito ai segni emessi e verificare l’esattezza del significato percepito nei segni ricevuti.

Interferenze della comunicazione dovute al codice e linguaggio hanno luogo quando i comunicatori non possiedono un codice adeguatamente condiviso, e si verificano fraintendimenti.

Un ulteriore esito del codice/linguaggio diverso si evidenzia nella mancanza di chiarezza e precisione, ove uno o più dei partecipanti alla conversazione utilizzano repertori burocratici e/o linguaggi imprecisi.

Il modello 2V può essere usato per visualizzare l’andamento di un rapporto e del suo grado di incomunicabilità.

Data una distanza tra soggetti al tempo 1 (t1), possiamo valutare come questa distanza aumenti o diminuisca in termini di visione del modo e di codice comunicativo (t2) e misurare ancora la situazione in altri momenti del tempo (t3), (t4):

Il caso mostrato evidenzia un rapporto distinto dai seguenti tempi:

  • T1: il rapporto parte con una media condivisione di codice e di visione del mondo;
  • T2: dopo un primo confronto, i due soggetti iniziano a ridurre le distanze comunicative linguistiche, diminuisce la distanza dovuta all’incomprensione dei termini e al vocabolario scarsamente condiviso, diversi termini prima incomprensibili vengono spiegati. Questo però genera una possibilità di capire meglio di prima che le visioni del mondo. Si scopre quindi che le ideologie e valori di fondo sono più diversi di quanto si pensasse, e pertanto aumenta la distanza sulla variabile ideologico-valoriale;
  • T3: Dopo un confronto più serrato sui valori di fondo, vengono scoperte nuove aree di comunalità e interessi comuni, anche il linguaggio comune si fa più ricco e articolato di termini e concetti condivisi.

Questa curva rappresenta una semplice ipotesi, una delle tante possibilità che esistono nel mondo delle relazioni. È anche possibile infatti che accadano allontanamenti e aumenti di distanze, e nascano conflitti sempre più forti.

libro "Negoziazione Interculturale" di Daniele Trevisani

Per approfondimenti vedi:

Articolo estratto dal testo “Negoziazione Interculturale. Comunicazione oltre le barriere culturali“, copyright FrancoAngeli Editore e Daniele Trevisani, pubblicato con il permesso dell’autore.

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Come anticipato nell’articolo precedente, oggi ci concentreremo sull’analisi del metodo T2V (Trevisani 2 Variabili) cercando di superare la categorizzazione proposta da Hofstede, utile come base di partenza, ma limitante, poiché troppo chiusa e generalizzante.

In una prospettiva semiotica, l’ unità fondamentale di analisi ed il primo componente della comunicazione percepito durante l’ interazione è il segno, la più vasta categoria inclusiva di entità di significato. I segni sono ciò che emettiamo, e costituiscono il comportamento comunicativo esterno percepito da un ricevente o osservatore. Sono quindi segni i comportamenti verbali, i comportamenti non-verbali, la comunicazione scritta, i simboli, le immagini che utilizziamo per comunicare.

I segni (usati per comunicare) ed il significato della comunicazione, sono collegati da un codice di comunicazione, che a sua volta si compone di sottocodici.

Un codice di comunicazione quindi è inteso come sistema di regole impiegate per collegare le espressioni (qualsiasi segno usato per comunicare, sia verbale che non verbale) ai significati sottostanti.

La consapevolezza dei codici multipli della comunicazione è essenziale per la qualità comunicativa. Ogni comunicatore/negoziatore consapevole sa che il proprio corpo emette segnali in continuazione, e che questi segnali possono essere incongruenti o congruenti con i segnali verbali (parole o frasi dette).

Il problema dei codici comunicativi è soprattutto un problema di stile comunicativo, che richiede la scelta del tipo di linguaggio da utilizzare. Ogni negoziatore, ogni comunicatore, consapevolmente o meno, utilizza uno stile linguistico: lo stile si nota in ogni fase del discorso e della conversazione, in ogni comunicazione scritta e persino nei supporti fisici (materiali, oggetti).

La consapevolezza dei codici e degli stili utilizzati è indispensabile, poiché codici e stili possono essere antitetici o simili, funzionali o disfunzionali rispetto agli obiettivi.

Un secondo componente della cultura preso in considerazione nel modello 2V è “World-View” – la “visione del mondo”.

La visione del mondo è considerata negli studi antropologici come un insieme di credenze, valori e atteggiamenti, impiegati dagli attori sociali per interpretare e categorizzare la realtà, dando significato agli eventi, stabilire rapporti tra di essi e guidare il comportamento. Questi è un concetto talmente personale da essere difficilmente classificabile in schemi rigidi, tuttavia le esigenze (o tentativi) di fornire classificazioni hanno condotto alcuni scienziati sociali a produrre delle categorie attraverso le quali leggere le culture. Tra questi, esponiamo la classificazione di Hofstede, tra le più usate in letteratura.

