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metodo Stanislavskij

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Articolo a cura della dott.ssa Ginevra Bighini, www.negoziazioneinterculturale.wordpress.com; mentoring a cura del dott. Daniele Trevisani, www.studiotrevisani.it

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L’argomento di oggi si concentra sul metodo di recitazione e formazione attoriale, chiamato metodo Stanislavskij, e sull’importante contributo che la sua acquisizione può avere nella comunicazione efficace e, conseguentemente, nella negoziazione.

Ma cos’è il metodo Stanislavskij? E come si può traslare dal palcoscenico alla comunicazione quotidiana ed aziendale?

Andiamo per gradi e cerchiamo innanzitutto di chiarire il primo punto. Come riassume in poche righe Wikipedia:

“Il metodo Stanislavskij è uno stile di insegnamento della recitazione messo a punto da Konstantin Sergeevič Stanislavskij (chiamato anche “psicotecnica”) nei primi anni del ‘900. Il metodo si basa sull’approfondimento psicologico del personaggio, sulla ricerca di affinità tra il mondo interiore del personaggio e quello dell’attore e sull’ esternazione delle emozioni interiori attraverso la loro interpretazione e rielaborazione a livello intimo. I risultati dei suoi studi furono raccolti in alcuni volumi. Nel 1938 pubblicò Il lavoro dell’attore su se stesso e nel 1957 uscì postumo Il lavoro dell’attore sul personaggio.” (1)

In altre parole Stanislavskij era convinto che, per poter essere un ottimo attore, fosse necessaria la completa immedesimazione con il personaggio interpretato. Ovviamente non è sempre possibile sovrapporre le proprie esperienze con quelle di un altro. La bravura dell’attore sta infatti nel ricercare in se stesso vissuti di natura simile, attraverso i quali ha provato emozioni quasi complementari a quelle della propria maschera, oppure nel riscoprire con l’immaginazione quelle stesse esperienze chiedendosi “come mi comporterei se mi trovassi in quella situazione?“.

L’attore quindi deve diventare il personaggio, e viceversa, tramite un processo di immedesimazione complesso, che si articola in quattro fasi fondamentali, sintetizzate alla perfezione sul sito web www.attoricasting.it (2):

  • Conoscenza, che parte dalla lettura del copione e dall’analisi del contesto in cui si trova il personaggio;
  • Reviviscenza, che consiste nell’attingere dal proprio bagaglio emotivo le emozioni che il personaggio prova;
  • Personificazione, che permette di trasporre le emozioni richiamate nella fase della reviviscenza sulle azioni del personaggio;
  • Comunicazione, che riguarda la creazione di un rapporto con gli altri attori sulla scena.

Una volta comprese queste fasi diventa più facile capire come questo metodo possa essere efficace nella comunicazione in ambito aziendale e nella negoziazione.

Immaginiamo di dover preparare un incontro con un nostro cliente. Avete mai provato ad improvvisare l’intero meeting? Vi assicuro che, 99 su 100, la riunione fallisce.

Per negoziare in modo costruttivo è fondamentale seguire una lunga preparazione, così come deve fare l’attore se vuole recitare nel migliore dei modi. Il contesto negoziale può essere infatti tranquillamente paragonato ad un palcoscenico, nel quale ogni attore della comunicazione deve interpretare il proprio ruolo nella conversazione.

Proviamo a riprendere le precedenti quattro fasi e a traslarle in un contesto negoziale:

  • Conoscenza, ossia ricerca di informazioni, lettura ed organizzazione della documentazione e analisi del cliente e del suo contesto operativo. L’analisi iniziale però non riguarda solo l’altro, ma anche noi stessi: è importante cercare di capire che ruolo vogliamo portare sul tavolo dei negoziati e lavorare sulla preparazione della nostra performance.
  • Reviviscenza e personificazione o, in questo caso, empatia, ascolto attivo e immedesimazione nel cliente per comprenderne realmente bisogni e necessità, così da trovare una soluzione concreta al suo problema. Come nella prima parte, anche qui non è tutto rivolto verso il prossimo, ma anche verso il proprio ruolo nella comunicazione. Ascoltare e capire il cliente significa anche adattare ed evolvere il ruolo che vogliamo interpretare, per renderlo il più efficace possibile al contesto.
  • Comunicazione e negoziazione: questo è il momento per mettere in pratica il linguaggio verbale, non verbale e paralinguistico con l’obiettivo di mostrare interesse nel cliente, rispondendo alle sue esigenze con premura ed attenzione, e per interpretare al meglio il ruolo scelto nella conversazione.

Questo chiaramente è solo un esempio di come il metodo Stanislavskij possa effettivamente aiutarci a migliorare noi stessi in quanto attori comunicativi.

Queste tecniche recitative possono essere applicate a moltissimi altri contesti, anche quotidiani, ma, se restiamo nell’area comunicativa imprenditoriale, notiamo che l’apprendimento di questo metodo può portarci a meglio riconoscere la dimensione dello spazio, a sfruttare consapevolmente i movimenti del corpo, a gestire il tono della voce, la mimica facciale, ecc…

Per concludere, vorrei citare una famosa frase di Luigi Pirandello, che ben si adatta a questo articolo: “La vita, mia cara, è un palcoscenico dove si gioca a fare sul serio“.

Konstantin Sergeevič Stanislavskij

(1) https://it.wikipedia.org/wiki/Metodo_Stanislavskij

(2) https://www.attoricasting.it/consigli-utili/il-metodo-stanislavskij-spiegato-breve-anzi-brevissimo/22178/

Articolo a cura della dott.ssa Ginevra Bighini, www.negoziazioneinterculturale.wordpress.com; mentoring a cura del dott. Daniele Trevisani, www.studiotrevisani.it

Articolo estratto dal testo “Parliamoci Chiaro: il modello delle quattro distanze per una comunicazione efficace e costruttiva” copyright Gribaudo Editore e Daniele Trevisani, pubblicato con il permesso dell’autore.

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Continuiamo a parlare di comunicazione non verbale trattando questa volta il concetto di paralinguistica, passando poi al training non verbale e infine al tema della consonanza e dissonanza tra stili linguistici e non verbali, che può portare nel primo caso ad una comunicazione efficace, e nel secondo caso ad un possibile fallimento comunicativo.

La paralinguistica

La paralinguistica riguarda tutte le emissioni vocali che non siano riconducibili strettamente a “parole”, e comprende: 

  • il tono della voce; 
  • il volume; 
  • i silenzi; 
  • le pause; 
  • il ritmo del parlato; 
  • le interiezioni (brevi emissioni, come “ehm”, “uhm”…). 

Essa stabilisce la punteggiatura del parlato e contribuisce a trasmettere le informazioni emotive. Messaggi quali “sono teso”, “sono arrabbiato” o “sono ben disposto” trasudano più dal sistema paralinguistico (percepibile dal suono, a livello uditivo) che dal sistema linguistico (parole e frasi).  

Una frase può portare con sé significati completamente diversi in base all’enfasi posta su parole e al tono di voce. 

Training non verbale

L’addestramento all’uso del paralinguistico richiede un training sull’uso strategico delle pause e dei toni. In generale, la formazione per il non verbale prevede l’accesso a tutti i repertori delle tecniche teatrali e dell’attore: il metodo Stanislavskij e altri metodi di formazione teatrale sono gli unici veramente in grado di agire in profondità sulla formazione e sulla trasformazione dei comportamenti espressivi degli adulti. 

Un training adeguato può essere utile per addestrare il comunicatore a cogliere il tremore della voce altrui (sintomo di nervosismo e stress) e le reazioni non verbali alle proprie affermazioni, e ad agire “teatralmente” tramite movimento, pause e alternanze di ritmi per dare enfasi a parti del discorso e ai punti chiave da fare emergere. 

Come per ogni altro compito manageriale, senza un’adeguata preparazione le chances di essere competitivi sul piano comunicativo calano quando gli equilibri di competenze sono sbilanciati. All’aumentare del divario tra il nostro training e il grado di training della controparte aumentano i rischi di esito sfavorevole di ogni comunicazione. 

Consonanza e dissonanza tra stili linguistici e non verbali

La comunicazione non verbale può rinforzare il messaggio verbale o essere dissonante rispetto a questo. Parlarsi chiaro vuol dire anche cercare coerenza tra i messaggi verbali che emettiamo e la nostra comunicazione non verbale. Se dico un no vero, lo posso accompagnare da un gesto corporeo che segnala il diniego. Se dico un , lo posso accompagnare anche con il body language, con un gesto di apertura delle braccia e un cenno del capo, che mostri che il mio è sentito. 

Quando il corpo dice altro rispetto alla voce, siamo in presenza di incongruenze comunicative o dissonanze comunicative. 

Ascoltare attentamente e dare cenni di assenso può segnalare interesse molto più di una semplice dichiarazione verbale. Dire “sono interessato” con le parole ed esprimere noia o disgusto con le azioni del corpo produce un segnale dissonante e crea sospetto o irritazione. 

I segnali non verbali possono indicare che l’interlocutore stia seguendo con atteggiamento positivo o negativo il dialogo. Le reazioni negative in generale sono denotate da: 

  • angolazioni del corpo (spalle ritratte, allontanamento); 
  • volto (teso, dimostra rabbia); 
  • voce (tono negativo, silenzi improvvisi); 
  • mani (movimenti di rifiuto o disapprovazione, movimenti tesi); 
  • braccia (tese, incrociate sul petto); 
  • gambe (incrociate o che si allontanano nell’angolazione). 

Per riassumere, ogni stile linguistico (a livello interpersonale) si associa ad una precisa modulazione dello stile non verbale. Possiamo infatti avere: 

  • situazioni di rinforzo comunicativo (lo stile non verbale rafforza lo stile verbale); 
  • situazioni di dissonanza o incongruenza tra verbale e non-verbale (la comunicazione non verbale procede su un registro diverso rispetto a quella verbale). 

Le dissonanze riguardano ogni sistema semiotico, ogni segno portatore di possibili significati. Per esempio, un’azienda che si dichiari importante e non abbia un sito internet, o abbia un sito amatoriale, esprime una dissonanza d’immagine.

Concludendo, la coerenza (matching) tra parole e azioni, tra comunicazione verbale e non verbale: 

  • aumenta l’onestà percepita del soggetto; 
  • denota e crea fiducia (trustworthiness); 
  • dimostra interessamento; 
  • mostra che siamo in controllo della situazione; 
  • produce senso di sicurezza e solidità dei contenuti. 

Al contrario, l’incongruenza tra i canali comunicativi verbali e non verbali: 

  • crea senso di sfiducia; 
  • genera sensazioni di scarsa autenticità; 
  • produce dubbi e sospetti di falsità sui contenuti verbali ascoltati; 
  • genera effetti negativi sul personal branding e sull’immagine personale. 
libro "Parliamoci Chiaro" di Daniele Trevisani

Per approfondimenti vedi:

Articolo estratto dal testo “Negoziazione Interculturale. Comunicazione oltre le barriere culturali“, copyright FrancoAngeli Editore e Daniele Trevisani, pubblicato con il permesso dell’autore.

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In questa seconda parte continuiamo a parlare della comunicazione non verbale e delle sue caratteristiche, concentrandoci sulla formazione, sulla percezione sensoriale, sulla cura del proprio look, sull’importanza del colore e sulle assonanze e dissonanze tra linguaggio verbale e non.

Formazione

L’addestramento all’uso del paralinguistico richiede un training sull’uso strategico delle pause e dei toni. In generale, la formazione per il non verbale prevede l’accesso a tutti i repertori delle tecniche teatrali e dell’attore, il metodo Stanislavskij e altri metodi di formazione teatrale, gli unici veramente in grado di agire in profondità sulla trasformazione dei comportamenti espressivi.

Come per ogni altro compito manageriale, senza una adeguata preparazione le chances di essere competitivi sul piano negoziale calano quando gli equilibri di competenze sono sbilanciati. All’aumentare del divario tra il nostro training e il grado di training della controparte, aumentano i rischi di esito sfavorevole di ogni negoziazione.

Percezioni sensoriali

Alcuni luoghi comuni nei campus universitari multiculturali sono che i bianchi “sanno di pollo”,  gli asiatici “puzzano di aglio”, i neri “sanno di sudore”, e altri stereotipi curiosi.

Le differenze olfattive sul piano etnico e genetico sono realmente esistenti, ma l’olfatto percepito è determinato in larga misura da fattori culturali quali l’alimentazione, la pulizia o l’uso di profumi.

Le emissioni olfattive personali sono uno strumento di comunicazione.

È certo che l’olfatto incide sulla percezione, e che l’alimentazione produce essenze che trasudano dalla pelle e dal fiato. Questi aspetti sono da curare per chi vuole gestire ogni aspetto, anche i minimi dettagli, della negoziazione interculturale e più in generale del contatto umano.

Tutto ciò che si può attribuire in qualche misura al soggetto o all’ambiente aziendale incide sulla percezione e sull’immagine. Alcune catene di abbigliamento sono ricorse alla odorizzazione mirata dei punti di vendita per creare un clima più rilassato e piacevole (marketing olfattivo ambientale).

L’olfatto è un senso remoto dell’essere umano, parzialmente abbandonato a favore di sensi quali vista e udito. I “nasi” animali sono in grado di cogliere odori che segnalano emozioni o predisposizioni sessuali, mentre i nasi umani sembrano aver perso questo tratto.

I segnali di fiducia e sfiducia, la percezione delle emozioni altrui, sono quindi da affinare soprattutto nella capacità del negoziatore di cogliere movimenti facciali emotivamente incontrollati, il timbro vocale e le rotture del tono della voce che segnalano stress vocale ed emotivo.

A livello interpersonale non sono possibili al momento strategie olfattive negoziali in grado di riconoscere emozioni su base feromonica (ormoni secreti dalle ghiandole umane), ma sono comunque possibili odorizzazioni personali mirate e strategiche.

Esistono implicazioni pratiche per una odorizzazione personale consapevole – evitare cibi che possono dare luogo a forti emissioni tramite il fiato, evitare profumazioni personali eccessive, essere consapevoli degli odori personali (es, sudore), considerare dell’importanza di un marketing ambientale olfattivo adeguato.

Look personale

Della storia reale dei soggetti possiamo conoscere praticamente niente, eccetto i simboli che scorgiamo e dai quali traiamo possibili significati e associazioni. La comunicazione simbolica riguarda i significati che le persone associano o recepiscono da particolari “segni” che notano nell’interlocutore e nel suo spazio comunicativo. Per spazio comunicativo intendiamo qui ogni area di elementi che venga attribuita al “sistema” del soggetto, alle sue possibili espressioni consapevoli o meno, come la sua macchina, o lo sfondo del suo PC, e qualsiasi altro segno da cui ricaviamo inferenze, significati, interpretazioni.

Dal punto di vista semiotico, diventa “segno” ogni elemento dal quale un soggetto trae significati, sia che il portatore ne sia consapevole o meno.

Look, abbigliamento e accessori sono tra i fattori più incisivi per costruire l’immagine personale.

Le differenze o similarità di abbigliamento fanno rientrare un soggetto all’interno degli ingroup professionali (“uno come noi”, gli “uguali”) o degli outgroup (“uno diverso da noi”), qualsiasi cosa rappresenti per il soggetto il “noi”.

In un sistema di significazione allargata, diventano importanti anche le simbologie che esprimono i marchi utilizzati, il tipo di auto (da lavoro, da città, fuoristrada, sportiva, lussuosa), le griffes, e persino gli arredi degli uffici, i quadri appesi alle pareti, l’arredamento.

Costituiscono segnali allargati anche i comportamenti cronemici (il seguirsi delle azioni nel tempo), come la frequenza che notiamo nel cambiarsi d’abito, la puntualità, la tranquillità o nervosismo nel modo di guidare, i tempi che una persona impiega nel mangiare o nel bere (lento e calmo vs. veloce e vorace).

Anche il tempo che una persona impiega a rispondere ad una domanda può essere significativo: risposte lente o troppo meditate possono essere interpretate come poco sincere nelle culture occidentali, oppure al contrario sagge e ponderate in culture “ad alto contesto” come quelle orientali.

Si può dire che nel campo della comunicazione interculturale nulla sfugge all’osservazione dell’interlocutore, e ogni “segno” contribuisce alla sua classificazione e valutazione.

Colori

Un elemento ulteriore di comunicazione simbolica è dato dall’uso dei  colori. Anche l’uso dei colori e i simbolismi associati ai colori variano a seconda delle culture.

Non è possibile in questo volume trattare una scala di associazioni per ogni colore in ogni nazione, ma sottolineiamo la necessità di porre attenzione ai simbolismi associati ai colori, ogniqualvolta ci si pongano problemi di scelta di colori e grafiche, ad esempio nei packaging, nei regali di rappresentanza, negli oggetti.

Anche l’oggettistica e i simboli non sono neutri: un’azienda italiana, per esempio, ha utilizzato simboli di mano (es: una mano aperta) per creare logo aziendali e portachiavi, producendo una ondata di proteste dalla Grecia, ove il simbolo della mano aperta si usa per offendere.

Il principio base per evitare macroscopici errori è l’uso del pre-test, della “prova pilota” su alcuni soggetti, piccoli campioni, persone rappresentative della cultura locale che siano in grado di dare feedback sulla appropriatezza dei colori, delle forme e dei simbolismi, dei messaggi, visti dall’interno della cultura stessa.

Il metodo del pre-test vale anche per la scelta di regali, doni, e ogni altra azione simbolica il cui impatto possa variare su base culturale.

consonanze e dissonanze tra linguaggio verbale e non verbale

La comunicazione non verbale può rinforzare il messaggio verbale o essere dissonante rispetto a questo.

Ascoltare attentamente e dare cenni di assenso può segnalare interesse molto più di una semplice dichiarazione verbale. Dire “sono interessato” con le parole ed esprimere noia o disgusto con le azioni del corpo produce un segnale dissonante e crea sospetto o irritazione.

La coerenza (matching) tra parole e azioni:

  • aumenta l’onestà percepita del soggetto;
  • denota fiducia (trustworthiness);
  • dimostra interessamento;
  • mostra che siamo in controllo della situazione;
  • produce senso di sicurezza e solidità dei contenuti.

Al contrario, l’incongruenza:

  • crea senso di sfiducia;
  • genera sensazioni di scarsa autenticità;
  • produce dubbi e sospetti di falsità sui contenuti verbali ascoltati.

Ogni stile linguistico (a livello interpersonale), si associa ad una precisa modulazione dello stile non verbale. Possiamo infatti avere:

  • situazioni di rinforzo comunicativo (lo stile non verbale rafforza lo stile verbale);
  • situazioni di dissonanza o incongruenza tra verbale e non-verbale: la comunicazione non verbale procede su un registro diverso rispetto a quella verbale).

Le dissonanze riguardano ogni sistema semiotico, ogni segno portatore di possibili significati. Un’azienda che si dichiari importante e non abbia un sito internet, o abbia un sito amatoriale, esprime una dissonanza d’immagine, così come un negoziatore dimentichi di portare con sè strumenti indispensabili (cataloghi, calcolatori, e ogni altro strumento necessario e atteso).

libro "Negoziazione Interculturale" di Daniele Trevisani

Per approfondimenti vedi: