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Articolo estratto dal testo “Negoziazione Interculturale. Comunicazione oltre le barriere culturali“, copyright FrancoAngeli Editore e Daniele Trevisani, pubblicato con il permesso dell’autore.

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Nelle prossime righe svilupperemo il tema dell’empatia e dell’ascolto attivo in ambito negoziale. Queste due tecniche sono considerate alla base del successo di qualsiasi negoziazione e sfatano il mito del venditore aggressivo che vince nella conversazione cercando sempre di avere l’ultima parola.

L’approccio empatico infatti prevede una concezione opposta: ascoltare in profondità per capire la mappa mentale del nostro interlocutore, il suo sistema di credenze (belief system), e trovare gli spazi psicologici per l’inserimento di una proposta.

Nel metodo ALM distinguiamo alcuni tipi principali di empatia in base agli angoli di osservazione:

  • Empatia comportamentale: capire i comportamenti e le loro cause.
  • Empatia emozionale: riuscire a percepire le emozioni vissute dagli altri.
  • Empatia relazionale: capire la mappa delle relazioni del soggetto e le sue valenze affettive.
  • Empatia cognitiva (o dei prototipi cognitivi): capire i prototipi cognitivi attivi in un dato momento del tempo, le credenze, i valori, le ideologie, le strutture mentali che il soggetto possiede e a cui si ancora.

L’empatia viene distrutta o favorita da specifici comportamenti comunicativi e atteggiamenti, come per esempio:

Favorisce l’empatiaDistrugge l’empatia
CuriositàDisinteresse
Partecipazione reale all’ascolto, non finzioneFingere un ruolo di ascolto solo per dovere professionale
Riformulazione dei contenutiGiudizio sui contenuti, commenti
Pluralità di approcci di domanda (domande aperte, chiuse, di precisazione, di focalizzazione, di generalizzazione), ecc..Monotonia nel tipo di domande, ecc…

La comunicazione d’ascolto, e la qualità dell’ascolto, comprendono la necessità di separare nettamente le attività di comprensione (comunicazione in ingresso) dalle attività di espressione diretta (comunicazione in uscita).

Durante le fasi di ascolto è necessario:

  • non interrompere l’altro;
  • non giudicarlo prematuramente;
  • non esprimere giudizi che possano bloccare il flusso espressivo altrui;
  • non distrarsi, non pensare ad altro, non fare altre attività mentre si ascolta (tranne prendere eventuali appunti), usare il pensiero per ascoltare, non vagare;
  • non correggere l’altro mentre afferma, anche quando non si è d’accordo, rimanere in ascolto;
  • non cercare di sopraffarlo;
  • non cercare di dominarlo;
  • non cercare di insegnargli o impartire verità, trattenere la tentazione di immettersi nel flusso espressivo per correggere qualcosa che non si ritiene corretto;
  • non parlare di sè;
  • testimoniare interesse e partecipazione attraverso i segnali verbali e il linguaggio del corpo.

Di particolare interesse risultano gli atteggiamenti di:

  • interesse genuino e curiosità verso la controparte;
  • silenzio interiore: creare uno stato di quiete emozionale.

L’ascolto attivo e l’empatia non vanno confuse con l’accettazione dei contenuti altrui. Le regole di ascolto attivo infatti non sono regole di accettazione del contenuto, ma metodi che permettono di far fluire il pensiero altrui più liberamente possibile, in modo da raccogliere le “pepite informative” che l’interlocutore può donare. L’empatia, se ben applicata, produce “flusso empatico”, un flusso di dati, informazioni fattuali, sentimentali, esperienziali, di enorme utilità per il negoziatore.

La fase di giudizio su quanto espresso deve essere “relegata” a fasi successive della contrattazione, e non deve interferire con la fase di ascolto.

Esiste un momento nel quale però il negoziatore deve arrestare il flusso (momento di svolta, turning point), ma in generale è bene lasciarlo fluire, finche non si sia compreso realmente con chi si ha a che fare e quali sono i veri obiettivi, e tutte le altre informazioni necessarie.

Le tecniche empatiche sono inoltre d’aiuto per frenare la tendenza prematura alla disclosure informativa di sè: la fornitura di informazioni e dati che potrebbero risultare controproducenti e avere un effetto boomerang sul negoziatore deve essere svolta infatti con estrema cautela.

Per quanto riguarda l’ascolto attivo, esso si collega alla comunicazione paralinguistica e non verbale e comprende in particolare:

  1. tecniche verbali di ascolto attivo;
  2. tecniche paralinguistiche di ascolto attivo;
  3. tecniche non verbali di ascolto attivo.

Le tecniche verbali di ascolto attivo comprendono parole che segnalano attenzione e comprensione.

  • Domande aperte
  • Domande chiuse o di precisazione
  • Tecnica dello specchio (riflessione del contenuto): ripetizione di frasi o parti di frasi dette dalla controparte, senza modifiche e alterazioni.
  • Parafrasi: utilizzo del “come se”. Ricerca della comprensione di quanto detto, con l’uso di metafore o esempi che cercano di valutare se si è realmente compreso il senso profondo di quanto la controparte dice.
  • Sintesi storica: ripetizione di quanto asserito, sotto forma di riassunto.
  • Incoraggiamenti verbali: es, “bene”, “interessante”, “si”, “ok”.

Le tecniche paralinguistiche di ascolto attivo si basano invece sull’utilizzo di vocalizzazioni che esprimono interesse per la “storia” e facilitano l’espressione, quali uhmm…; ahh….; emissioni gutturali o respiratorie; ecc…

Lo scopo delle tecniche paralinguistiche è quello di fornire segnali fàtici (di contatto), affinché l’interlocutore senta che siamo in ascolto, siamo presenti, e siamo interessati.

Infine le tecniche non verbali di ascolto attivo sono quelle che utilizzano l’atteggiamento del corpo per esprimere interesse:

  • postura, aperta ed inclinata in avanti per indicare disponibilità;
  • avvicinamento e allontanamento (prossemica);
  • espressione del volto attenta e partecipativa;
  • sguardo attento e diretto;
  • movimenti delle sopracciglia associati a punti salienti del discorso altrui;
  • cenni del capo, cenni assenso o di diniego;
  • gesti morbidi, lenti e rotatori per comunicare senso di rilassamento;
  • metafore non verbali utilizzando il body language, che dimostrano comprensione di quanto detto dalla controparte.

Sul piano non verbale, dobbiamo sempre considerare che numerose culture frenano l’espressione non verbale delle emozioni (es: quelle asiatiche), ma che anche questo dato è uno stereotipo comunicativo, di valenza solo probabilistica e non consegna certezze.

In sintesi, le tecniche principali per un accolto efficace sono:

  • curiosità e interesse;
  • parafrasi;
  • sintesi e riassunti;
  • direzionare l’ascolto tramite domande mirate;
  • evitare domande eccessivamente personali finche non si sia creato un rapporto;
  • offrire al parlante la possibilità di dare feedback sul fatto che quanto capito sia corretto;
  • leggere le parole ma anche i segnali non verbali per valutare i sentimenti e stati d’animo;
  • verificare la corretta comprensione sia dei sentimenti che del contenuto;
  • non dire alle persone come dovrebbero sentirsi o ciò che dovrebbero pensare.

In una negoziazione è possibile modificare ciò che gli altri pensano o come gli altri si sentono, ma questo obiettivo verrà perseguito solo ed unicamente se prima il negoziatore sia riuscito a porre in essere un ascolto attivo, attivando l’empatia necessaria per capire in quale quadro si stia muovendo.

libro "Negoziazione Interculturale" di Daniele Trevisani

Per approfondimenti vedi:

Empatia

Testo Copyright estratto dal libro “Ascolto Attivo ed Empatia” di Daniele Trevisani, Franco Angeli editoreEmpatia

Domande potenti: domande che aprono il mondo della persona e rendono possibile il percorso verso l’empatia

Mentre ascoltiamo sappiamo che ogni parola o frase non esiste da sola ma si inserisce in reti e nodi mentali preesistenti, che vengono toccati (sollecitati) dalla comunicazione.

  1. Ogni messaggio che tocca un nodo di una rete di significati stimola i significati vicini ad essa.
  2. I messaggi che attraversano le reti cognitive e i sistemi di credenze dell’individuo possono modificare la struttura della rete stessa.

Le domande potenti, quelle che scavano nel profondo, possono cambiare la mente. Non solo possono darci luce sui mondi interiori delle persone, ma possono cambiarle agendo sull’incremento della consapevolezza del cliente. È sufficiente avere il permesso di farle, o la richiesta, come avviene nelle sessioni di psicoterapia.

Domande potenti sono qui portate ad esempio ma vanno usate con intelligenza, con il permesso di farlo e con pratica professionale:

Elenco 1 – Domande potenti (esempio)

  1. Da quanto tempo non ti senti felice?
  2. Che atmosfera si vive a casa tua?
  3. Cosa credi sia possibile e cosa credi che sia impossibile nella tua vita?
  4. Che fase è questa, nella tua vita?
  5. Con cosa non hai ancora fatto i conti nella tua vita?
  6. Cosa dà senso alla vita per te?
  7. Tra quanto tempo vorresti sentirti felice?
  8. Qual è la cosa peggiore che nella tua vita non deve capitare?
  9. Quali sono stati i momenti peggiori della tua vita?
  10. Perché siamo arrivati li?
  11. Da quanto tempo non ti senti spensierato?
  12. Con chi ti senti bene?
  13. Quando ti senti bene?
  14. Quali sono le persone che ti danno energia e quelle che te ne tolgono?
  15. Ti senti capace nel programmare il tuo futuro?
  16. In genere programmi qualcosa nella giornata, settimana, mese, anno, più anni, mai?
  17. Qual è l’offesa più mortale che potrebbero farti?
  18. Cosa rappresenta per te un rifugio esistenziale, quel posto dove vai a curare te stesso?
  19. Cosa vorresti fare nella vita prima di morire, cosa non vuoi dire di non aver provato, o fatto?
  20. Come ti senti in presenza di X? (dove X è una persona significativa per la persona)
  21. A cosa devi stare attento maggiormente secondo te per migliorare la tua vita?
  22. Pensi di avere le forze necessarie per cambiare qualcosa nella tua vita?
  23. Mi dici che a volte ti senti come se fossi in un frullatore (riformulazione). Quando capita esattamente, in che situazioni?
  24. Ci sono vittime del tuo agire o dei tuoi comportamenti o modi di fare?
  25. A chi o cosa tieni di più nella vita?
  26. Se avessi una bacchetta magica e potessi esprimere 3 desideri cosa sarebbero?
  27. Quali sono i momenti di calma in cui ti rigeneri?
  28. Sono sufficienti?
  29. Quali sono i momenti di confusione della tua vita?
  30. Senti di avere sempre le energie giuste per le situazioni che ti accadono?
  31. Per cosa vale la pena combattere nella vita, secondo te?
  32. Per cosa stai combattendo tu?
  33. Con quante energie di alzi la mattina?
  34. Come sono le tue energie quando vai a dormire, quali sono i pensieri prevalenti?
  35. In quali momenti ti senti più estroverso e in quali più introverso?
  36. Qual è la cosa che ti farebbe dire “ce l’ho fatta!”?
  37. Quali battaglie hai mollato?
  38. Quali sono i 2 aspetti che consideri più negativi e i 2 più positivi di te?
  39. Cosa sarebbe per te un “piano B” per la tua vita? Che opzioni ci sono?
  40. Quand’è che ti sei sentito ferito?
  41. Quando ti sei sentito felice oltre ogni limite?
  42. Se potessimo individuare una micro-azione fattibile già oggi o domani, cosa sarebbe?

Alcune di queste domande possono essere compiute con tecniche speciali di training mentale, ad occhi chiusi, da distesi, ma questo richiede un tipo di formazione speciale, in quanto la profondità nella lettura di sè stessi, in quella condizione, aumenta, e aumentano anche le risposte emotive, incluse emozioni che portano al pianto, alla rabbia, alla sofferenza, alla gioia.

Per saper gestire queste reazioni occorre un training speciale, come minimo una scuola di counseling o di coaching avanzato.

Far uscire queste risposte e le emozioni che le accompagnano fa bene, poiché rompe la “Spirale del Silenzio”[1] che come un morbo attanaglia persone, aziende e organizzazioni, sino ad intere società.

Nota bene: queste domande sono specifiche per azioni di coaching, counseling, terapia, leadership, e altre situazioni professionali su persone adulte. Non devono essere usate “tanto per provare” soprattutto in ambienti familiari e con bambini o adolescenti non in grado di metabolizzare il carico emotivo che queste domande portano con sè.

[1] Noelle-Neumann, E. (1993). The Spiral of Silence. University of Chicago Press