Ricordiamo che queste categorie possono rappresentare un punto di partenza interessante per avviare una riflessione sulle differenze culturali. Tuttavia, il rischio che si produca una generalizzazione è elevato, e non è auspicabile usarle per fini predittivi automatici.

Più utile ci sembra ragionare su come queste ci possono aiutare a capire con chi abbiamo a che fare quando negoziamo, basandoci sui comportamenti concreti che osserviamo, e senza lasciarci annebbiare da automatismi di giudizio:

  1. Power distance: riguarda il grado con cui una cultura “mantiene le distanze” tra i diversi strati della popolazione, ma anche la rigidità delle gerarchie all’interno di una organizzazione. Secondo Hofstede, i paesi con low-power distance (come Canada, USA) sono ritenuti più egualitari nella distribuzione del potere, mentre i paesi con high power distance (Giappone, Sud Corea, Hong Kong, etc.) possiedono strutture organizzate in modo più gerarchico.
  2. Individualismo-collettivismo: le culture individualiste caratterizzano i sistemi nei quali i legami tra individui sono deboli, variano nel tempo, e ognuno deve badare sostanzialmente a se stesso, o al massimo alla propria famiglia ristretta. Le libertà individuali sono elevate, e la sicurezza sociale sostanzialmente scarsa, la possibilità di ascesa sociale e carriera elevata, così come il rischio di fallire e cadere senza reti e protezioni. Le culture collettiviste invece inglobano l’individuo nel gruppo, in modo molto coesivo, offrendogli protezione in cambio di lealtà e fedeltà, dando sicurezza ma limitando al tempo stesso la libertà di espressione e le deviazioni dalla norma. L’individuo è molto controllato.
  3. Mascolinità vs femminilità: questa dimensione ha dato luogo a molte controversie, perché considerata sessista e discriminatoria. La volontà di Hofstede era invece semplicemente di analizzare come categoria culturale un comportamento di genere, quale il “caring” (prendersi cura dei figli), derivante dalla storia biologica del genere umano femminile, vs. il ruolo maschile prototipico nelle società arcaiche legato alla difesa, agonismo, caccia e lotta.
  4. Uncertainty avoidance: l’evitazione dell’incertezza, la tolleranza dell’ambiguità. Distingue il bisogno di regole chiare, di procedure, di responsabilità lavorative ben identificate (alto grado di evitazione dell’incertezza), dalla capacità/condizione dell’agire in condizioni di regole incerte o imprecise, senza responsabilità ben identificate o in climi di caos organizzativo, o in ambienti poco strutturati (basso grado di evitazione dell’incertezza).
Metodo ALM

Accanto al metodo Hofstede, la comunicazione interculturale, vista nel metodo ALM, pone la sfida della “multiesistenzialità interna” – la nuova capacità di vivere in stati diversi della personalità assorbendo il meglio di culture diverse

Si può dire che la dimensione interculturale apre le porte a nuove frontiere dell’essere umano, che (almeno nelle società occidentali) per la prima volta nella storia può scegliere di aderire o meno ad una cultura, può modificare il proprio modo di essere e di vivere.

Visione del tempo, Long- vs. Short-Term Time Orientation

Il Time Orientation (orientamento temporale) distingue le culture in base alla propensione a ragionare e pianificare nel lungo periodo, vs. un orientamento “alla giornata”, e si correla a dimensioni quali il spiritualismo vs materialismo, la concezione religiosa della vita, il saper vivere in fasi meditative o solo in fasi attive.

Gli studi di Hofstede inoltre distinguono inoltre tra tempi monocronico e tempo multicronico.

Il tempo monocronico ha le seguenti caratteristiche

  • la tendenza a fare una cosa alla volta – una dopo l’altra, in modo lineare, un orientamento al lungo periodo, la dipendenza da agende e calendari;
  • nel tempo monocronico la precisione è generalmente premiata;
  • il tempo è spesso scarso, si è spesso in ritardo.

Il tempo multicronico invece è un tempo multi-tasking, non lineare, un orientamento al breve periodo, una vita vissuta senza agenda e calendario, la precisione è qualcosa di sospetto o al massimo irrilevante, il senso del tempo è ciclico (come nell’Induismo).

Nel metodo ALM si tende a distinguere la cultura dei tempi utilizzando in modo disgiunto la valutazione dei tempi psicologici singoli (monocronici) o la condizione del vivere in tempi psicologici multipli (multicronicità), la concentrazione sul compito (monotasking) o l’applicazione su più compiti (multitasking).

Altre dimensioni di differenza culturale

Altre dimensioni importanti da considerare nella visione del mondo per il metodo ALM sono:

  • cultura dei tempi personali e priorità temporali: inserire tra le priorità la ricerca di emozioni (goals intangibili) o di goals tangibili; il vissuto temporale e le dominanze temporali, la consapevolezza delle differenze tra cultura personale (dell’individuo), cultura organizzativa e cultura nazionale.
  • le credenze religiose
  • le ideologie politiche;
  • la concezione dell’essere umano e il motivo profondo dell’esistenza;
  • la concezione dei rapporti interpersonali
  • la concezione dei rapporti tra uomo e natura, il grado di spiritualità vs. materialismo;
  • l’orientamento all’interno (autoesplorazione, esplorazione del mondo interno e psicologico, introspezione) vs. l’orientamento all’esterno (esplorazione del mondo esterno);
  • l’orientamento all’essere vs. l’orientamento all’avere;
  • l’orientamento verso la positività o la negatività;
  • l’orientamento al passato, al presente o al futuro
  • la competitività personale e l’orientamento verso la competitività;
  • l’egocentrismo, etnocentrismo, egoismo, centratura sul self o sui propri bisogni, vs. eterocentrismo, altruismo, centratura anche sull’altro e sui bisogni altrui.
Metodo T2V

Unendo le due variabili culturali, codice comunicativo e visione del mondo, in una matrice, possiamo identificare quattro situazioni ipotetiche di comunicazione (COMSITS):

  1. COMSIT A è definita come “ stesso codice comunicativo – stessa visione del mondo”. Il processo di comunicazione è facile e senza problematiche, poiché abbiamo precisione nello scambio di informazioni e ‘accordo sugli obiettivi. Questa circostanza è, tuttavia, solo ipotetica, poiché le differenze di codice di comunicazione si presentano in vari gradi in ogni processo umano di comunicazione.
  2. COMSIT B (codice completamente differente – stessa visione del mondo) rappresenta il caso in cui l’ostacolo alla comunicazione è dato dalla mancanza di codice di comunicazione comune (linguaggio comune). Il problema è quindi unicamente linguistico, le persone non riescono a dialogare perché mancano di un sistema di comunicazione condiviso. Se un codice comune potesse essere fornito o appreso, la situazione si trasformerebbe in COMSIT ideale A.
  3. COMSIT C (stesso codice – visione completamente differente del mondo) rappresenta il caso ipotetico in cui le difficoltà di comunicazione risultano da una mancanza di condivisione nella visione del mondo. Gli elementi di diversità possono riguardare opinioni, atteggiamenti, credenze e valori. L’esito della comunicazione è quindi fallimentare, a meno che una delle due parti, o entrambe, non siano disposte a rivedere alcune posizioni.
  4. COMSIT D (codice completamente differente – visione del mondo completamente differente) è la situazione ipotetica in cui la comunicazione viene disturbata per due motivi: dal punto di vista tecnico, la mancanza di codice comune non consente lo scambio di informazioni, e se anche se un codice comune potesse essere fornito, una visione completamente differente del mondo condurrebbe alla situazione precedentemente identificata come COMSIT C, caratterizzata da una mancanza di accordo.

Riassumendo, secondo il modello T2V, il risultato della comunicazione, inteso come efficienza comunicativa nello scambio di informazioni, ed efficacia nel raggiungimento di un accordo, si correla negativamente alle differenze nel codice usato e alle differenze nella visione del mondo. Al crescere della similarità di codici comunicativi e di visione del mondo, aumentano invece le probabilità di successo.

libro "Negoziazione Interculturale" di Daniele Trevisani

Per approfondimenti vedi:

Articolo estratto dal testo “Negoziazione Interculturale. Comunicazione oltre le barriere culturali“, copyright FrancoAngeli Editore e Daniele Trevisani, pubblicato con il permesso dell’autore.

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Nella negoziazione interculturale, per poter trovare un accordo tra le parti, è necessario che i negoziatori superino non solo le barriere linguistiche, ma che riducano anche le distanze psicologiche, applicando un processo di avvicinamento, in modo da comprendere il più possibile la visione del mondo dell’interlocutore. Vediamo come nelle prossime righe.

Una delle prime scoperte di chi si avventura al di fuori dei propri contesti culturali, è che le regole comportamentali funzionanti nella propria cultura si dimostrano fragili e poco produttive quando trasposte in un contesto estraneo.

La capacità negoziale interculturale è nelle mani di chi è più abile nel gestire la comunicazione sul campo, applicando la consapevolezza culturale (power of awareness) in ogni singolo contatto.

Le barriere linguistiche però non sono nulla rispetto alla diversa visione del mondo che le persone portano con se, e alle diversità che esiste tra sé e gli altri, nonostante le apparenze.

Nella prima parte abbiamo iniziato ad accennare al problema della diversa concezione del mondo prodotta dalla diversità culturale; ma i problemi non si fermano qui. Nella comunicazione interculturale troviamo infatti una ulteriore barriera, in genere molto più evidente: una lingua diversa, un linguaggio diverso, un codice di comunicazione non comune, dei sottocodici (dialetti, linguaggi professionali) sconosciuti.

Anche in questo caso dobbiamo considerare un fenomeno importante: la diversità linguistica può essere evidente (macrodiversità: es., Cinese vs. Arabo), ma anche molto subdola e difficile da riconoscere, creando situazioni di microdiversità linguistica.

Esistono diversi linguaggi professionali all’interno della stessa lingua, e significati diversi applicati alle stesse parole.

Tradurre significa trasportare significati all’interno di altre lingue, ma anche, e soprattutto, consentire l’accesso ad un sistema di pensiero diverso.

Vediamo il seguente caso:

  • per gli Americani USA, “tomorrow” (domani, in italiano) significa dalla mezzanotte alla mezzanotte;
  • in Messico, “mañana” (sempre “domani” in italiano) significa “nel futuro”, ha senso posticipatorio generale, e non racchiude assolutamente un preciso arco di tempo.

Le due diverse concezioni non sono puramente linguistiche, ma si riferiscono ad una diversa percezione del tempo.

Quando due generazioni o due religioni dialogano tra di loro, il problema dell’interpretariato culturale si pone seriamente. Questo problema emerge anche nel dialogo tra due aziende, indipendentemente dalla lingua utilizzata.

Uno degli errori più naïve di chi affronta la dimensione interculturale è la presunzione che sia possibile tradurre i significati in modo esatto, trasponendo verbi e parole “come sono” e semplicemente portandoli nel linguaggio altrui.

La traduzione è in realtà un fenomeno molto più complesso. Ogni parola, ogni verbo, ha “campi semantici” (campi di significato) specifici e non traducibili esattamente nella lingua altrui. In alcuni casi, non esistono possibilità di traduzione – in molti casi, le parole e verbi non hanno alcuna corrispondenza esatta nelle culture e lingue altrui.

Vocaboli identici potrebbero suscitare un’immagine mentale diversa in ogni cultura: è illusoria l’idea che le immagini mentali tra due o più soggetti possano combaciare perfettamente.

Il metodo T2V (Trevisani 2 Variabili) sviluppato dall’autore affronta il problema delle “distanze” che separano i comunicatori – distanze psicologiche e comunicative, non certo fisiche – e da come queste possano o meno essere superate.

In questi casi, o quando sia importante in termini di business, è possibile mettere in atto dei dispositivi che ci permettano di cercare l’avvicinamento, ridurre la distanza e allontanare l’incomprensione.

Tra i principali errori della comunicazione vi è quello di illudersi che le persone siano tutto sommato simili in termini di opinioni, linguaggi, atteggiamenti, valori di fondo, visioni del mondo.

Questa presunzione porta a considerare la trasmissione di un’idea o concetto che noi consideriamo ovvio e semplice, un fatto quasi “automatico”, mentre nella realtà le cose non stanno così. Una ulteriore illusione è che la comunicazione interculturale richieda poco sforzo o impegno.

La vera negoziazione interculturale richiede tempo, impegno, dedizione, contatti interpersonali e ampio “lavoro di rapporto” che non si conclude con un email o una telefonata.

Una delle principali aree della comunicazione interculturale è lo studio delle differenze tra emittente e ricevente del messaggio.

Nel nostro metodo utilizzeremo due variabili primarie che costituiscono differenze tra comunicatori – due principali differenze culturali, (1) il codice di comunicazione e (2) la visione del mondo (World-View).

L’unione delle due variabili ci permetterà di sviluppare una matrice di situazioni o stati della comunicazione (COMSITS).

Dall’analisi della matrice, proporremo alcune considerazioni sui limiti della comunicazione. In particolare, le implicazioni riguardano:

  • (1) l’aspetto tecnico della qualità comunicativa, cioè, l’esattezza o accuratezza dello scambio di informazioni tra persone di culture diverse (understanding), e
  • (2) il risultato della comunicazione in termini di accordo (agreement) sui contenuti e sulle visioni espresse fra i comunicatori.

La cultura è considerata in questo metodo come un insieme di modelli di pensiero, categorizzazione, comportamento e comunicazione, che vengono sia appresi (durante la crescita dell’individuo) che ereditati (frutto del codice genetico comportamentale). Questi modelli influenzano la percezione del mondo, la comunicazione ed il comportamento.

Inoltre, seguendo la prospettiva teorica di Watzlawick ed altri, si considera la comunicazione come processo che accade sia intenzionalmente che involontariamente.

Approfondiremo il metodo T2V nel prossimo articolo, cercando di analizzarne dettagliatamente tutti gli aspetti, che verranno messi a confronto con le categorie di Hofstede.

libro "Negoziazione Interculturale" di Daniele Trevisani

Per approfondimenti vedi: